venerdì 9 novembre 2012

Considerazioni libere (319): a proposito di elezioni americane e di comizi...

In questi anni quelli che capiscono di politica ci hanno spiegato e rispiegato due concetti fondamentali riguardo alle campagne elettorali: che vincono le elezioni quelli capaci di "sfondare" al centro e/o quelli che sono più bravi a usare la televisione. La prima tesi è particolarmente cara a chi si definisce di centro e quindi è naturalmente portato a sopravvalutare il proprio ruolo e la propria posizione all'interno dello schieramento politico e anche a quelli che considerano la sinistra un retaggio del passato, da superare di slancio per raggiungere la modernità nell'agognato centro. La seconda tesi invece è stata spesso usata come un alibi dal centrosinistra italiano: "dal momento che B. possiede tutte le televisioni è impossibile batterlo" è una frase ormai interiorizzata da molti dirigenti del centrosinistra. Questi esperti - in servizio permanente effettivo - forti delle loro acclarate convinzioni, avevano naturalmente profetizzato la vittoria di Romney, perché il suo messaggio era in grado di convincere il "centro" dell'elettorato americano e perché il partito repubblicano aveva più risorse finanziarie per assicurarsi una preponderante presenza televisiva; l'esito del primo dibattito, con la netta vittoria del candidato repubblicano, aveva soltanto confermato quello che a loro pareva ormai ineluttabile. Come anche i più distratti sanno, nonostante queste teorie, ha vinto Obama. Per fortuna.
Tra pochi giorni ci spiegheranno che naturalmente la vittoria di Obama va letta secondo questo schema; mi pare di aver intravisto sui giornali che Renzi - campione italiano di questa idea dell'occupazione del centro - senza alcuna vergogna, abbia detto che Obama ha vinto perché si è dimostrato "renziano" o qualcosa del genere. Al di là di queste sciocchezze, mi pare interessante capire cosa è successo davvero negli Stati Uniti, che è un paese molto complesso e sui cui non è facile fare analisi, dal momento che la politica in quel paese ha caratteri molto diversi da quelli a cui siamo abituati qui in Europa. Da diversi anni, almeno un ventennio, le elezioni negli Stati Uniti si vincono radicalizzando lo scontro e portando a votare le ali più estreme del proprio schieramento. Nelle elezioni presidenziali del 2000 ci furono due fattori che determinarono la vittoria di Bush su Gore: da un lato la capacità dello staff repubblicano di far votare migliaia di persone della cosiddetta destra religiosa, persone che da tempo avevano smesso di votare perché avevano un giudizio ugualmente negativo su tutti i politici di Washington, sentina di ogni vizio; e dall'altro lato il successo della candidatura dell'indipendente verde Ralph Nader, che ottenne più di 2 milioni di voti, in buona misura tolti al candidato democratico. Francamente credo sia piuttosto difficile giudicare moderati e di "centro" Romney e il suo "vice" Ryan - esponente di punta del Tea party che si nutre di quella destra antimoderna risvegliata da Bush - entrambi in tutta la loro campagna hanno enfatizzato i toni più radicali dello scontro. E di fronte al "pericolo" che vincessero questi due tristi figuri, il fronte progressista e di sinistra si è mobilitato, anche superando la propria - comprensibile - delusione per il primo mandato di Obama. Il presidente non ha vinto convincendo gli indecisi o sottraendo voti allo schieramento avversario, ma ha vinto grazie alla compattezza dei suoi elettori. Credo che su questo dovrebbero riflettere gli "strateghi" della prossima campagna elettorale italiana, visto anche quello che è successo in Sicilia.
Il secondo tema è in parte collegato al primo. Il militante che guarda il dibattito in televisione non vuole essere convinto, è già convinto, aspetta soltanto lo scivolone del candidato che non gli piace e il colpo d'ala di quello per cui ha già deciso di votare. Da quello che abbiamo potuto vedere molti degli spot che in queste settimane hanno inondato le televisioni locali degli stati in bilico avevano la funzione di far votare i propri, di galvanizzare quelli che avevano già deciso. Obama nel suo discorso della vittoria ha ringraziato chi ha organizzato e chi ha partecipato ai suoi tantissimi comizi; a mia memoria non ricordo nessun politico italiano che abbia mai fatto un ringraziamento di questo genere. Non è soltanto un problema di educazione, ma una convinzione profonda: qui in Italia i comizi sono considerati fuori moda e vengono utilizzati in maniera residuale, senza che vi sia dedicato troppo impegno. I candidati alla presidenza invece hanno girato in lungo e in largo gli Stati Uniti per fare comizi e i loro staff si sono impegnati affinché ciascuno di questi appuntamenti fosse un successo. Io per qualche anno ho fatto il mestiere di organizzare comizi e un po' penso di capirne. So che con un comizio non si convincono gli indecisi, perché uno che non vuole votare per un partito non cambierà idea soltanto sentendo un discorso; chi non ti vota non viene a un tuo comizio e, se viene, lo fa per provocare, per fischiare, mentre quelli, a cui la politica semplicemente non interessa, non perdono certo una serata per partecipare a un comizio. Ad ascoltare il discorso pubblico di un candidato va chi è già - più o meno - convinto di votare per quel candidato e alla fine non hai fatto danni se nessuno ha cambiato idea, mentre hai ottenuto un successo quando chi ha partecipato torna a casa entusiasta e ne parla con lo stesso entusiasmo alle persone che conosce. In Italia abbiamo smesso di fare comizi - si preferiscono i convegni e le conferenze stampe - perché sono poco moderni. Evidentemente gli Stati Uniti sono poco moderni, perché le campagne elettorali le fanno ancora così, con i comizi, con i volantinaggi, con il porta a porta dei volontari, con le telefonate. In un interessante articolo del Time di quattro anni veniva analizzata proprio la capacità di Obama di mobilitare migliaia di volontari in ogni angolo degli Stati Uniti: sono stati questi volontari, la rete dei loro uffici, la loro capacità di essere sul territorio a essere determinanti per il successo del candidato democratico. Anche quando usa la rete lo staff di Obama la usa in maniera "calda", coinvolgente, facendoti sentire parte di un lavoro. Obama e il suo staff sono stati molto bravi in tutto questo nel 2008 e lo sono stati anche quest'anno, sono stati i più bravi, visto che hanno vinto. Però, come dice la poesia di Benni, "bisogna avere un'idea". Obama ce l'ha.

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