Indubbiamente questi dodici mesi non sono passati invano: la politica in Italia è cambiata in maniera profonda dal novembre scorso, ossia da quando è nato il governo Monti. Certamente vedere ogni momento e su ogni canale televisivo la maschera grottesca di B. sembra riportarci indietro di quasi vent'anni e offre spunti inesauribili ai comici; l'altra sera per Benigni è stato fin troppo facile ironizzare sull'ennesima discesa in campo di B. e sulla ripetizione ossessiva dei suoi più collaudati "cavalli di battaglia", come fanno tutti i vecchi artisti in disarmo. Comunque al di là di queste note di colore, il governo tecnico segnerà uno spartiacque nella storia d'Italia di questi anni. Per la destra come per la sinistra.
In questi ultimi vent'anni la destra italiana, la destra vera - quella del potere economico e del mantenimento dei privilegi, quella classe fatta di industriali e di grandi burocrati, di banchieri e di alti prelati, di agrari e di rentiers, insomma di conservatori e di ricchi di ogni sorta - ha sostanzialmente delegato la propria rappresentanza politica a B. e ai suoi alleati - leghisti, post-fascisti, centristi di varia natura - ossia a un populismo fascistoide, maschilista e clericale, antieuropeo e individualista, che è riuscito, nel bene e nel male, a rappresentare gli umori profondi, e spesso non dichiarati, di una parte ampia del nostro paese - tendenzialmente maggioritaria - grazie anche all'influenza sui mezzi di comunicazione concessa a quello che è diventato il monopolista di fatto del sistema televisivo italiano. Questa alleanza tra la destra "perbene" e il populismo berlusconiano ha goduto anche dell'appoggio, elettoralmente decisivo nelle regioni del sud, della criminalità organizzata, che in questa fase, e grazie a questo accordo, ha visto crescere la propria influenza economica e imprenditoriale nell'intero paese.
Per la destra italiana non si tratta di una novità: la stessa manovra fu fatta subito dopo la prima guerra mondiale per arginare la crescita del movimento socialista. Allora - come è noto - lo strumento fu il fascismo mussoliniano e sappiamo purtroppo come è andata a finire e che conseguenze nefaste ebbe per il nostro paese la decisione della monarchia, dell'esercito, del Vaticano e dei grandi potentati economici di sostenere il fascismo. Nel secondo dopoguerra le cose sono cambiate, anche perché nel frattempo era profondamente cambiato lo scenario internazionale: il mondo era diviso rigidamente in due blocchi e l'Italia era stata "assegnata" agli Stati Uniti. La Democrazia cristiana garantiva questo equilibrio internazionale e naturalmente i conservatori italiani accettarono di delegare la loro rappresentanza politica a questo partito, che pure aveva caratteristiche anomale rispetto agli altri partiti del popolarismo europeo. Ormai sappiamo che in Italia si organizzò, oltre a questa destra "visibile" e istituzionale, una destra "invisibile" che in diverse occasioni mise sotto tutela le istituzioni, specialmente quando si registravano tentativi di riformare una società che si sarebbe voluta sempre più statica: le stragi - da piazza Fontana alla stazione di Bologna - l'omicidio di Pier Paolo Pasolini, la connivenza con le Brigate rosse per favorire la morte di Aldo Moro sono tra le pagine più tristi di questa storia della peggiore destra italiana. In sostanza ogni tentativo di cambiamento, sociale prima che politico, fu immediatamente tarpato da questo potere oscuro. La fine dell'Unione sovietica e di quell'equilibrio internazionale basato su due superpotenze ha richiesto di trovare nuove soluzioni anche al sistema politico italiano. E' a questo punto che comincia l'avventura politica di B., finita come sappiamo, dopo quasi vent'anni, con l'allontamento forzato dello stesso B. dal governo e la nascita, al di fuori di ogni consolidata prassi costituzionale, dell'attuale governo. Da quel momento finalmente la destra imprenditoriale e finanziaria ha deciso di gestire da sé e direttamente la propria rappresentanza politica, senza delegarla ad altri: indubbiamente si tratta di un elemento di chiarezza. Bisogna dire che questo atto di coraggio, che ha richiesto una preparazione di circa vent'anni, vista la flemma democristiana di molti dei protagonisti della vicenda - il cui eroe è il manzoniano don Ferrer - è stato possibile perché ormai in tutto il mondo occidentale queste forze hanno ormai preso il sopravvento, da un punto di vista culturale prima ancora che politico. L'ideologia mercatista e ultraliberista è ormai diventata il comune sentire delle nostre opinioni pubbliche. Quante volte abbiamo sentito dire in uno dei telegiornali che vediamo ogni sera che la crescita dei mercati azionari è un dato positivo? Sarà un dato positivo per chi possiede delle azioni, per i padroni di quelle aziende, ma non è detto che sia un dato positivo per noi o per chi lavora in quelle stesse imprese. Il mondo si sta sempre più polarizzando tra i pochissimi che hanno molto e i moltissimi che hanno poco e i primi, in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, controllano sempre più direttamente il governo, cercando naturalmente di conservare, e possibilmente di aumentare, le proprie ricchezze e i propri privilegi.
E questo spiega anche come questo anno di governo tecnico abbia cambiato in profondità la sinistra italiana. A dire la verità la trasformazione radicale della sinistra è cominciata prima, con la nascita del Partito democratico, la decisione di fare un unico partito unendo gli eredi del Pci e quelli della cosiddetta sinistra democristiana, e di conseguenza la mancata adesione al Partito socialista europeo. In Italia il Partito democratico è nato con l'obiettivo dichiarato di porsi al di sopra della contrapposizione destra-sinistra: naturalmente questa è stata un'ottima notizia per quelli di destra, che invece hanno continuato a perseguire i propri obiettivi, senza neppure l'intralcio di un'opposizione.
Quello che è successo in queste ultime settimane rende evidente questa dinamica. B., che ha capito finalmente di essere stato scaricato dalla destra "perbene" - immagino come si sarà sentito quando alla riunione del Ppe si è trovato davanti Monti: davvero uno "scherzo da prete" - ha deciso di giocare il tutto per tutto e di vendere cara la pelle. Facciamo attenzione: l'uomo è pericoloso, ormai non ha più nulla da perdere e potrebbe avere in serbo delle spiacevoli sorprese. E c'è un'Italia che intuisce che se non ci sarà più lui la musica potrebbe anche cambiare e cercherà di difendere i propri interessi: il voto a B. potrebbe essere molto superiore a quello che lasciano credere i sondaggi. E come reagirà la criminalità organizzata di fronte a un cambio così radicale? Tra il '92 e il '93 la mafia fece sentire la propria voce in maniera violentissima. Per ora pare che abbia scelto di tenere un profilo molto più basso, ma il rischio di un cambio di strategia, per quanto remoto, c'è sempre.
Mentre cresceva il disimpegno di B. aumentava l'impegno del Pd per sostenere il governo Monti e qui siamo a uno dei paradossi di questa svolta. Il centrosinistra ha permesso al proprio avversario di crescere, di svilupparsi. Senza il Pd ora Monti non sarebbe nelle condizioni di battere lo stesso Pd. Perché questo è avvenuto? Di preciso non lo so. Forse qualcuno non condivide la mia analisi - è naturalmente legittimo - e immagina che il sistema politico italiano si articoli in tre aree: la destra, presidiata da B., il centro montiano, la sinistra con il Pd e i cespugli e che per il Pd l'unico modo per vincere sia quello di unire centro e sinistra. Anche se non la condivido, c'è qualcosa di vero in questa ipotesi: in fondo le uniche volte in cui la sinistra è riuscita ad andare al governo è stato quando si è riusciti a stabilizzare - pur con molte incomprensioni e molti sospetti, che alla fine si sono rivelati esiziali - un'alleanza tra questi due poli. Probabilmente qualcuno pensava - e pensa - che sia necessario per l'Italia avere due schieramenti di tipo europeo, uno legato al Ppe e uno al Pse, così come avviene in tutti gli altri paesi europei e che per far questo sia necessario togliere di mezzo B., costi quel che costi. L'obiettivo in sé è naturalmente condivisibile - direi quasi sacrosanto - ma purtroppo ha avuto un costo altissimo, dal momento che il Pd ha rinunciato in partenza a essere il rappresentante della socialdemocrazia in Italia. In questi mesi il Pd ha accettato la riforma costituzionale che ha introdotto l'obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione, un atto simbolico, che insieme all'adesione convinta che Bersani fa ogni giorno ai principi della cosiddetta "agenda Monti", di fatto ha posto questo partito in una sorta di subalternità culturale al montismo di destra. Così l'opzione alle prossime elezioni non sarà tra una proposta rigorosamente di destra e una di sinistra o di centrosinistra o socialdemocratica - come la volete chiamare - ma sarà tra una proposta rigorosamente di destra e una di destra meno rigorosa, con qualche attenuazione, con gli angoli meno smussati. Per noi di sinistra non sarà una scelta facile.
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