Una breve "considerazione". Il salvataggio dei 33 minatori cileni rimasti per 69 giorni nella miniera di San José è stato seguito con il fiato sospeso da tutto il mondo. Vedere risalire in superficie, uno dopo l'altro, quegli uomini è stato considerato una specie di miracolo, che però ci ha fatto dimenticare le cause di quell'incidente, che poteva avere conseguenze drammatiche.
Quell'incidente non deve essere considerato né imprevisto né imprevedibile. In un recente numero dell'Economist è stato presentato uno studio della banca svizzera Ubs, secondo cui i lavoratori di Santiago del Cile hanno gli orari di lavoro più lunghi che in qualsiasi altra città del mondo, con una media di 2.244 ore lavorate all'anno. In particolare i minatori cileni, secondo un'indagine della Direcciòn del trabajo cilena, lavorano in media 51 ore a settimana, 2.754 ore all'anno: sono numeri impressionanti che denunciano un vero e proprio sfruttamento. Ci sono altri numeri da considerare, sempre forniti dalla Direcciòn del trabajo: negli ultimi vent'anni i lavoratori impiegati nelle miniere cilene sono circa raddoppiati, passando da 67.100 a 133.989; le imprese negli ultimi dieci anni sono triplicate, passando da 1.322 a 3.628. Le imprese sono diventate sempre più piccole, con minori controlli sulla sicurezza e sui diritti dei lavoratori; la parcellizzazione delle imprese ha favorito il ricorso ai subappalti, con la conseguenza di rendere più flessibile il mercato del lavoro e più spinta la flessibilità. Specialmente nelle piccole imprese, i contratti a tempo indeterminato sono stati progressivamente sostituiti da contratti atipici. In Cile, nonostante gli anni dei governi democratici, la legislazione del lavoro risale in sostanza agli anni di Pinochet, anni di uno sfrenato liberismo imposto dalle autorità statunitensi. L'articolo 159 del codice del lavoro prevede la possibilità di licenziamento per "caso fortuito o forza maggiore": in caso di imprevisti i datori di lavoro possono licenziare i loro operai, senza indennizzi. In questa situazione, con operai sfruttati in turni di lavoro massacranti e tutele sempre meno definite, si capisce che gli investimenti per la sicurezza nelle miniere non siano molto ingenti e non siano certo il primo pensiero degli imprenditori.
Precarietà, sfruttamento, misure di sicurezza inconsistenti sono le cause che hanno portato 33 uomini a stare per oltre due mesi sotto terra, a rischio della vita. Pensiamoci, quando guardiamo le foto della salvezza e soprattutto pensiamoci quando si parla di modernità, di flessibilità, di crescita economica.
p.s. devo questa "considerazione" a un articolo del giornalista argentino Alfredo Zaiat, apparso su Pàgina 12 e tradotto nel nr. 869 di Internazionale.
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