Credo sia evidente, anche alla luce dei numeri che ho riportato nella mia precedente "considerazione" (la n. 13, per la precisione), come siano enormi le ingiustizie che le donne subiscono nei paesi poveri: le donne e i bambini sono i più deboli tra i deboli della terra. L'economista Amartya Sen ci ricorda che nel mondo "mancano più di cento milioni di donne": in circostanze normali le donne vivono di più degli uomini e quindi in molti paesi del mondo ci sono più donne che uomini, eppure in Cina il rapporto è di 107 maschi ogni 100 femmine e in India questo rapporto è 108 a 100. E' evidente che dove le donne hanno uno status inferiore a quello degli uomini, le donne muoiono di più. In Cina ogni anno muoiono circa 39 mila bambine, perché sono a loro negate le cure mediche riservate ai figli maschi (è un numero ben maggiore dei morti di piazza Tienanmen, ma di loro nessuno parla); in India viene bruciata una donna quasi ogni due ore, perché non ha portato una dote adeguata o non può avere figli o semplicemente perché il marito vuole risposarsi.
Forse non è altrettanto evidente che le donne rappresentano la grande opportunità di questo pianeta. Un'economista statunitense ha fatto uno studio sulle famiglie della Costa d'Avorio: negli orti della propria famiglia gli uomini tendono a piantare piante di caffè, ananas e cacao, mentre le donne preferiscono palme da cocco, banani e verdure. Naturalmente ci sono anni in cui c'è una maggiore produzione delle prime piuttosto che delle seconde e viceversa, essenzialmente per ragioni climatiche; ma quando le piante degli uomini crescono meglio e quindi questi hanno più soldi da spendere, nelle famiglie cresce la spesa di alcol e tabacco, mentre quando sono le donne a poter spendere di più, cresce l'acquisto di cibo. Non sono soltanto i bassi salari a generare la povertà, ma anche le spese irresponsabili: secondo alcuni studi le famiglie più povere spendono circa un quinto del proprio reddito in alcol, tabacco, dolci e prostituzione; e naturalmente queste spese sono fatte dagli uomini a discapito della salute e dell'istruzione dei propri figli, specialmente delle figlie femmine.
In sostanza maggiori aiuti alle donne garantiscono uno sviluppo maggiore di tutta la società, quindi bisognerebbe pensare non solo ad aumentare le risorse che i paesi ricchi donano a quelli poveri, ma anche alle forme in cui tali aiuti vengono distribuiti. Dove le banche operanti nel microcredito hanno dato fiducia a progetti pensati e realizzati da donne, questo ha rappresentato un volano di sviluppo non solo per quella famiglia, ma anche per altre famiglie. In Kenya nei territori dove si è investito sull'educazione delle ragazze si è ottenuto un effetto positivo su tutta la struttura economica: i migliori risultati scolastici delle ragazze hanno permesso non solo di avere donne più istruite, più consapevoli dei propri diritti, ma anche quello di spronare i maschi ad avere analoghi risultati scolastici. L'investimento sull'educazione delle ragazze è il più produttivo nel mondo in via di sviluppo.
In tanti paesi poveri la maggiore risorsa non sfruttata è rappresentata proprio dalle donne, che non ricevono un'istruzione adeguata e che non entrano a pieno titolo nel ciclo economico; nel mondo le donne che possiedono della terra sono solo l'1%, anche perché in troppi paesi la terra viene trasmessa in eredità non alla vedova, ma ai fratelli del defunto. Grazie all'istruzione e ai crediti per avviare una qualche forma di impresa le donne possono aiutare non solo se stesse e le proprie famiglie, ma l'intera società.
p.s. devo queste considerazioni ai giornalisti Nicholas D. Kristof e Sheryl WuDunn, autori del libro Half the sky: turning oppression in opportunity for women worldwide, di cui è pubblicato un estratto nel nr. 815 di Internazionale; ve ne consiglio la lettura
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