mercoledì 14 ottobre 2009

Appunti per una storia delle Feste de l’Unità a Bologna 1945-2005 (I)

La storia delle Feste de l’Unità è strettamente intrecciata con la storia della città di Bologna. Occorre partire da lontano, dall’estate del 1945, ma è una storia che merita di essere raccontata.

È il 3 luglio del ‘45 quando Stefano Schiapparelli, amministratore de l’Unità, annuncia la nascita di una nuova associazione, Gli amici de l’Unità, con lo scopo di sostenere, promuovere, diffondere il giornale in ogni parte d’Italia: a poche settimane dalla fine della guerra sono tante le preoccupazioni, i timori, le difficoltà che incontrano i compagni impegnati a far vivere il giornale “che ha saputo durante tutto il periodo fascista, fra mille e mille difficoltà, nella sua veste clandestina, esercitare coraggiosamente la sua funzione nella battaglia per la liberazione del Paese”.
Come prima cosa si decise di organizzare le Settimane de l’Unità, a partire dalla fine del mese di luglio: avrebbero cominciato le compagne e i compagni del Veneto e del Friuli, per poi passare il testimone a quelli dell’Emilia-Romagna e infine a quelli della Lombardia. Schiapparelli, miliziano nella guerra di Spagna, esule a Parigi, ha un’idea chiara, nata proprio dall’esempio dei “cugini” francesi. Le Fête de l’Humanité erano già una tradizione del partito comunista francese quando, con l’avvento del fascismo in Italia, tanti comunisti e antifascisti si rifugiarono in quel paese. Anzi, all’interno delle Fête de l’Humanité, nella Parigi degli anni Trenta, vennero allestiti dagli italiani minuscoli Stand de l’Unità.
Le prime iniziative, in Veneto e in Friuli, le prime vere e proprie Feste de l’Unità, furono un successo. Particolarmente suggestiva fu la Parada de l’Unità lungo il Canal Grande a Venezia; racconta il giornale: “Venezia ha visto per la prima volta, dopo cinque anni di scure notti tra un allarme aereo e l’altro, la sua prima notte luminosa sul Canal Grande seguendo la prima «parada» di una enorme galleggiante con una gran stella rossa, viva di luci e risuonante di musiche e canti”. Sulla galleggiante, che avanzava “lenta, sicura, maestosa”, avevano preso posto un’orchestra e alcuni tra i più bei nomi della musica lirica, da Mario Del Monaco a Gina d’Este. Il concerto andò avanti tutta la notte.
Dopo gli ottimi risultati in Emilia-Romagna, fu la volta della Lombardia e della grandissima Scampagnata de l’Unità che si svolse il 2 settembre del 1945 a Mariano Comense. Nel giornale si annunciavano, con toni trionfalistici, “musiche, cori, danze, alberi della cuccagna, corse nei sacchi e una ricchissima tombola all’americana”; le cronache non raccontano cosa avesse di “americano” questa tombola. Si può immaginare che i premi fossero modesti, visto che – forse non è inutile ricordarlo – la guerra era finita da poco più di quattro mesi. Segno evidente della situazione di miseria, ancora diffusa in tutta Italia, è quest’altro annuncio che si può leggere sempre sul giornale di quei giorni: si precisa infatti che “per non infrangere le disposizioni annonarie attualmente vigenti, non si potrà organizzare sul luogo della scampagnata la vendita dei cibi” e si invitano i partecipanti “di provvedere personalmente per la propria colazione”. Furono organizzati cinque treni speciali da tutta la Lombardia. Nel giornale del martedì successivo, Elio Vittorini, allora caporedattore della redazione milanese, descrive con grande passione il “villaggio boschereccio” costruito a Mariano Comense con tutte le sue attrazioni.
Edoardo Sanguineti, in occasione dei quarant’anni delle Feste de l’Unità ricorda con queste parole la “scampagnata”.
Raduno ciclistico e carri allegorici, corse podistiche e incontri di pugilato, tiro al bersaglio e albero della cuccagna, spettacoli per bambini e bande musicali, tombola e vino, fuochi artificiali e ballo: era questo, in essenza, il menu ricreativo di quella Scampagnata dell’Unità a Mariano Comense […] Non evoco qui quell’inventario di divertimenti elementari, in vista del facile contrasto che si può ottenere comparandolo con il complesso catalogo di iniziative che oggi sa offrire una macchina così complessa, a livello locale e nazionale, qual è ormai una Festa dell’Unità dei nostri giorni: è un contrasto in cui si legge, miniaturizzata, con quella del partito, tutta la storia del nostro paese, per l’intiero arco di quattro decenni di vita nazionale, dagli anni della ricostruzione all’età dell’informatica.
Così sono nate le Feste de l’Unità. E fu da subito un successo, anche economico. Nell’edizione de l’Unità del 6 settembre si annunciava, con legittimo orgoglio, a dispetto della “ironia mal celata” dei detrattori, che la sottoscrizione per il giornale aveva superato l’undicesimo milione di lire. Per avere un termine di paragone, il giornale costava allora tre lire.

La prima Festa a Bologna
Ma torniamo a Bologna. Durante il mese di agosto del ’45 anche la Federazione del Pci organizzò la Settimana de l’Unità: piccoli incontri dentro e fuori porta culminati in una grande festa all’Ippodromo, domenica 12 agosto. Giuseppe Dozza e Giancarlo Pajetta, allora direttore del giornale, furono i protagonisti di quella manifestazione, insieme a migliaia di persone arrivate da ogni parte della città e della provincia: tra valzer e mazurche, tra il tiro alla fune e la pentolaccia, la città cercava di riconquistare quella normalità che i durissimi anni del fascismo e della guerra avevano fatto dimenticare. Il giornale riporta alcune notizie: “La gara di tiro alla fune, vinta dalla sezione comunista di Granarolo Emilia, ha visto impegnata una squadra della Federazione della quale faceva parte anche il Sindaco Dozza. La folla dei bambini presenti ha urlato per circa due ore seguendo il gioco della pentolaccia che ha divertito tutti. Benché alcune difficoltà tecniche, fra le quali la scarsa illuminazione ed il mancato funzionamento dei microfoni e la scarsa preparazione organizzativa, abbiano impedito alla strabocchevole folla accorsa la sera in parecchie decine di migliaia, di godere interamente delle manifestazioni approntate, la massa ha dimostrato di gradire il carattere veramente popolare della festa e siamo certi che la giornata di propaganda per il nostro giornale non sarà tanto presto dimenticata”. In questo l’anonimo cronista non si è sbagliato, da questo appuntamento di fine estate all’Arcoveggio comincia la storia delle Feste de l’Unità a Bologna.

Le Feste de l’Unità diventano un appuntamento importante per il partito. Non è un caso che Togliatti scelga proprio la Festa de l’Unità di Roma, il 30 settembre del ’48, per tornare a parlare in pubblico dopo l’attentato. Il cinegiornale dimostra sia la grande folla accorsa quel giorno al Foro Italico sia l’affetto che i militanti provavano per il “loro” Segretario.

I Giardini Margherita
Nell’estate del ’46 le Feste de l’Unità si cominciarono a diffondere per tutta la provincia: non c’è sezione che non organizzi un appuntamento di quello che viene chiamato “il mese della stampa”. La conclusione di queste iniziative fu organizzata sabato 21 e domenica 22 agosto ai Giardini Margherita. Nonostante il divieto della Questura, i compagni “addobbarono” il Gigante, che annunciava solenne e benigno ai cittadini di Bologna la “Grandiosa Festa de l’Unità ai Giardini Margherita”. Anche per quest’occasione i Giardini furono “invasi” dalle compagne e dai compagni; lungo i vialetti erano stati allestiti i “bettolini”: non si poteva preparare da mangiare, visto che tutto era ancora soggetto al razionamento. Le famiglie portavano da casa i loro “cartocci” con quel poco che si potevano permettere: erano le feste della miseria. Due furono le novità introdotte quell’anno: il concorso per preparare il miglior “giornale murale” e un concorso di bellezza; le giovani compagne si contesero i titoli altisonanti di Stella de l’Unità, Stella di Rinascita e Stella della Lotta e una pelliccia del valore di quindicimila lire.
La Festa de l’Unità del ’47 vide per la prima volta la Parata degli Amici de l’Unità: per tre ore, dalla Montagnola ai Giardini sfilarono carri allegorici, complessi ginnici, gruppi sportivi, bande musicali, trofei giganteschi sorretti da otto-dieci compagni che si davano il cambio ogni duecento metri, cartelloni colorati, tante bandiere. Enfatica e retorica la descrizione del giornale: “Se il ricordo della Parata potrà col tempo svanire, mai potremo dimenticare quella selva di drappi fiammeggianti simboli della nostra fede e delle nostre lotte”. Nel corso degli anni la preparazione e la costruzione dei carri divenne sempre più complessa: ogni sezione realizzava nel più assoluto segreto il proprio carro, come avviene nelle varie società e congreghe carnevalesche. Leggiamo ancora dalla cronaca del ’47: “Seguono Monte San Pietro, con un grappolo d’uva immenso e la Venturoli coi carri della Barbieri-Burzi, dell’Oare, dell’Oma. Ammirata una grande conchiglia che ha al centro una perla (l’Unità) e ai lati due meravigliose sirene”. E in questo modo la Festa de l’Unità diventa un appuntamento ricorrente per la città.
Il 1950 è l’anno del primo Festival de l’Unità. Si fecero le cose in grande: la festa durò nove giorni, si costruì ai Giardini una grande arena con diecimila posti a sedere. L’inaugurazione fu affidata all’orchestra e al coro del sindacato bolognese in un concerto di musiche verdiane, nelle serate successive l’ormai tradizionale appuntamento con l’elezione della miss, e, tra gli altri appuntamenti, una sfilata di moda e una riunione di boxe importante: Italia-Inghilterra, con l’incontro di cartello tra Duilio Loy e Johnny Hazel. Fu un grande successo. Anche grazie a questo risultato Bologna fu incaricata di organizzare la Festa nazionale de l’Unità del ’51, la prima di una lunga serie. “La scelta di Bologna – recita un comunicato della Federazione – quale sede della Festa Nazionale de l’Unità 1951 ha riempito di soddisfazione e di legittimo orgoglio i compagni e i lavoratori di tutta la nostra Provincia”.

continua

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