Google ha in tutto il mondo 425 milioni di utenti, ma Baidu ne ha già 400 e sono destinati a salire in maniera molto veloce - si prevede infatti che saranno almeno 750 milioni tra cinque anni. Google oltre ad essere il più importante motore di ricerca del mondo - anzi proprio per questo motivo - ha degli incassi che arrivano quasi a sette miliardi di dollari all'anno. Baidu, anch'essa quotata al Nasdaq, ha per ora incassi molto inferiori - circa mezzo miliardo di dollari all'anno - ma le previsioni sono rosee: a luglio dell'anno scorso la società ha annunciato un aumento del 95% dei profitti trimestrali, e questo ha fatto sì che nel 2011 le sue azioni siano cresciute del 65%, dopo essere più che raddoppiate nel 2010. Baidu non è un'azienda di stato - anzi è registrata alle isole Cayman - ma per lavorare e prosperare in Cina si è piegata all'ideologia del regime, divenendone un docile strumento.
Per tornare al nostro esempio, un giovane cinese che possiede un computer e ha l'accesso alla rete - e si trova quindi in una posizione di ipotetica parità con un suo coetaneo statunitense o europeo - non sa, a meno che la vicenda abbia coinvolto qualcuno della sua famiglia - ma in un paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti la possibilità è piuttosto remota - cosa sia successo nel giugno del 1989 nel suo paese, non sa chi sia Liu Xiaobo né che abbia vinto il Nobel per la pace nel 2010 e così via. Quel giovane cinese sa tutto quello che gli è permesso di sapere dopo che la censura del regime ha deciso quello che è opportuno che egli sappia. Il governo cinese ha capito che la rete può essere molto pericolosa e infatti sono 50mila gli esperti di informatica che ogni giorno sorvegliano la rete. In realtà coloro che effettuano questa forma di controllo sono molti di più, perché ogni provider deve controllare quello che compare in rete prima ancora dell'intervento della polizia. E il controllo è tanto più meticoloso sugli scambi di messaggi all'interno del paese che sulle informazioni che vengono dall'estero: ogni regime teme e controlla i propri cittadini sempre più che i nemici all'esterno. Baidu non dà informazioni su quante siano le persone incaricate di svolgere questo controllo preventivo. Esiste però un sistema di selezione automatico che indirizza ogni messaggio in tre grandi gruppi: verde per i messaggi che non contengono nulla di "disarmonico", rosso per quelli che devono essere censurati, giallo per quelli in cui c'è un'ambiguità, che richiede l'intervento umano.
In questi mesi sono state condotte molte analisi sul ruolo che la rete e i social network hanno avuto nelle "primavere arabe" e nei movimenti di protesta, da Madrid a New York, da Santiago a Tel Aviv. Molti commentatori, spesso quelli che hanno meno dimestichezza con le nuove tecnologie, hanno esaltato il ruolo della rete, tanto da coniare espressioni come "le prime rivoluzioni informatiche". Personalmente penso che in molti casi questo ruolo sia stato enfatizzato; come ho scritto in una "considerazione" di circa un anno fa - la nr. 205 - "la voce della rivolta non è passata, o è passata solo in minima parte, sulla rete, la rivolta si è diffusa tra le persone, con il dialogo, il confronto, il passaparola". Allo stesso modo la forza delle persone riunite a Zuccotti park stava proprio nella parola, nel confronto diretto e continuo, nel guardarsi negli occhi, mentre le mani si alzavano per votare.
Si può essere ottimisti o pessimisti su quello che succederà in Cina, anche grazie alla rete. Sapete che io in genere tendo alla seconda opzione. Sulla voglia di libertà faccio volentieri un'eccezione, perché questo desiderio ha una forza incalcolabile che viene aumentata in maniera esponenziale dalla rete. E in questo caso il numero è un potente alleato della voglia di libertà: ogni giorno, ventiquattr'ore su ventiquattro, centinaia di migliaia di cinesi, più o meno giovani, sono davanti ai loro computer, chattano, si scambiano mail, fanno ricerche. In Cina ci sono 200 milioni di blogger che ogni giorno scrivono miliardi di parole. Controllare questa massa enorme di informazioni è impossibile anche per un regime potente come quello cinese e qualcosa è destinato fatalmente a sfuggire dalle maglie della censura. Così come qualche censore prima o poi comincerà a leggere quello che è proibito agli altri leggere e certe idee sono virus che quando cominciano a circolare sono inarrestabili. Nonostante questo ottimismo è però molto preoccupante pensare che forza di condizionamento ha questo strumento a cui noi diamo tanta importanza e a cui affidiamo le nostre riflessioni, i nostri pensieri, anche la nostra voglia di protesta, se non di ribellione, e - quando ci riusciamo - di proposta. Così come Baidu controlla quello che i cinesi possono o non possono sapere, cosa ci assicura che Google sia davvero così libero e democratico? Lo strumento ha caratteristiche analoghe e in linea teorica può essere usato allo stesso modo, se qualcuno decide che qualcosa non deve essere conosciuto basterebbe cancellarlo da Google per farlo finire nel dimenticatoio. Sinceramente non mi sento tanto più tranquillo di un cinese.
p.s. del 27 gennaio: cambiano alcune regole di Twitter; ecco un interessante articolo del Post.
In questi mesi sono state condotte molte analisi sul ruolo che la rete e i social network hanno avuto nelle "primavere arabe" e nei movimenti di protesta, da Madrid a New York, da Santiago a Tel Aviv. Molti commentatori, spesso quelli che hanno meno dimestichezza con le nuove tecnologie, hanno esaltato il ruolo della rete, tanto da coniare espressioni come "le prime rivoluzioni informatiche". Personalmente penso che in molti casi questo ruolo sia stato enfatizzato; come ho scritto in una "considerazione" di circa un anno fa - la nr. 205 - "la voce della rivolta non è passata, o è passata solo in minima parte, sulla rete, la rivolta si è diffusa tra le persone, con il dialogo, il confronto, il passaparola". Allo stesso modo la forza delle persone riunite a Zuccotti park stava proprio nella parola, nel confronto diretto e continuo, nel guardarsi negli occhi, mentre le mani si alzavano per votare.
Si può essere ottimisti o pessimisti su quello che succederà in Cina, anche grazie alla rete. Sapete che io in genere tendo alla seconda opzione. Sulla voglia di libertà faccio volentieri un'eccezione, perché questo desiderio ha una forza incalcolabile che viene aumentata in maniera esponenziale dalla rete. E in questo caso il numero è un potente alleato della voglia di libertà: ogni giorno, ventiquattr'ore su ventiquattro, centinaia di migliaia di cinesi, più o meno giovani, sono davanti ai loro computer, chattano, si scambiano mail, fanno ricerche. In Cina ci sono 200 milioni di blogger che ogni giorno scrivono miliardi di parole. Controllare questa massa enorme di informazioni è impossibile anche per un regime potente come quello cinese e qualcosa è destinato fatalmente a sfuggire dalle maglie della censura. Così come qualche censore prima o poi comincerà a leggere quello che è proibito agli altri leggere e certe idee sono virus che quando cominciano a circolare sono inarrestabili. Nonostante questo ottimismo è però molto preoccupante pensare che forza di condizionamento ha questo strumento a cui noi diamo tanta importanza e a cui affidiamo le nostre riflessioni, i nostri pensieri, anche la nostra voglia di protesta, se non di ribellione, e - quando ci riusciamo - di proposta. Così come Baidu controlla quello che i cinesi possono o non possono sapere, cosa ci assicura che Google sia davvero così libero e democratico? Lo strumento ha caratteristiche analoghe e in linea teorica può essere usato allo stesso modo, se qualcuno decide che qualcosa non deve essere conosciuto basterebbe cancellarlo da Google per farlo finire nel dimenticatoio. Sinceramente non mi sento tanto più tranquillo di un cinese.
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