mercoledì 2 aprile 2014

Considerazioni libere (388): a proposito della smania di fare (e di disfare)...

E' un errore grave - e lo commettono in tanti purtroppo - considerare Renzi come una sorta di epigono di B., ossia pensare che il renzismo sia la continuazione del berlusconismo con altri mezzi. Certamente i due personaggi hanno molti tratti in comune, ma c'è una differenza sostanziale che credo non sia stata ancora valutata in maniera sufficiente e in tutta la sua portata. Proprio questa mancanza di analisi ci ha fatto commettere degli errori su Renzi e ce ne ha fatto sottovalutare il pericolo.
Per età, per convinzione profonda e anche per opportunismo politico, B. ha sempre rivendicato di essere un esponente di destra, anzi ha voluto essere - e lo è stato per molti anni - il capo di tutta la destra italiana, dai nostalgici del fascismo agli ultraliberisti, passando per il clericalismo vandeano. La sua capacità anzi è stata proprio quella di tenere insieme cose che in natura non starebbero insieme, portandole diverse volte alla vittoria elettorale. B. in sostanza è riuscito a fare quello che alla scuola elementare ci spiegano sia impossibile: sommare le mele con le pere. L'orizzonte politico di B. era quello novecentesco della distinzione tra destra e sinistra e infatti uno degli elementi della sua retorica è sempre stato un costante, orgoglioso e mai abiurato anticomunismo, che peraltro gli è stato necessario anche per raccogliere una parte significativa dell'eredità, non solo elettorale, dei socialisti italiani, che hanno sempre avuto un forte carattere anticomunista.
Naturalmente quel concetto aveva bisogno di essere aggiornato - anche perché nel frattempo i comunisti erano spariti - e il bersaglio polemico di B. sono diventati via via gli esponenti della vecchia politica, i burocrati italiani ed europei, i salotti buoni del capitalismo, i giornali, in buona sostanza - a fasi alterne e successive - tutto l'establishment, di cui pure lui era parte e che lo sosteneva. La sua abilità è stata quella di riuscire a etichettare di volta in volta tutti questi suoi avversari come comunisti. In questo bisogna dire che lo abbiamo aiutato parecchio anche noi: in questi vent'anni, mentre perdevamo via via l'anima, ci siamo aggrappati ai peggiori figuri, dai "capitani coraggiosi" di dalemiana memoria ai tecnocrati di rito montiano, e quindi è stato facile per gli aedi del berlusconismo sia sottolineare queste nostre sempre più evidenti contraddizioni sia additare i cosiddetti "poteri forti" come succubi dei comunisti.
Come ho già avuto modo di scrivere, B. è stata la fortunata invenzione della destra per coprire il vuoto che si era creato con lo sfaldamento dei partiti, soprattutto della Democrazia cristiana, che avevano garantito la stabilità del paese dalla fine della seconda guerra mondiale e soprattutto avevano impedito qualsiasi avanzamento delle forze progressiste. Come alla fine degli anni Sessanta decisero di usare le bombe e le stragi, così, nel passaggio storico segnato dalla caduta del Muro di Berlino, usarono B., uno strumento meno cruento, ma non meno pericoloso. Tra l'altro B. ha permesso a questo mondo oscuro di riavviare un rapporto organico con la mafia, che si era interrotto con l'uscita di scena di Andreotti.
L'ex sindaco di Firenze ora sta svolgendo sostanzialmente lo stesso compito che quelle stesse forze di conservazione avevano prima assegnato all'imprenditore lombardo e poi avevano demandato ai tecnici. Ma Monti e Letta si sono rivelati assolutamente inadeguati all'incarico a loro assegnato, almeno in una prospettiva temporale medio-lunga. Certo hanno portato a casa dei risultati importanti: l'adesione dell'Italia al fiscal compact e il commissariamento di fatto della politica economica, la distruzione del sistema previdenziale, l'avvio del processo di privatizzazioni e, dal punto di vista politico, la fine dell'esperienza storica del maggior partito di centrosinistra in Italia. Dopo aver indotto al suicidio il Pd, grazie anche alle trame di Napolitano, il compito di questi killer dell'ultraliberismo era finito: ormai il lavoro sporco era stato fatto. Adesso serviva qualcuno che portasse il paese in una stagione diversa: e Renzi è perfetto per questo ruolo.
Renzi - o chi per lui, personalmente non credo che il giovane fiorentino sia così intelligente da averci pensato da solo o da essere pienamente consapevole del suo ruolo - però ci ha messo qualcosa di più e di più grave, secondo me. Ha scardinato del tutto lo schema destra/sinistra che utilizzava B. e così ha le mani molto più libere nel trovare nemici, interni ed esterni, a cui addossare la colpa delle mancate riforme. Fausto Anderlini, in sua bella analisi, ha parlato di peronismo ed effettivamente l'esempio del dittatore sudamericano è l'unico che in qualche modo può servire a spiegare questo fenomeno. Renzi però, a differenza di Peron, non può più essere battuto in quel campo di gioco - ossia lo scontro novecentesco tra destra e sinistra - semplicemente perché lui non ci gioca più, e si è anche portato via il pallone. Adesso noi, anche solo per sperare di opporci a Renzi - non oso dire di sconfiggerlo - dobbiamo accettare le sue regole, e quindi lui ovviamente parte molto favorito.
In queste poche settimane di governo Renzi ha già potuto indicare come propri nemici - e quindi come nemici dell'Italia - la Confindustria, la Cgil, i rigoristi del fiscal compact, i "professoroni" che hanno firmato un appello contro la sua proposta di riforma costituzionale e così via; ovviamente non c'è nessuna coerenza in questo elenco, ma Renzi non insegue una coerenza, impone la propria coerenza. Da una parte c'è Renzi, ossia il nuovo, il bello e il buono che verrà, e dall'altra parte ci sono tutti gli altri, senza distinzione di ruoli e di schieramenti, ossia il vecchio, il cattivo che ci portiamo dietro dal passato. In questo modo lui ha le mani assolutamente libere e l'unico discrimine che rimane in campo è quello tra il fare - questa è la parola chiave della sua ideologia nuovista - e l'immobilismo del passato. Non importa cosa il governo stia facendo, l'importante è che stia facendo qualcosa.
Adesso è anche più chiaro perché per Renzi era così indispensabile diventare capo del governo. La sua non era e non è una battaglia politica o culturale che poteva essere combattuta dal ruolo di segretario di partito, per quanto in questo ruolo fosse legittimato da un mandato ampio. Lui doveva assolutamente entrare nella "stanza dei bottoni", come avrebbe detto Nenni; questo non l'abbiamo capito subito e lui ci ha battuto in velocità. Ora, dal governo, essendo riuscito a far prevalere questa idea distorta della politica, Renzi è diventato invincibile, perché ha la possibilità di fare e nessuno lo può giudicare per il merito delle cose che fa, ma tutti lo possono applaudire solo perché fa.
Provate a parlare con uno dei tanti sacerdoti del renzismo che popolano la rete; io per fortuna li ho praticamente cancellati tutti dalla mia lista di amici. Quando si critica il "caro leader", la prima cosa che ti dicono è che però lui sta facendo, mentre noi non abbiamo mai fatto nulla. Emblematico è il caso delle riforme istituzionali. Effettivamente sono anni che si discute della necessità di superare il bicameralismo perfetto e non si è giunti a nessuna conclusione; Renzi ha fatto approvare al suo governo un disegno di legge costituzionale in cui non solo si modifica il bicameralismo perfetto, ma si abolisce tout court il Senato. E temo ci riuscirà, perché chi avrà il coraggio di opporsi a questa legge - come ha tentato, seppur tardivamente, il presidente Grasso - finisce immediatamente nella gogna dei vecchi. Renzi ha gioco facile adesso a dire che Grasso e chi vuole difendere il Senato vuole soltato difendere i propri provilegi e un popolo, stanco dei privilegi di una classe politica autoreferenziale, accetta di buon grado l'abolizione del Senato, anzi la vive come una propria vittoria, e sente Renzi come il campione della propria vendetta. Non a caso Renzi, per giustificare questa proposta, non parla del farraginoso meccanismo di formazione delle leggi, ma la pone tutta sul piano economico: i senatori costano - e costano tanto - quindi aboliamoli. Bravo. Grazie. Il sistema della autonomie locali è complesso, i livelli di decisione sono troppi e troppo confusi. E' vero, per questo servirebbe una riflessione e una semplificazione del sistema delle autonomie, ma questa è una discussione che non ha alcun appeal. Per questo Renzi la butta sui soldi: le Province costano - e costano tanto - quindi aboliamole. Bravo. Grazie.
Persone ben più preparate dal punto di vista costituzionale di me hanno spiegato perché abolire il Senato è un pericolo molto grave: si scardina un sistema che aveva una sua coerenza, togliendo dei pezzi in maniera incoerente. L'obiettivo di Renzi - naturalmente uso sempre il nome del presidente del Consiglio per semplicità, ma voglio sempre indicare chi sta dietro di lui, i poteri che lo sostengono e lo dirigono - è proprio quello di limitare la democrazia nel nostro paese, perché meno democrazia significa anche minori diritti sociali e maggiore diseguaglianza economica. Chi sta dietro a Renzi e al suo infelice partito ha questo scopo; credo sarebbe ora che lo capissero anche gli amici della sinistra che si ostinano a far loro da stampella, che credono ancora che ci sia qualcosa di riformabile in quel partito; penso ad esempio ai compagni di Sel che si dedicano a questo obiettivo con una perseveranza che sarebbe encomiabile, se non fosse ormai indice di ottusità. Il Pd dei renziani - e dei servi sciocchi che fanno la minoranza - non è riformabile e quindi è sbagliato, secondo me, continuare a tentare un'alleanza con loro.
Francamente non so se la lista Tsipras avrà un risultato incoraggiante e soprattutto non so se, da lì - nonostante i rancori, i sospetti, le divisioni - potrà nascere qualcosa di diverso, qualcosa che almeno ci permetta di resistere, di riordinare le fila, qualcosa che ci dia il tempo di pensare. Agire in fretta in questa fase ci potrebbe far commettere degli errori esiziali. Ricordate i vecchi film western? Attaccati dagli indiani, i pionieri mettevano i carri in circolo e cercavano di resistere, in attesa del provvidenziale arrivo del settimo cavalleggeri. Ora, noi dobbiamo mettere i carri in circolo e provare a resistere, anche se sappiamo che non verrà nessuno a trarci d'impaccio; anzi, i cavalleggeri, quando arriveranno, cominceranno a spararci addosso anche loro.   

1 commento:

  1. Be’, un’analisi acuta, come spesso succede. Credo che Renzi sia il volto “presentabile” dell’antipolitica; utile per contrastare l’eversivo Grillo, utile per cercare di contrastare l’antipolitica dall’interno e non dall’esterno. Non so se tutto corrisponda effettivamente a un disegno; né vale l’argomento per cui qualche riforma è meglio che niente (quella elettorale alla fine è orrenda). Tuttavia, questo è il risultato di vent’anni di politica passiva, in cui B. ha spadroneggiato, e la sinistra, anche quella “radicale”, in preda al solito atteggiamento infantile, ha spesso fatto il gioco di B., fino a sparire (per me giustamente) dal Parlamento. Il problema è dunque questo: Renzi può essere la “cura” sbagliata per una malattia cronica (l’incapacità di riformare questo paese), ma è una cura che, al punto in cui siamo, credo sia inevitabile. In Italia non si può mai abolire o riformare niente: subito si alza il coro per fermare qualcosa (il Senato, le province, gli Enti inutili). Ed è proprio questo atteggiamento chiuso e, alla fine, conservatore, a favorire Renzi. Non mi sembra difficile capirlo. Visto che molti cittadini sono giustamente incacchiati con i politici, Renzi ha buon gioco nel mostrare innovatore, vincendo le resistenze di molti (diciamo la verità: il Presidente del Senato è andato oltre il suo ruolo, avvertendo Renzi che non avrà i numeri. Siamo matti?). Non so, non vorrei per esempio che la lista Tsipras fosse una scelta di retroguardia: rispondere al renzismo con una riproposizione di una politica di sinistra d’antan, rinunciando a combattere la sfida per cambiare l’Italia con proposte alternative a quelle di Renzi è pericoloso. E poi, dopo vent’anni di deleterio anti-berlusconismo, siamo attenti a non cadere nell’antirenzismo.

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