mercoledì 14 agosto 2013

Considerazioni libere (374): a proposito di quello che succede (e non succede) a ferragosto...

Sostanzialmente in questi giorni non è successo nulla di particolarmente rilevante, nessuna novità che meriti una particolare attenzione. In questi giorni ho scritto diversi brevi commenti su facebook, ma mi sembrava utile, prima di ferragosto, fare il punto qui su quello che è successo.
Non è una novità la condanna di B., almeno per la considerazione che questo paese ha di lui: c'è una metà del paese che lo considerava prima - e lo considera ora - un ladro, e molto peggio (io naturalmente sono tra quelli) e c'è l'altra metà che lo considerava - e continua a farlo - un martire perseguitato dalla magistratura; la sentenza della Cassazione non ha spostato di una virgola, semmai ha rafforzato, le opinioni degli uni e degli altri. Il solco tra le due Italie si è ulteriormente approfondito, ma sono ormai vent'anni che scaviamo, non sarà certo questa sentenza a cambiare le cose. E non sono state una novità le manifestazioni eversive e non autorizzate dei servi di B., pigramente subite con colpevole accondiscendenza dalle autorità italiane. Ho già scritto come la penso su quel partito e su chi lo sostiene e lo vota. Io credo che il partito dei servi di B. dovrebbe essere considerato alla stessa stregua del Front national in Francia: naturalmente non si può impedire a questo partito di partecipare alle elezioni, però dovrebbe essere alzato intorno a B. e ai suoi una sorta di "cordone sanitario", fare come se non esistessero. Questo implica prima di tutto che non si dovrebbero accettare alleanze di nessun tipo, nazionale o locali, con quel partito. Naturalmente in Italia non avviene questo, dal momento che il partito di B. viene considerato un partito come gli altri, partecipa all'alleanza di governo, addirittura il sedicente presidente della Repubblica si preoccupa dell'agibilità politica del leader pregiudicato di quella forza politica. Così come la Repubblica del '48 si definì come antifascista, noi dovremmo definirci anti-berlusconiani, oltre naturalmente a continuare a sentirci antifascisti. Questo implica per me, in maniera ancora più radicale, comportarsi allo stesso modo con chi vota B.: bisogna fare come se non esistessero. Personalmente faccio così, so che ci sono, cerco di studiarne i comportamenti, così come guardo in televisione i documentari sugli ornitorinchi o gli armadilli, ma non ho verso di loro alcuna empatia, e cerco di ridurre al minimo i contatti con loro, anche quando ne sono costretto. Ormai non ci può più essere buona fede: chi vota B. è complice e come tale va considerato. Non capisco quindi chi imposta la propria campagna elettorale cercando i voti di questa parte dell'Italia, quella peggiore.
E non è stata purtroppo una novità la lunga e irrituale nota di Napolitano. Dal novembre 2011 Napolitano ha approffittato della sua carica istituzionale per partecipare alla vita politica del nostro paese, diventando il capo del partito delle autorità finanziarie internazionali e dei grandi interessi economici. Forse non ha mai valicato la lettera della Costituzione - anche se non ne sono così sicuro - certamente ne ha stravolto in maniera eversiva il significato, promuovendo, con ogni mezzo, la nascita di due governi che non hanno avuto nessuna legittimità elettorale e impedendo la nascita dell'unico che avrebbe potuto averla. In sostanza la nota ferragostana del Quirinale, di cui non c'era la necessità istituzionale, visto che il nostro ordinamento non prevede, oltre alle normali fonti del diritto e alle sentenze, queste "chiose presidenziali", ha un carattere squisitamente politico: Napolitano spiega che non c'è alternativa a questo governo e, minacciando e blandendo a seconda dei casi, spiega alle forze politiche che devono adeguarsi a questa situazione. Personalmente credo di avere ancora il diritto di dire che la soluzione di Napolitano non è l'unica soluzione possibile, semplicemente è la sua soluzione, probabilmente è anche la soluzione della maggioranza degli italiani, ma non è la mia. Mi piacerebbe avere un presidente della Repubblica capace di accettare che esistano anche altre posizioni e non obblighi a conformarsi a quelle dettate da lui, o peggio a lui dettate. Napolitano, con tutta evidenza, non è quel presidente e infatti non è più il mio presidente.
In fondo non è una novità neppure la divisione nel campo del centrosinistra che in questi giorni si è purtroppo ulteriormente allargata. Probabilmente la sentenza contro B. e le vicende di questi giorni sono state molto più deleterie per questa parte dello schieramento politico piuttosto che per la tenuta complessiva di un paese, in cui da tempo non c'è più un solo elemento unificante. Leggendo su facebook e su twitter quello che ho scritto io e quello che hanno scritto i miei amici del variegato mondo del centrosinistra mi sono accorto che ormai sarà sempre più difficile pensare di fare insieme un pezzo di cammino. E' sempre più accesa la polemica tra chi come me ha il giudizio su Napolitano che ho esplicitato e chi, da sinistra, continua a difenderne l'operato. Sono sempre più aspre le accuse che ci rivolgiamo a vicenda con gli amici dell'ex-Pd, di cui pure sono pronto a riconoscere la buona fede, anche se ho l'impressione che loro non facciano lo stesso con me. Ormai troppa acqua sta passando sotto i ponti del centrosinistra. Io parteciperò alla manifestazione del 5 ottobre promossa da Rodotà e Landini e sarò a Roma, oltre che per difendere la Costituzione degli attacchi simultanei di Napolitano e della destra berlusconiana, anche contro l'ex-Pd, nonostante la mia storia e tanti amici continuino a stare da quella parte. Quando si voterà - se Napolitano ce lo farà fare - sicuramente non voterò per il candidato del centrosinistra ufficiale, chiunque sia. Ovviamente capisco ancora un po' di politica e so che Marina B. è cosa ben diversa da un Renzi qualsiasi e che perfino lui è meglio di lei; so anche che a non votare Renzi, o chi per lui, c'è il rischio di far vincere Marina, però a questo punto non ci sono più argomenti in grado di convincermi. Io voterò per un partito di sinistra radicale, con una piattaforma anticapitalista. E non sono più disposto ad accontentarmi. Perderò? Probabilmente sì, l'ho messo nel conto.
Nel confronto di questi giorni con gli amici che sono rimasti dall'"altra parte" mi pare che la differenza più profonda tra di noi sia l'accettare che essere di sinistra implichi avere la consapevolezza che la società è divisa; e che questo comporta necessariamente un conflitto. L'aspetto che io trovo più pericoloso nell'ideologia del pensiero dominante, a cui la parte maggioritaria della sinistra si è accodata, è proprio il negare questo conflitto e la retorica sullo sforzo comune per migliorare la società. Bisogna invece essere consapevoli che ognuno nel conflitto sociale ha la sua posizione: io la mia l'ho scelta da tempo, e credo di aver fatto la scelta giusta.

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