Lo scorso 13 settembre nell'edizione on line de Il Sole-24 ore potevate leggere questo titolo: "Dalla Fed nuova ondata di liquidità: 40 miliardi al mese". Sui mezzi di informazione italiani questa notizia non è stata particolarmente approfondita: in sostanza è stata vista da alcuni come un elemento di ottimismo, come uno dei segnali premonitori della fantomatica luce in fondo al tunnel, sempre evocata dal professor Monti, e da altri come un tentativo del presidente della Federal reserve Bernanke, pur nominato dal repubblicano Bush (il secondo), di favorire la rielezione del democratico Obama. Dal momento che entrambe queste spiegazioni mi sono sembrate un po' riduttive, ho provato a capirci qualcosa di più, spulciando tra i commenti e le analisi disponibili in rete. Tecnicamente questa operazione si chiama quantitative easing - alleggerimento quantitativo in italiano - ed è la terza volta dall'inizio della crisi che la Federal reserve adotta questo provvedimento - la sigla è appunto QE3 - in pratica la banca centrale degli Stati Uniti decide che è venuto il momento di creare nuovo denaro; naturalmente, nella nostra era digitale, non si dà l'ordine alla zecca di stampare nuove banconote, basta fare clic su un computer.
Il primo alleggerimento quantitativo, il QE1, è stato fatto alla fine del 2008; l'obbiettivo di Bernanke era quello di debellare la crisi finanziaria, i cui primi segnali erano stati avvertiti già nel 2007 e che aveva raggiunto il culmine nell'autunno del 2008, con il fallimento della Lehman Brothers. In un primo momento è stato il governo federale a intervenire direttamente, investendo 1.200 miliardi di dollari nell'acquisto di titoli delle banche in crisi, ma la situazione, nonostante l'immissione di tutta questa liquidità, ha continuato ad aggravarsi. A questo punto, visto che sul bilancio statale non si poteva più intervenire, la Federal reserve ha cominciato ad acquistare, con i soldi "nuovi", dalle banche in difficoltà titoli garantiti da mutui, incluse le obbligazioni di due imprese sostenute dallo stato, Fannie Mae e Freddie Mac, i cui nomi sono entrati più volte nelle cronache finanziarie. Quindi le banche in questi ultimi anni hanno utilizzato il denaro "creato" dalla Federal reserve per compensare strumenti finanziari insicuri; nella primavera del 2010 sembrava che la situazione fosse sotto controllo e quindi è stato deciso di sospendere il programma QE1, dopo che erano stati investiti 1.700 miliardi di dollari. Gli effetti positivi sono durati molto poco, tanto che la Federal reserve ha deciso di dare il via, nell'autunno 2011, a un nuovo alleggerimento, il programma QE2: sono stati acquistati, sempre con soldi "nuovi", 600 miliardi di titoli del Tesoro a lungo termine. I risultati evidentemente non sono stati molto positivi, se dopo meno di un anno è stato necessario iniziare il nuovo programma QE3. Francamente quello che è successo in questi mesi, a partire dal 2008, fa prevedere che anche i risultati di questo nuovo programma non saranno positivi. Il QE3 prevede che sia possibile immettere nel sistema fino a 40 miliardi di dollari al mese, attraverso l'acquisto di titoli garantiti da mutui; non è stata definita una scadenza per questo programma.
Credo sia utile a questo punto fare un minimo di storia. Fino all'inizio degli anni Settanta negli Stati Uniti, come in tutti gli altri paesi del mondo, vigeva la cosiddetta gold standard, o sistema aureo, che prevedeva che l'ammontare della moneta circolante in un paese fosse limitato dalla somma delle quantità di riserve auree detenute dalle banche di quello stesso paese; questo sistema - che quindi non prevedeva la possibilità di stampare moneta oltre un certo limite - fu deciso nel luglio del 1944, mentre si stava ancora combattendo la seconda guerra mondiale, nella Conferenza di Bretton Woods. Fu il presidente Nixon a decretare la fine di questo sistema, nel 1971, abolendo la convertibilità del dollaro in oro. Fu quindi possibile creare moneta in maniera libera, senza vincoli, e perciò da quel momento la massa di dollari in circolazione è enormemente cresciuta.
Per tornare a quello che sta succedendo oggi, naturalmente se la Federal reserve batte "nuova" moneta, le altre banche centrali non stanno ferme. Qualche giorno prima che Bernanke annunciasse l'inizio del QE3, la Bce ha deciso l'acquisto di titoli di debito dei paesi della zona-euro, in grandi proporzioni e soprattutto "unlimited", come ha detto Draghi, facendo tirare un sospiro di sollievo all'amico Monti: di fatto è cominciato così l'alleggerimento quantitativo dell'Europa, anche se teoricamente la Bce non avrebbe il potere di battere moneta. E anche le banche centrali britannica e giapponese hanno cominciato a comprare titoli, immettendo denaro fresco nelle economie di quei paesi. Cresce quindi - unlimited - la massa di moneta in giro per il pianeta. E questo non è un segno di salute, ma la causa di nuove malattie, di un nuovo contagio.
A questo punto, ci sono due questioni su cui credo sia utile concentrarsi: bisogna capire chi decide queste operazioni e soprattutto sapere dove arrivano tutti questi "nuovi" soldi. Queste operazioni non le decidono i governi, ma le banche: e questo mi pare già un problema, perché nessuno ha eletto Bernanke o Draghi. Come ho detto più volte, si apre un'enorme questione democratica, che coinvolge prima di tutto l'Europa, dal momento che sulla Bce e su Draghi si concentra anche il potere di controllo, attraverso la troika, delle politiche economiche dei paesi "salvati" dalla crisi. Il potere dei banchieri centrali è incredibilmente cresciuto negli ultimi anni e la cosa è appunto tanto più drammatica in Europa, dal momento che non c'è un presidente - come negli Stati Uniti - che possa interloquire con chi decide quando stampare nuova moneta e soprattutto dove indirizzarla. E qui veniamo al secondo punto. La Federal reserve non distribuisce il "nuovo" denaro per creare nuove imprese o per favorire la crescita di nuovi posti di lavoro, nonostante sia questa la giustificazione dell'alleggerimento quantitativo. Questo denaro finisce direttamente alle banche che cedono alla Federal reserve titoli più o meno tossici, ricevendone in cambio soldi "puliti"; questi soldi poi vengono reinvestiti nel mercato azionario, che garantisce alle banche e ai loro azionisti il massimo dei profitti, e quindi non incidono in alcun modo sulla cosiddetta economia reale. Di fatto tutti questi soldi, negli Stati Uniti come in Europa, sono un modo per distribuire fondi pubblici per premiare i più ricchi, specialmente quelli che hanno operato nel mercato finanziario, ossia quelli che, con la loro irresponsabilità e la loro avidità, hanno provocato la crisi. E' la redistribuzione delle ricchezze, solo che passano dai poveri ai ricchi. E questa redistribuzione sta continuando.
Immettere denaro in maniera incontrollata non serve a incrementare il prodotto interno lordo di un paese, anzi diminuisce il valore della moneta - è piuttosto intuitivo, visto che aumenta il denaro in circolazione - e di conseguenza incrementa il costo delle merci; l'aumento del prezzo delle merci mette in difficoltà le imprese, fa aumentare la disoccupazione e ricade sui consumatori, perché si riduce il loro potere di acquisto. Se l'economia è carica di denaro in maniera così eccessiva, gli interventi dello stato non riescono né a stimolare la produzione né a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Diversi analisti spiegano che si sta creando una nuova forma di capitalismo, che non è quello classico - quello che ha portato alla crisi del '29 - né quello cosiddetto "di stato", che si è imposto dopo la seconda guerra mondiale. Il nuovo capitalismo, ormai slegato e indipendente dalla politica, crea e distribuisce moneta a sua esclusiva discrezione e naturalmente sappiamo a favore di chi. E tutto questo sforzo non si tradurrà in maggiori posti di lavoro. In un momento di sincerità, Bernanke ha detto: "Voglio essere chiaro. Mentre ritengo che possiamo dare un significativo contributo all'attenuazione del problema, non possiamo risolverlo. Non possediamo strumenti abbastanza potenti da risolvere il problema della disoccupazione"; se lo dice lui. E senza lavoro non si risolleva l'economia, almeno la nostra economia.
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