Qualche altra riflessione - dopo la nr. 323 - in questo tempo di attesa, tra le primarie e il ballottaggio, dopo il dibattito televisivo di mercoledì sera. Provando a essere il più oggettivo possibile - per quanto sia difficile, visto che si parla di politica - penso che sia stato un dibattito interessante. E anche utile. Provo a spiegarmi. Come ho ripetuto diverse volte - anche parlando delle presidenziali degli Stati Uniti - io penso che appuntamenti come questi servano molto più a motivare chi ha già deciso piuttosto che a convincere gli indecisi o a spostare i voti da una parte all'altra; a meno che non avvengano imprevedibili incidenti. E mercoledì sera tutto è filato liscio, Bersani ha fatto Bersani, con il passerotto e il tacchino, e Renzi ha fatto Renzi, con le maniche della camicia arrotolate; e lo hanno fatto molto bene. Leggendo i commenti in rete, sia quelli espressi immediatamente attraverso Twitter e Facebook sia quelli pubblicati "a freddo", gli estimatori di Bersani hanno detto che il vincitore è stato il segretario, così come quelli di Renzi hanno sostenuto che aveva vinto il sindaco di Firenze. Anche i commenti dei cosiddetti "esperti" erano in gran parte già stati scritti prima del dibattito. I commentatori del centrosinistra si sono divisi a seconda della loro personale preferenza o di quella del giornale in cui scrivono. I giornali "lepenisti" di cui è proprietario B. hanno detto che ha vinto Renzi, seguendo la linea dettata da Arcore. Anche gli "indipendenti" hanno detto che ha vinto Renzi, perché è di moda e più moderno dire così, perché dicendo così si fa la figura di quelli che capiscono le nuove forme di comunicazione, anche se molti di costoro scrivono ancora con la penna d'oca.
Il dibattito di mercoledì sera è stato utile non tanto al risultato finale delle primarie, ma a ribadire la centralità del Pd e del centrosinistra nel dibattito politico italiano. Anche grazie a questo appuntamento, a come si è svolto e a come è stato condotto, sembra che le primarie non servano a decidere, tra Bersani e Renzi, chi sarà il candidato alle prossime elezioni, ma già chi sarà il prossimo presidente del consiglio. A questo contribuisce lo stato confusionale in cui si trova la destra: per la prima volta da molti anni non è il centrosinistra a inseguire la destra, ma questa ad affannarsi dietro un avversario lanciato verso la vittoria. Ricordate come stavamo noi prima delle elezioni del 2001? Guardate quell'incredibile pezzo di satira in cui Guzzanti-Veltroni pensa a chi candidare e, scartati Leonardo Di Caprio, il nonno di Heidi, Topo Gigio e Amedeo Nazzari, annuncia sconsolato la candidatura di Rutelli. Noi avevamo già perso prima di cominciare, perché ci sentivamo perdenti e così ci hanno sentito gli elettori. Il fatto, ormai evidente, che B. attenda il risultato delle primarie per dire cosa farà è indicativo di questo clima, inusuale nel ventennio berlusconiano. Lo stesso Monti ha dato un segnale importante di questa attenzione dell'opinione pubblica verso il Pd: il giorno dopo la forte presa di posizione di Bersani a favore dell'ingresso della Palestina all'Onu, il presidente del consiglio ha deciso di cambiare la posizione del governo, in cui prevaleva il "neutralismo" atlantico e filoisraeliano dell'ambasciatore-ministro Terzi e della Farnesina. Adesso è il centrosinistra a tenere il banco e spesso il banco vince. Naturalmente il cupio dissolvi del centrosinistra è sempre dietro l'angolo: le polemiche di ieri sulle regole del ballottaggio e sull'acquisto di intere pagine sui quotidiani sono segnali potenzialmente inquietanti per un osservatore interessato alla vittoria di quello schieramento. Il rischio per il Pd di "andare ai materassi" c'è sempre.
Su questo punto delle regole permettetemi una riflessione ulteriore, perché mi pare illuminante. Le polemiche di questi giorni erano facilmente prevedibili perché erano già in nuce nella poca chiarezza con cui queste stesse regole erano state redatte e soprattutto perché ciascuno dei contendenti aveva già interpretato a proprio favore l'esito dell'estenuante mediazione allora raggiunta. I bersaniani volevano che potessero votare al secondo turno soltanto quelli già registrati per il primo turno, mentre i renziani volevano un secondo turno aperto; si decise allora il complicato meccanismo della registrazione con giustificazione, sotto il controllo del povero Stumpo. Non me ne vogliano gli amici renziani, ma questo atteggiamento di far finta di accettare una mediazione, con il retro pensiero che poi alla fine si farà in modo diverso è "dalemismo" puro, proprio quel vecchio modo di far politica che il loro leader vorrebbe rottamare. Purtroppo questo modo di fare è stato da sempre un carattere originario del Pd. Basti pensare alla questione dirimente dell'adesione del nuovo partito al Pse; gli ex-Ds pensavano che alla fine il Pd avrebbe aderito, gli ex-Margherita sostenevano che questa adesione non ci sarebbe mai stata, si decise di aspettare, e ciascuno pensava che alla fine gli altri avrebbero ceduto. E di esempi come questi, purtroppo, se ne possono fare molti altri, a volte - come nel caso dell'adesione al Pse - hanno vinto gli ex della Margherita, altre volte gli ex dei Ds e in molti casi - troppi - si è raggiunta una mediazione al ribasso. Su questo punto comunque dovrò tornare.
L'altra sera le differenze tra i due candidati sono emerse piuttosto bene, perché le differenze ci sono, nonostante i toni pacati del confronto. Per inciso questi toni, questa disponibilità a scherzare, è stata una componente del successo della serata e delle primarie in generale, dopo anni in cui il livello della discussione politica era costantemente fermo alla rissa, alle ingiurie, alle urla; credo che questo dovrebbe insegnare qualcosa anche a Grillo, che di questa cifra stilistica ha fatto una parte rilevante del proprio programma politico. Comunque l'altra sera agli elettori del centrosinistra e all'Italia è stata offerta la possibilità di scegliere tra due opzioni. Da una parte Renzi ha esplicitamente chiesto agli elettori di scegliere lui come futuro "sindaco d'Italia"; le sue proposte sono state più vaghe di quelle offerte da Bersani, i suoi programmi meno definiti. Scegliendo Renzi si sceglie una persona, un'idea di novità, una proposta di effettivo cambiamento generazionale e di - supposto - cambiamento di stile politico; Renzi non digerisce le alleanze - è il punto su cui è stato più chiaro - e immagina un governo dichiaratamente ed esclusivamente "renziano". Come questa idea si sposi con la Costituzione vigente è un problema che qualcuno dovrebbe porre al giovane candidato e questa è - al di là delle caricature o dei pranzi ad Arcore - la vera affinità tra Renzi e B.: la difficoltà a collocare se stessi all'interno della Costituzione del '48. Bersani è stato più possibilista sulle alleanze, prefigurando uno schieramento piuttosto ampio ed eterogeneo, che va da Vendola a Casini, che forse si tira dietro perfino Fini. Ma con altrettanta nettezza ha detto le cose che lui farà, dalla cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia all'introduzione delle unioni civili per gli omosessuali, temi su cui è pronto a scontrarsi anche con Casini. Naturalmente Bersani è anche quello che ha votato per mettere il pareggio di bilancio nella Costituzione, che ha votato la riforma Fornero, che ha votato tutte le misure di destra presentate da questo governo di destra; e questi sono i motivi per cui io non sono andato a votare per lui alle primarie. Nonostante questo mio giudizio nettamente negativo - per quanto schiettamente settario - Bersani, a differenza del suo avversario, è tutto dentro la cornice istituzionale e politica della nostra repubblica e questo per me è ovviamente un punto importante.
C'è un problema però, molto grosso. Io credo che domenica vincerà Bersani, ma quasi la metà di chi sarà andato a votare si sarà espresso per Renzi. All'interno del Pd convivono e conviveranno - con sempre maggiore difficoltà - bersaniani e renziani, "noi" e "loro". Questa convivenza forzata sarà possibile soltanto attraverso una mediazione continua, estenuante, sulle piccole come sulle grandi questioni. Si amplificherà quel fenomeno di "doppiezza" che ho descritto prima a proposito del tema della regole: ciascuno continuerà a pensare che la propria posizione è non solo la migliore, ma quella legittima e soprattutto quella destinata a prevalere, quando la mediazione sarà arrivata alla corda. Quando potrà andare avanti il Pd in questo modo? Non lo so. Mi piacerebbe dire che non è un problema mio, dal momento che io ho scelto da tempo di non militare in un partito in cui si sentono legittimamente a casa loro persone come Renzi e Ichino. Se ci stanno loro non riesco a starci io. Eppure, come spesso ho ripetuto, è anche un problema mio. Perché noi della "sinistra dispersa" potremo avere un governo di cui non vergognarci soltanto se la maggioranza del centrosinistra vincerà e adesso la maggioranza del centrosinistra è questo strano animale a due teste.
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