Aspettando il ballottaggio, provo a condividere con voi, miei sparuti e fedeli lettori, qualche riflessione sulle primarie, e soprattutto i miei molti dubbi, sperando che i risultati di domenica prossima possano servirci a chiarire - e non a confondere ulteriormente - quello che succede in una parte rilevante, anche se non esclusiva, del centrosinistra italiano.
Il primo dato è che le primarie sono state un successo, per tutto il centrosinistra e in particolare per il Pd. Oltre tre milioni di cittadini che decidono di dedicare un po' del loro tempo - più prezioso dei due euro - per registrarsi e andare a votare sono un risultato importante, tanto più in un periodo come questo, in cui cresce una sfiducia diffusa - ampiamente meritata - per coloro che in questi anni hanno avuto il compito di guidare e rappresentare questo paese. Queste primarie fanno storia a sé e non ha molto senso confrontarle con quelle con cui sancimmo la leadership di Prodi nel 2005. Dopo le elezioni regionali della Sicilia rischiavamo che tutto il dibattito fosse incentrato sul legittimo timore dell'astensionismo - che comunque ci sarà e crescerà nelle prossime elezioni - e soprattutto sulla crescita impetuosa e inarrestabile del grillismo, anche perché la proverbiale pigrizia dei giornalisti e dei commentatori italiani aveva già spinto tutti costoro a considerare come ineluttabile la vittoria di questo nuovo fenomeno. E troppe volte in democrazia queste profezie rischiano di avverarsi o di autoavverarsi. I pigri, che non hanno voglia di approfondire le dinamiche profonde della società, hanno paradossalmente sempre voglia di cose nuove: per un po' Grillo e i grillini sono stati adattissimi alla bisogna, per questo in tanti di loro, al di là delle loro convinzioni politiche, tifano Renzi, aspettando già il prossimo "rottamatore del rottamatore". Comunque, al di là di queste piccinerie giornalistiche che lasciano il tempo che trovano e che muovono fortunatamente pochissimi voti, le primarie - in particolare queste primarie con questa accesa personalizzazione dei candidati - hanno contribuito a togliere visibilità mediatica - e quindi linfa vitale - a Grillo e questo penso sia un bene.
C'è poi un aspetto che in pochi hanno sottolineato, ma che io - che un tempo ho lavorato in fureria o in sala macchine o in cucina, come metaforicamente descrivevamo l'organizzazione politica - considero particolarmente importante. Il Pd è un partito che, pur con tutti i suoi problemi - e non sono pochi - riesce ancora a mettere in piedi una struttura così articolata come quella delle primarie, dal Piemonte alla Sicilia, fatta di un'organizzazione centrale - mi ha fatto piacere vedere sui giornali il solitamente ignorato Nico Stumpo - di una miriade di seggi gestiti da volontari, di un'organizzazione capace di portare tavoli, bandiere, urne, schede, penne in tutti i comuni italiani, dal più piccolo al più grande. In politica servono le proposte - anche se non dobbiamo sopravvalutare i programmi, che di solito si invocano quando non abbiamo nessun altro argomento - sono indispensabili i valori e le persone che fanno vivere quei valori - e per questo si fanno le primarie - ma è necessaria anche un'organizzazione. Qualcuno pensava che di questa si potesse fare a meno, fatto salvo poi invocarla in occasioni come questa o come la raccolta delle firme quando si devono presentare le liste o la gestione delle affissioni durante le campagne elettorali. Il Pd latita sui valori o comunque non sa bene quali siano, non sempre ci azzecca sulle persone, ma una qualche organizzazione resiste, anche se una parte rilevante del partito non ne riconosce il ruolo: e questo è un problema su cui loro dovranno riflettere, chiunque vinca, specialmente se dovesse prevalere quella componente che considera residuale e stantia l'organizzazione. Renzi la etichetta come "apparato" e quindi da rottamare tout court, ma questa struttura, tanto vituperata, alla fine serve anche a lui.
Dette le cose positive di domenica scorsa, provo a dire quelle che mi convincono meno. Spero di sbagliarmi, ma nelle rete mi è capitato di imbattermi in diverse persone che non considerano impegnativo il voto di domenica scorsa e suppongo neppure quello di domenica prossima. Quando io ho scritto che uno dei motivi per cui non sono andato a votare è che non trovo corretto votare alle primarie dal momento che non penso di votare per questo centrosinistra alle "secondarie" - e sicuramente non lo voterei se vincesse Renzi - diversi mi hanno risposto che sono andati a votare non sentendo il peso di questo obbligo. Ho l'impressione che una parte di elettori - che non so quantificare, spero piccola, ma non ne sono certo - abbiano partecipato per la legittima voglia di partecipare, per il desiderio di esprimere la propria opinione su un tema rilevante per il futuro del paese, ma che da qui a primavera siano pronti a cambiare idea. C'è voglia di politica e dato che non ci sono altri mezzi per esprimerla qualcuno ha pensato di canalizzarla nelle primarie.
Non mi preoccupa il voto organizzato del centrodestra - non credo ci sia stato e penso sia una cretinata perfino evocarlo - ma ci sono elettori del centrodestra "in libertà" - anche questi non li so quantificare - che sono andati a votare alle primarie. Ad esempio nella mia cittadina c'è un blog piuttosto seguito che credo, senza essere smentito, di poter definire di centrodestra; alcuni di quelli che scrivono su quel blog sono andati a votare alle primarie, ma non penso che voteranno il centrosinistra alle elezioni "vere". C'è un elettorato di centrodestra che adesso è deluso, che forse non andrà a votare, ma non è detto che alla fine costoro non si lascino sedurre di nuovo da B. o in loro non prevalga l'atavica spinta a votare chiunque non sia di sinistra. Li capisco perché io ad esempio non voterei mai per uno di destra - neppure come capocondominio - e neppure se lo stimassi personalmente. Io rimango convinto, a differenza di quello che mi pare dica Renzi, che le prossime elezioni non si vinceranno prendendo i voti alla destra, perché da lì i voti non si spostano, come non si spostano da sinistra. Vincerà in Italia - così come è accaduto recentemente prima in Francia e poi negli Stati Uniti - chi sarà più capace di mobilitare i suoi, portandoli tutti a votare e sperando che quelli dell'altra parte non ci riescano altrettanto bene. E nella prossima primavera è realistico pensare che questo possa avvenire, a vantaggio del centrosinistra e a scapito della destra. Ed è più realistico pensare che avvenga se a guidare il centrosinistra ci sarà Bersani, e non Renzi.
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