martedì 23 marzo 2010

Considerazioni libere (90): a proposito di aborti...

Clemenceau sosteneva che la guerra era una faccenda troppo importante e seria per lasciarla ai generali; allo stesso modo vorrei dire che l'aborto è una questione troppo importante e seria per lasciarla discutere soltanto a maschi anziani e non sposati, che hanno idee abbastanza confuse sulla sessualità.
Francamente credo che il cardinal Bagnasco e gli altri autorevoli prelati che ieri si sono riuniti a Roma avrebbero fatto miglior servizio alla verità - che pure loro dovrebbero difendere, per ruolo e per funzione - se avessero dichiarato che la Cei appoggia alle prossime elezioni regionali i candidati del centrodestra perché questi hanno sostenuto e sostengono con maggior convinzione di quelli del centrosinistra la sanità privata, in cui la stessa Cei ha legittimi e importanti interessi. Dato che forse questa verità è parsa "politicamente scorretta", hanno preferito usare una metafora, invitando a non votare quei candidati che sostengono l'aborto, che peraltro in Italia è consentito per legge e quindi non è reato - bisogna sempre ricordarlo agli anziani signori della Cei, che, forse per l'età avanzata, tendono a dimenticarlo. Gli anziani signori della Cei sono riusciti così anche a esprimere una più forte preferenza verso la traballante candidata del centrodestra alla Regione Lazio, visto che la sua avversaria è una donna che ha speso parte importante della propria vita politica affinché questo paese avesse una legge per regolare l'interruzione volontaria di gravidanza.
Proprio perché l'aborto è un problema serio, al di là di questa premessa leggermente polemica, avevo già deciso di dedicare a questo tema questa "considerazione", perché venerdì scorso ho letto due articoli dell'Economist - tradotti e pubblicati sul nr. 838 di Internazionale - che mi hanno fatto pensare e che vorrei condividere con i miei sparuti e fedeli lettori.
C'è un genocidio nascosto, che si consuma ogni giorno in Cina, in India, nei paesi dei Balcani e del Caucaso, ma anche in alcune comunità degli Stati Uniti: la strage di bambine che o non vengono fatte nascere o vengono uccise immediatamente dopo il parto. Amartya Sen calcolò che nel 1990 queste donne non nate fossero già cento milioni, oggi sono certamente moltissime di più: un'enorme risorsa di intelligenza, di forza, di amore che l'umanità ha perso per sempre.
Bisogna partire da alcune cifre: in ogni società nascono in media dai 103 ai 106 maschi ogni 100 femmine. E' un dato costante, naturale: i bambini hanno qualche probabilità in più di morire durante l'infanzia rispetto alle bambine e allora la natura, per garantire che nell'età della pubertà il rapporto tra maschi e femmine sia il più possibile vicino a cinquanta e cinquanta, ha introdotto questo leggero disequilibrio. Negli ultimi venticinque anni questo rapporto è cambiato, in maniera repentina: nella generazione dei cinesi nati alla fine degli anni ottanta lo squilibrio era salito a 108 maschi per ogni 100 femmine, in quella dei primi anni del duemila è arrivato a 124 maschi per ogni ogni 100 femmine. Si tratta di un dato medio: in alcune province cinesi lo squilibrio è arrivato a 130 contro 100. E lo stesso sta avvenendo in diverse regioni dell'India. Se pensate che questi due paesi hanno complessivamente una popolazione di quasi 2 miliardi e mezzo di persone, è immediatamente evidente cosa può significare questo squilibrio, che è molto più grave dell'innalzamento di alcuni centimetri della linea delle acque, che pure è un fenomeno molto grave. Non è un fenomeno circoscritto a quei paesi. In Armenia, Azerbaigian e Georgia lo squilibrio è in medio 115-120 contro 100, mentre in Serbia e in Macedonia è salito a 108 contro 100. Naturalmente in questi paesi i numeri complessivi sono molto diversi.
Come è evidente non si tratta di un fenomeno naturale, ma di scelte consapevoli, spesso sofferte. Le cause sono essenzialmente tre, intrecciate tra di loro. In molte società si preferisce ancora il maschio alla femmina, sia per ragioni culturali, perché il maschio tramanda il nome della famiglia, sia per ragioni economiche, perché le donne non possono ereditare la terra o devono essere accompagnate da una dote per essere sposate. Cresce la tendenza ad avere famiglie con pochi figli e in Cina è stata fatta scientemente la politica del figlio unico per limitare l'ondata demografica. Un'ecografia costa in media 12 dollari, sia in Cina che in India, e quindi è alla portata di moltissime famiglie e oggettivamente è molto più semplice abortire piuttosto che uccidere una bambina già nata, fenomeno che pure avviene ancora, specialmente nelle campagne.
E' importante considerare che questo fenomeno è diffuso in tutta la popolazione, avviene sia in città che in campagna, sia tra le persone che hanno studiato che tra gli analfabeti, sia tra i poverissimi che tra le persone più ricche. In India in particolare le regioni più ricche sono quelle dove lo squilibrio tra maschi e femmine tende ad aumentare. E lo stesso fenomeno è avvenuto è in paesi come Taiwan e Corea del sud - dove lo squilibrio è arrivato rispettivamente a 110-100 e 117-100 - proprio negli anni in cui le economie di questi due paesi hanno conosciuto la fase di maggiore incremento.
Fortunatamente in questi due paesi negli ultimi anni si registra un'inversione di tendenza e il ritorno a un equilibrio naturale tra maschi e femmine tra i nuovi nati: qui ha giocato come elemento fondamentale la diffusione di valori culturali che hanno messo in discussione l'idea atavica che gli uomini siano da preferire alle donne. La cultura e la diffusione di una cultura dei diritti sono l'unico modo per combattere questo fenomeno, che avrà comunque conseguenze negative difficile da prevedere in questo momento.
In Cina nel 2020 ci saranno quasi 40 milioni di ragazzi in più rispetto alle ragazze, che non potranno sposarsi e costruire una propria famiglia. In ogni società con questo squilibrio è destinata a crescere la criminalità e già ora in Cina sono aumentati i rapimenti, le compravendite delle donne, i reati sessuali.
C'è un altro dato drammatico legato a questo fenomeno. In Cina il suicidio è la più comune causa di morte tra le donne dai 15 ai 34 anni: secondo gli studi moltissime di queste donne sono donne che non sopportano l'idea di avere abortito o di aver permesso che la loro figlia fosse uccisa subito dopo il parto. L'aborto, bisogna sempre ricordarlo, è sempre una scelta sofferta, anche quando è consapevole.
Quello che sta avvenendo in Corea del sud dimostra che questo fenomeno fortunatamente non è irreversibile, ma occorrono politiche per aiutare le famiglie, per far crescere una cultura diversa del rapporto tra donne e uomini. La soluzione non è vietare l'aborto - sia in Cina che in India l'aborto selettivo è formalmente vietato, ma non cambia i termini della questione. Anzi vietare l'aborto causerebbe l'aumento degli aborti illegali e delle uccisioni dopo il parto. Bisogna far crescere una nuova generazione di donne e uomini che abbiano valori diversi dai loro padri e delle loro madri, per far sì che l'aborto possa essere, per usare una bella espressione di Bill Clinton "sicuro, legale e raro". Però bisogna parlarne, senza ideologismi e senza nascondersi dietro a certezze date una volta per tutte.

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