martedì 7 gennaio 2014

Verba volant (45): compito...

Compito, sost.m.

Incerta è l'etimologia di questa parola. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe di una variante di computo, dal verbo latino computare, ossia calcolare, per significare il lavoro di cui si deve calcolare la durata. Secondo altri deriverebbe dal participio del verbo complere, ossia completare, per significare il lavoro che si deve portare a compimento, che deve appunto essere completato.
Il 7 gennaio ricominciano le scuole di ogni ordine e grado, come si diceva una volta; bambini e ragazzi torneranno sui banchi e dovranno portare i compiti delle vacanze, che hanno dovuto fare in questi giorni di festa, magari con l’aiuto dei loro genitori.
In questi giorni - come succede regolarmente in ogni periodo, più o meno lungo, di vacanza - è tornato alla ribalta il tema dei compiti: servono davvero? sono troppi? si possono ridurre?
Lo scorso 21 dicembre la ministro Carrozza è intervenuta sul tema, parlando a una platea di duemila alunni pisani: Ragazzi - ha detto - chiedete ai professori di darvi meno compiti. Comprensibilmente la ministro è stata calorosamente applaudita, cosa che le succede raramente.
Ha poi cercato di rimediare, aggiungendo: Chiedete di farvi dare più letture, e invitando i giovani e le loro famiglie a visitare mostre, a seguire concerti, ad ascoltare musica classica e contemporanea. Questo si può anche fare - avranno pensato i giovani ascoltatori di Carrozza - in televisione danno sempre il concerto di Capodanno; è palloso, ma sempre meglio dei compiti. Temo invece che, nonostante l’auspicio della ministro, non ci sia stato nel corso di queste vacanze, un significativo incremento dell’attenzione verso la musica contemporanea.
Da un po’ di tempo la parola compito è entrata anche nel linguaggio politico.
E’ stato per primo il professor Monti a dire che l’Italia doveva fare i compiti a casa. Per come ce l’hanno spiegata, le cose sono andate più o meno così. In uno dei rituali incontri dei capi di governo dell’Unione europea, la cancelliera Merkel, con il severo cipiglio di una tutrice di Amburgo, ha tirato fuori dalla sua cartella i compiti da distribuire ai suoi recalcitranti allievi.
La signora maestra non ha però dato a tutti gli stessi compiti; agli alunni più bravi e obbedienti ha assegnato problemi di facile soluzione, esercizi semplici, insomma compiti che potevano impegnare non più di un pomeriggio, mentre per quelli meno bravi la cosa è stata assai più complessa. Anzi più uno era in difficoltà, più i compiti erano difficili: per la Grecia sono risultati praticamente impossibili da risolvere. Personalmente ho qualche riserva su questo metodo pedagogico tedesco, ma ormai va per la maggiore.
E noi i compiti li abbiamo fatti? Monti prima ha detto di sì, anzi ha detto che erano pure facili, poi ha provato a copiare da Rajoy, che però non ce li ha passati, alla fine ha detto che li avevamo fatti tutti, ma li aveva mangiati il cane Empy e che li avremmo portati al vertice successivo.
Poi li ha lasciati da finire a Letta che prima ha detto che sì li avrebbe fatti, poi - credo anche su suggerimento della ministro Carrozza - che non li avremmo più dovuti fare. Insomma abbiamo provato a schivarli, nella migliore tradizione italica.
Mi sa che questa è la volta che ci bocciano.

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