Credo che uno straniero che volesse capire davvero cosa è diventato il nostro paese - al di là di certe interpretazioni caricaturali, che pure ogni tanto si leggono sulla stampa degli altri paesi - dovrebbe sapere cosa è successo in questi giorni ad Adro: queste cronache riuscirebbero a illuminarlo molto più di tante analisi, per quanto accurate e approfondite.
La vicenda è abbastanza nota, ma credo comunque sia utile fare un breve riepilogo dei fatti, prima di qualche riflessione. Adro è un comune di poco più di 7.000 abitanti della provincia di Brescia, nella zona della Franciacorta: un pezzo della tipica provincia dell'Italia centrosettentrionale, un paese contadino che è cresciuto, grazie al lavoro e all'impegno di tanti, ed è diventato ricco.
Alcuni giorni fa il sindaco leghista ha deciso di lanciare una sorta di ultimatum a una quarantina di famiglie morose, i cui bambini frequentano la mensa dell'istituto comprensivo (scuola materna, elementare e media): gli alunni non in regola con il pagamento del servizio non avrebbero potuto più accedervi. La decisione è stata in un primo momento congelata dal preside, ma il sindaco è andato avanti, forte dell'appoggio dei suoi cittadini, che, attraverso una loro associazione, gestiscono il servizio. E questa partecipazione attiva dei genitori - sia detto tra parentesi - è anche un esempio interessante di nuovo welfare; ad Adro, oltre a quello che poi vedremo - e che può essere criticato - c'è anche un pezzo importante di innovazione, sul cui valore positivo dovremo riflettere. Perché nulla è mai semplicemente bianco o nero.
"È stata la rivolta degli italiani - ha spiegato il sindaco - mi chiedevano perché dobbiamo essere solo noi italiani a pagare la mensa? La crisi esiste per tutti". Tra le famiglie in ritardo con il pagamento della mensa non ci sono naturalmente solo stranieri, ma anche italiani, ma questo diventa un particolare irrilevante, nella mente della maggioranza dei genitori che hanno alimentato la polemica e spinto il sindaco a prendere questa decisione. Il sindaco dal suo punto di vista ha fatto bene, ha assecondato i suoi cittadini - e suoi elettori - e quindi può affermare che "la linea dura paga, perché il numero delle famiglie in ritardo con i pagamenti è calato da 42 a 26 nelle ultime ore". Per poi arrivare a 24. Per alcuni anni mi sono occupato, da amministratore, dei servizi educativi nel Comune dove vivo e so bene che tra coloro che non pagano c'è una quota fisiologica di "furbetti", di famiglie che potrebbero farlo, ma non lo fanno; ci sono però anche famiglie in cui lavora un solo genitore o in cui il lavoro è precario, indipendentemente dalla nazionalità delle persone, e il denaro non c'è per pagare tutti i sospesi della famiglia.
Certamente per questi amministratori e per le famiglie che li sostengono, pur partecipando in maniera attiva alla gestione del servizio, la mensa non rappresenta un momento educativo, come invece io ritengo che sia. E quindi considero profondamente ingiusto che i bambini paghino colpe - anche quando si tratti di famiglie di "furbetti" - dei loro genitori.
Pochi giorni dopo un cittadino di Adro, un imprenditore nel settore informatico ha deciso di pagare al Comune i 10mila euro necessari a ripianare i debiti delle 24 famiglie morose, impegnandosi a pagare i pasti dei bimbi poveri fino alla fine dell’anno. Lo ha fatto in maniera anonima, accompagnando il suo gesto con una lettera che spiega bene il senso di questa azione. Vi consiglio di leggere queste due pagine, che egli ha intitolato significativamente "Io non ci sto". In sintesi l'imprenditore, che si dichiara elettore del centrodestra, dice che i suoi compaesani "si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono". "So perfettamente che fra le 40 famiglie morose, alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono fare la morale ad altri. In questo caso, nel dubbio, sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, con fermezza ed educazione, cercando di essere il primo a rispettarle. Tirare in ballo i bambini, non è compreso nell’educazione. Sono certo che uno di quei bambini diventerà medico o imprenditore o infermiere e il suo rispetto vale la mia spesa: molti studieranno per riscattare la loro vita, mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca a bearsi con i valori del grande fratello".
Non è mancata la reazione dei genitori. In Comune è arrivata una petizione firmata da 200 di loro che si definiscono "in regola con la retta". "Tutti risentiamo della crisi — si legge nel documento consegnato al sindaco — e tutti facciamo sacrifici. Non siamo un ente assistenziale, facciamo fatica anche noi a far quadrare i conti, ma è un dovere pagare un servizio che ci viene fornito". I genitori minacciano uno sciopero delle rette per protestare contro il benefattore, sostenuti dal sindaco, che non ha mancato di criticare il gesto del suo concittadino: "Si fa l'elemosina per levarsi dinnanzi il miserabile che la chiede. Quell'imprenditore non ha risolto il problema, lo ha solo rimandato a settembre. E adesso altre 200 famiglie non pagheranno più la retta. I conti, alla fine, li manderò tutti a quel sedicente benefattore".
A un livello più generale, in questa profonda frattura si sta dibattendo il nostro paese. Non si trovano più le ragioni per stare insieme in una comunità più larga, ma si difendono strenuamente i propri interessi. Per un cittadino di Adro che decide di schierarsi a favore del bene della propria comunità, ce ne sono duecento che non esitano a contrapporre il proprio "particulare". La sua lettera è molto dura e sembrerebbe efficace, ma evidentemente non è riuscita a intaccare le convinzioni profonde dei propri concittadini, che non si vergognano che vengano messe a nudo le loro piccinerie, ma le difendono, forti del numero.
Ci sono molte ragioni per essere pessimisti sul futuro di questo paese.
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