Quello che è successo negli ultimi giorni credo meriti una riflessione un po' più compiuta rispetto alle battute, anche se ammetto che è fin troppo semplice prendere in giro uno come Renzi. Lascio quindi per oggi le definizioni di Verba volant e metto in fila alcune riflessioni che ho fatto in questi giorni e che ho in parte pubblicato su faccialibro.
Al di là degli aspetti tecnici - su cui tornerò dopo - c'è soprattutto una cosa che mi ha disturbato nell'analisi che hanno fatto Renzi e i renziani a proposito della legge elettorale. Secondo me - e mi pare anche secondo altri - la porcata calderoniana deve essere criticata in sé, ossia a prescindere dal risultato, essenzialmente per due motivi: perché assicura a una minoranza elettorale la maggioranza parlamentare - siamo lontani anni luce dalla "legge truffa" di degasperiana memoria che assegnava il 65% dei seggi della Camera alla lista che avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi - e perché non c'è alcuna forma di controllo e di scelta degli eletti da parte degli elettori, anche se non bastano le preferenze a far sì che un parlamento sia davvero democratico.
Comunque sia, Renzi ieri ha fatto capire in maniera abbastanza esplicita che l'attuale legge elettorale non deve essere cambiata perché anticostituzionale, ma perché non funziona, ossia perché - essendoci un diverso meccanismo di calcolo tra la Camera e il Senato - non assicura maggioranze omogenee e quindi la tanto auspicata governabilità. Per Renzi - e temo per molti altri nell'ex-Pd, compresi quelli della cosiddetta minoranza, il porcellum deve essere cambiato soltanto perché non li ha fatti vincere. Tanto è vero che il punto centrale della proposta del già sindaco di Firenze non è la riforma vera e propria della legge elettorale, ma la fine del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato in un'altra cosa rispetto ad un'assemblea legislativa.
Nel merito della proposta sulla nuova legge elettorale - l'Italicum - non cambia sostanzialmente nulla rispetto alla legge vigente. Chi raggiunge, da solo o in coalizione, poco più di un terzo dei voti governerà da solo e i parlamentari saranno scelti - come ora - dai leader di partito; difficile trovare le trovare le differenze con il porcellum, anche per un campione di Aguzzate la vista della Settimana enigmistica. Renzi, che sarà pure folkloristico, ma è parecchio furbo, si è inventato la bufala del doppio turno, che non scatterà mai, perché è assai improbabile che una coalizione non raggiunga un terzo dei voti, un po' perché ormai esiste un sistema tripolare e soprattutto perché, alla bisogna, rinasceranno le coalizioni stile Unione - visto lo sbarramento dell'8% per chi non farà parte di una coalizione.
Quindi alle prossime elezioni si confronteranno, al netto del risultato di Grillo - che comunque non bisserà il successo delle ultime elezioni - una coalizione di cosiddetto centrosinistra, imperniata su Renzi, con lo scudiero-narratore Vendola e rimasugli vari del centro, e una di destra, da Casini ai fascisti, intorno a B., a cui si accoderà anche il povero Angelino, a cui non si può certo chiedere di fare il leone. Al di fuori rimarranno la nuova Lega lepenista e forse una sinistra radicale che speriamo non sia un'aborto politico come la lista Ingroia. Dato che la matematica non è un'opinione, una delle due coalizioni supererà di poco il quorum e governerà, da minoranza, il paese. Naturalmente non si terrà conto di quelli che - come me - non voteranno, perché gli assenti hanno sempre torto.
Per far digerire la mancanza delle preferenze poi sono state introdotte le liste "piccine picciò", in modo che i cittadini conoscano gli eletti: si tratta di una voglia di fico molto trasparente, che fa vedere cosa c'è sotto, e non è un bello spettacolo.
Personalmente, nel merito della questione, rimango affezionato alla proposta - che un tempo ricordo andava per la maggiore nel partito in cui militavo - del doppio turno di collegio, come in Francia. In questo modo, durante il primo turno - con spirito proporzionale - ci si conta e l'elettore può votare il partito e il candidato che gli piace di più, mentre nel secondo turno - con spirito maggioritario - si sceglie il partito e il candidato meno sgradito, per vincere e garantire la governabilità. Questo sistema ha poi il merito di radicare il parlamentare al territorio. Sono abbastanza vecchio per ricordarmi come ha funzionato la scelta dei candidati nei collegi, quando c'erano, e non sono così ipocrita da dire che non non ci fu una scelta che teneva conto di equilibri politici altri rispetto agli stessi collegi - a Bologna e in Emilia-Romagna lo vedemmo bene, visto quanti candidati dovemmo "ospitare" nei nostri collegi - eppure quel sistema era meglio di questo e permise di vincere, anche per la capacità di uno come Mauro Zani di scegliere persone adatte ai collegi. Questo però presuppone che i collegi - ossia il paese - bisogna conoscerli, e bene, e non so quanti di quelli che ci sono ora siano in grado di farlo. Servirebbe semplicemente un partito, ma dell'ex-Pd si possono dare molte definizioni, ma non certo chiamarlo partito.
Comunque, come vado dicendo da ormai un po' di tempo, francamente a questo punto non mi pare neppure troppo rilevante quale sia la nuova legge elettorale. Il problema vero infatti è la riforma costituzionale strisciante - e non dichiarata - fatta in questi anni per ridurre gli ambiti della democrazia, per annullare di fatto le prerogative del parlamento e delle autonomie locali, per delegittimare i partiti, che peraltro hanno fatto di tutto e di più per delegittimarsi. L'obiettivo - come dicono ormai senza infingimenti quelli delle autorità finanziarie internazionali - è modificare in maniera radicale le Costituzioni nate dopo la fine della seconda guerra mondiale, in senso autoritario. Il problema è la mancanza di democrazia, reale e sostanziale, che nessuna legge elettorale può ricostruire. Non c'è democrazia dove le decisioni popolari sono disattese, dove gli organi elettivi sono esautorati e dove è sistematicamente violata la Costituzione, ma soprattutto non c'è democrazia dove ci sono povertà e crisi; in Italia adesso chi prende le decisioni vuole che continui ad essere così.
Anche io preferirei il doppio turno e questa proposta di riforma elettorale mi lascia freddo. Ma il doppio turno non credo sarebbe passato in parlamento, perché al centro destra non piace. Diciamo che c'è stata una mediazione al minimo. Non sarei però così pessimista. È necessario che sia chiaro chi governi e chi si oppone. Certo, con questa legge si rischia di avere di nuovo coalizioni minestrone, un po' come la povera Unione del 2006
RispondiEliminaCredo che l'unica soluzione sarebbe tornare al proporzionale, dopo trent'anni di danni causati dal maggioritario, ma il proporzionale è sistema autenticamente democratico, e, come detto giustamente nel pezzo, le classi digerenti d'Europa non vogliono la democrazia, la schifano come la peste.
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