E' giusto essere preoccupati per i limiti che vengono imposti, in maniera più o meno subdola, a chi fa informazione (e questo è vero purtroppo non solo in Italia, anche se qui esistono delle condizioni davvero particolari, a causa dello strapotere di un unico gruppo editoriale). La libertà di espressione e di informazione è un valore fondamentale, e fondante, della democrazia. Ci saranno sempre delle forze che cercheranno di limitare i margini della partecipazione democratica e, insieme ad essa, la libertà di espressione: chi ha un potere, politico o economico, chi gode di privilegi, cerca di mantenere questo stato di cose, oppure cerca di avere ancora più potere e ancora più privilegi.
Ma la democrazia dobbiamo anche meritarcela, andando a votare, partecipando alla vita politica e civile del nostro comune e del nostro stato, cercando di far sentire la nostra voce in tutte le sedi, anche lottando, quando è necessario. E anche la libertà di informazione dobbiamo meritarcela. Sinceramente non so con quanta forza il sistema dell'informazione in Italia stia difendendo questo diritto. So bene che ci sono poteri molto forti che condizionano, anche economicamente, i giornali e le televisioni, ma credo ci siano anche tanti operatori dell'informazione che accettano troppo supinamente questo stato di cose. Se guardo ai due più importanti telegiornali italiani, faccio fatica ormai a capire dove finisca l'innegabile autoritarismo editoriale di chi, a vario titolo, li controlla e dove cominci l'incapacità dei giornalisti a rendersi autonomi, a cercare di fare con coscienza il proprio lavoro. Provo a fare un esempio: perché questi due telegiornali non si sono più occupati di quello che è successo a fine giugno a Viareggio? Ci sarebbero tante cose da sapere: come stanno procedendo le indagini (o non stanno procedendo), se le famiglie hanno finalmente avuto i rimborsi, cosa si sta facendo affinché incidenti simili non accadano più. Di fronte a un avvenimento così grave, e con tante conseguenze, le redazioni impegnano per alcuni giorni, al massimo una settimana, molti inviati e poi, all'improvviso, si passa a raccontare una nuova emergenza. La situazione nei giornali non è migliore: io non ricordo in questi mesi un'attenzione particolare del Corriere, che pure leggo tutti i giorni, su questo specifico avvenimento.
Nei giornali cresce, con tutta evidenza, lo spazio dedicato alle rubriche, ai commenti, alla cultura (e questo va benissimo ed è spesso anche molto ben fatto), ma si assottiglia quello dedicato alle notizie, specialmente quelle dal mondo. Capisco che la rete, con i suoi aggiornamenti minuto per minuto, abbia in qualche modo preso uno spazio prima occupato dai quotidiani, ma rimane comunque la necessità di una qualche selezione delle notizie (perché nella rete trovi tutti i fatti, ma solo se li vai a cercare, e se non sai neppure cerchi). Siamo in questa paradossale situazione: abbiamo tanti più strumenti per conoscere quello che avviene, non solo in Italia, ma nel resto del pianeta, eppure finiamo per sapere pochissime cose. In questo c'è anche una responsabilità di chi i giornali li dirige e li scrive, oltre che degli editori. Mi pare che molti giornalisti ritengano prevalente il loro ruolo politico, di opinionisti, di interpreti della pubblica opinione piuttosto che quello di narratori o di investigatori; preferiscono essere quelli che rispondono alle domande piuttosto che quelli che le fanno. Secondo me in questo modo si snatura il ruolo e si finisce anche per perdere autorevolezza. E' giusto partecipare, a fianco dei giornalisti, alla manifestazione a favore della libertà di informazione, ma dobbiamo anche chiedere a loro di fare meglio il loro lavoro, che è fondamentale in una democrazia.
Nessun commento:
Posta un commento