A Casalecchio di Reno, un Comune vicino a Bologna, nel raggio di poche centinaia di metri ci sono un centro commerciale (con un ipermercato e oltre 70 negozi), il punto vendita dell'Ikea, quello della catena Leroy Merlin, alcuni altri grandi negozi (mobili, scarpe, elettronica) della grande distribuzione, il palazzetto dello sport, dove gioca una delle due squadre di basket di Bologna e si svolgono concerti e grandi eventi. L'area è facilmente raggiungibile dalle principali vie di comunicazione, ha una buona viabilità, un'ottima dotazione di parcheggi e una fermata del servizio ferroviario metropolitano. Nulla da dire: è un insediamento commerciale progettato e realizzato bene, rispettando una serie di vincoli imposti dalle amministrazioni locali.
Leggo oggi sulla cronaca locale che dalla prossima estate sono previsti una nuova serie di lavori: l'ampliamento del palasport e la creazione di una nuova, l'ennesima, area commerciale. Gli enti locali hanno dato il loro parere positivo: i privati realizzeranno nuovi parcheggi, adegueranno la rete stradale e sistemeranno la stazione. In questa "considerazione" non voglio discutere né la legittima scelta di alcuni imprenditori di realizzare queste nuove opere - evidentemente hanno fatto i loro conti e verificato che si tratta di una scelta remunerativa - né la capacità degli amministratori di gestire la crescita del territorio. Vorrei riflettere sull'idea, che sembra ormai nettamente prevalente, per cui lo sviluppo di un territorio si declina necessariamente con la realizzazione di nuovi spazi commerciali. Così intorno a Bologna ci sono cinque ipermercati, tre grandi punti vendita di bricolage, l'Ikea, un buon numero di negozi di elettronica ed elettrodomestici e così via, come in qualsiasi altra città italiana.
A ogni inaugurazione mi aspetto che il pubblico si divida tra i vari centri e parchi commerciali, invece mi pare che ogni volta si moltiplichi il numero dei clienti, che sembra crescere secondo un'esposizione geometrica, con conseguente aumento del traffico, dell'inquinamento e così via. Poi questi spazi, oltre ad aumentare di numero, tendono ad allungare gli orari di apertura e ormai le domeniche, per un numero sempre più grande di famiglie, vengono destinate allo shopping. Sulle aperture domenicali ho già scritto una "considerazione" (la nr. 48, per la precisione). Sempre più diventiamo clienti e sempre meno cittadini della nostra città e del nostro territorio.
Non è questione di avere nostalgia per le botteghe del tempo che fu, i centri commerciali, gli ipermercati sono utili e necessari, permettono una maggiore scelta di prodotti e prezzi migliori, ma dobbiamo avere la capacità di trovare un equilibrio nello sviluppo delle nostre comunità. Alcuni vecchi compagni mi hanno raccontato che per loro la fabbrica era un elemento di progresso, di modernità, le ciminiere che crescevano intorno alle città rappresentavano un dato positivo; molti anni dopo abbiamo scoperto che da quelle ciminiere uscivano veleni. Ora sono i centri commerciali a rappresentare il progresso, la modernità; forse, tra qualche decennio i nostri figli e i nostri nipoti scopriranno il veleno a cui li abbiamo costretti, questa continua mania di comperare, comperare, comperare, senza poi sapere esattamente dove gettare i rifiuti.
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