mercoledì 18 dicembre 2019

Verba volant (738): bianco...

Bianco, agg. m.

Alvy Singer odia Los Angeles. Ama i vecchi film, ma non ama quello che è diventata l'industria cinematografica di Hollywood; e non ama la televisione. Non ama la ricchezza, l'ostentazione, la volgarità della California. Ma soprattutto odia Los Angeles a Natale: perché gli mancano il freddo e la neve. Alvy è nato in una famiglia ebrea, che non ha mai festeggiato il Natale, ma a dicembre non riesce proprio a stare lontano da New York.

Invece Izrail' Moiseevič Bejlin ama il caldo della California. Anche a Natale. Sarà perché è nato a Mogilёv, nella freddissima Bielorussia, ed è cresciuto, dall'età di cinque anni, a New York, facendo la fame. Lui si trova bene a Los Angeles, anzi dei suoi colleghi di New York è quello che si è ambientato meglio a Hollywood, è quello che ha fatto più successo. E che è diventato più ricco. Porter continua ad amare Parigi, che però ormai è occupata dai nazisti, e Gershwin, anche se è morto pochi anni prima proprio a Los Angeles - dove è arrivato insieme ad Ira - ha continuato ad avere nel cuore solo New York, a cui ha dedicato la sua musica migliore. Izrail', proprio come loro, ha scritto i suoi primi grandi successi per Broadway, ma da quando si è trasferito a Hollywood non sbaglia un colpo: per i film di Fred Astaire sforna capolavori a getto continuo.
Sono i giorni che precedono il Natale del 1940, Irving Berlin ha cinquantadue anni ed è già una leggenda. E' l'autore di God bless America, che è ormai il "secondo" inno nazionale del paese. In quei giorni soggiorna in un resort di lusso di La Quinta, nella California del sud, un posto dove anche il suo amico Frank Capra si rifugia spesso per sfuggire dalla frenesia di Hollywood. Scrive le sue canzoni di notte. Quel fine settimana di dicembre vede gli aranci e le palme dalla finestra della sua suite e ha un'intuizione per un nuova canzone, ci lavora freneticamente e finalmente la consegna ai suoi collaboratori. Non so se sia vero, ma la leggenda dice che abbia commentato: 
Non solo è la migliore canzone che io abbia mai scritto, è la migliore canzone che chiunque abbia mai scritto.
Non è vero: non è né la sua miglior canzone, né tanto meno la migliore che chiunque abbia mai scritto. Ma è la canzone che sarebbe diventata la più venduta al mondo. E' praticamente impossibile calcolare quanti dischi siano stati venduti - anche perché ci sono almeno cinquecento versioni registrate, in quasi tutte le lingue del mondo - ma è ragionevole pensare che abbia superato i 100 milioni di copie. Quella notte Irving Berlin ha scritto White Christmas.
Berlin chiede all'amico Bing Crosby di cantare quella canzone. A Crosby non convince molto: carina, ma nulla di più. Comunque la esegue, insieme alla sua orchestra, nella puntata di Natale del 1941 del suo seguitissimo show radiofonico The Kraft Music Hall. Crosby pensa che i primi versi siano proprio inutili.
The sun is shining, the grass is green,
the orange and palm trees sway.
There's never been such a day
in Beverly Hills, L.A.,
but it's December the twenty-fourth,
and I am longing to be up North.
Così li taglia e comincia da I'm dreaming of a white Christmas. Quel giorno alla radio la canzone passa sostanzialmente inosservata. Gli americani stanno pensando ad altro. Il 7 dicembre i giapponesi hanno bombardato la base di Pearl Harbour e gli Stati Uniti sono in guerra: quell'anno in tante famiglie non c'è voglia di far festa. 
Berlin è convinto della sua canzone e pensa che si possa recuperare. Ha scritto un soggetto per un film. A dire la verità è un'idea un po' bizzarra, ma può funzionare. Ci sono questi due artisti del varietà, un cantante e un ballerino, che sono innamorati della stessa donna. Visto che lei preferisce il ballerino, il cantante decide di ritirarsi dallo spettacolo e di diventare un albergatore, ma vuole che il suo hotel apra soltanto nei giorni di vacanza. L'albergo e il film si chiamano appunto Holiday Inn. Sinceramente il film - che in Italia conosciamo come La taverna della felicità - non è un capolavoro, ma ci sono due star come Bing Crosby e Fred Astaire, e ci sono le canzoni di Irving Berlin dedicate alle feste: una per la Pasqua, una per il compleanno di Lincoln, una per il giorno dell'Indipendenza e naturalmente White Christmas. Nel film la cantano Bing Crosby e Marjorie Reynolds, che però è doppiata da Martha Mears, una delle grandi voce "nascoste" del cinema americano. L'Holiday Inn si trova nello stato di New York, c'è la neve, i camini sono accesi e quindi i primi versi sono assolutamente inutili. Nella versione del film Bing Crosby fischietta la melodia. All'inizio la canzone che piace di più è Be careful, it's my hearth, che è quella per la festa di San Valentino. Poi, grazie alla voce vellutata di Bing Crosby, si impone White Christmas.
Nel maggio del '42 Crosby registra le canzoni per il disco che accompagna l'uscita del film: il 29 maggio, in diciotto minuti, con l'orchestra di John Scott Trotter e i Ken Darby singers, registra White Christmas. Scott Trotter è il musicista che ormai da alcuni anni cura gli arrangiamenti delle canzoni di Bing Crosby, il pubblico radiofonico lo conosce per le sue frequenti apparizioni nel The Kraft Music Hall. Ken Darby è il leader di un quartetto corale che in quegli anni viene spesso utilizzato nelle registrazioni dei dischi; Ken non è solo un cantante, ma anche un compositore e un arrangiatore, che durante la sua lunga carriera vincerà tre Oscar e un Grammy. Nel mese di ottobre la canzone entra in classifica e si piazza per undici settimane al primo posto. Per la prima volta Bing Crosby entra anche nella Harlem hit parade, rimanendo in testa per tre settimane. Tutti ascoltano White Christmas. Perché è una bella canzone, perché Bing Crosby ne è l'interprete perfetto - ma lui stesso dirà che sarebbe stata un successo anche se l'avesse cantata "un corvo con il labbro leporino" - ma soprattutto perché è la canzone perfetta per l'America in guerra. I soldati che in Europa o nel Pacifico ascoltano quella canzone forse non sognano un "bianco Natale", magari non hanno mai visto una slitta, e forse non festeggiano neppure il Natale, ma sognano di tornare a casa. E le loro famiglie sognano che ritornino. Anche grazie a quella canzone.
Il successo è tale che il mastro di quella storica registrazione risulta danneggiato a seguito delle continue riproduzioni. Il 19 marzo 1947 la Decca richiama nei propri studi di registrazione Bing Crosby, l'orchestra di Scott Trotter e i Ken Darby singers per incidere di nuovo la canzone, il più possibile uguale all'originale di cinque anni prima. Questa volta ci metteranno più di diciotto minuti, e solo un attacco di flauti all'inizio fa capire che si tratta di quella versione, oggi ormai la più ascoltata. Si calcola che le versioni di Crosby - compresa quella del film White Christmas del 1954 - abbiano venduto più di 50 milioni di dischi.
In seguito tutti i grandi interpreti hanno cantato White Christmas. Nel 1961 il paroliere Filippo Bellobuono - conosciuto con il nome d'arte di Filibello - ha scritto la versione italiana - Bianco Natale - incisa quell'anno da Peppino di Capri e i Rockers, subito dopo Let's twist again. Francamente questa versione italiana, per quanto cantata in tutte le recite natalizie, non è proprio la migliore. E ha poco da spartire con la canzone di Irving Berlin.
Per la cronaca, tra i grandi, solo Barbra Streisand ha mantenuto i versi iniziali, quelli dedicati al sole della California: questa è la versione filologicamente più corretta.

E' comprensibile che Alvy odi Los Angeles. Anche se il problema non è il "colore" del Natale: è perché lì ha perso Annie.
E comunque la neve la puoi sempre fare: quando eravamo piccoli ci bastavano un po' di palline di polistirolo per riempire di neve il nostro presepio. Poi abbiamo scoperto che si può anche fare la neve in "grande", con i cannoni. Perché vogliamo che le nostre settimane siano sempre "bianche", anche ai tempi dei cambiamenti climatici. L'importante, ora come i tempi in cui Bing Crosby cantava White Christmas, è se riesci a stare con le persone a cui vuoi bene.


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