mercoledì 15 ottobre 2014

Verba volant (134): sicurezza...

Sicurezza, sost. f.

Le parole - l'ho raccontato molte volte qui a Verba volant - spesso fanno giri strani e alcune volte cambiano significato nel corso del tempo. Oppure, anche quando non cambiano significato, possono assumere un senso diverso, a seconda di chi parla e di chi ascolta; proprio come è successo alla parola sicurezza.
Questa è una parola che negli ultimi anni è diventata ricorrente nel vocabolario dei politici di destra - e di quei politici di sinistra che cercano di scimmiottare quelli di destra, per vincere le elezioni. Ci hanno detto che la nostra società è sempre meno sicura, dando per lo più la colpa di questa situazione alle persone che in questi anni sono venute a vivere nelle nostre città, arrivando da paesi molto lontani. Negli Stati Uniti, in nome della sicurezza, hanno limitato alcuni diritti umani fondamentali e hanno giustificato l'uso - peraltro ingiustificabile - della tortura. E così sicurezza è diventata una parola che è cominciata a piacermi poco, a diventarmi in qualche modo indigesta; il suo uso è diventato un segnale - quasi inconscio - che quello che sta parlando è qualcuno di cui non posso fidarmi.
Eppure sicurezza è una bella parola che noi di sinistra dovremmo "riscoprire", anzi è una parola che ci dobbiamo riprendere.
Mi è venuta in mente questa considerazione guardando le immagini di Genova. E' una città in cui sono stato poche volte, ma amo la Liguria - di cui conosco meglio i due punti estremi, a levante e a ponente - e so, come voi, che si tratta di una terra fragile, che richiede da parte degli uomini una cura particolare. Quello è un territorio che dobbiamo mettere in sicurezza. Lo so che oggi lo dicono tutti - anzi lo dicono tutti ogni volta che capita una disgrazia di questo tipo - però noi non possiamo stancarci, dobbiamo continuare a dirlo e soprattutto dobbiamo denunciare quelli che lo dicono e poi non lo fanno.
Come sapete io sono pessimista, molto pessimista, sul futuro di questo paese, che credo ormai destinato a erodersi sotto la pioggia - proprio come sta succedendo alla Liguria - eppure, se vogliamo davvero pensare che un'Italia diversa sia possibile, bisogna partire da lì, dalla ricostruzione paziente del territorio, dalla sistemazione degli argini, dal consolidamento delle frane, dalla cura delle coste, dalla tutela dell'ambiente, con tutto quello che questo comporta, in termini di scelte strategiche per lo sviluppo. Questa è il modo giusto di declinare la sicurezza.
E non possiamo stancarci, perché dobbiamo mettere in sicurezza il nostro patrimonio culturale, le opere d'arte, i reperti archeologi, perché dobbiamo mettere in sicurezza i libri, la musica, la bellezza. Per tutti.
L'aggettivo latino securus, da cui deriva quello italiano e quindi il sostantivo sicurezza è il composto di se-, che indica separazione o privazione e del termine cura, che significa preoccupazione; quindi questo termine significa propriamente senza preoccupazione. Ecco un altro senso di questa parola per cui dobbiamo tornare ad alzare la bandiera della sicurezza, perché noi dobbiamo lavorare per offrire ai giovani - e non solo a loro - un lavoro sicuro, ossia che garantisca alle persone un reddito equo e soprattutto che abbia una prospettiva di continuità - anche per questo io sarò in piazza a Roma il 25 ottobre. Sappiamo bene che non c'è sicurezza sul lavoro, perché non cala il numero degli incidenti, ma la precarietà e la flessibilità hanno tolto alla quasi totalità dei giovani la possibilità di pensare al loro futuro senza preoccupazioni, perché sanno che il loro lavoro potrebbe finire domani o dopodomani, perché sanno che il loro contratto è in scadenza e sanno che potrà non essere rinnovato. Una persona che subisce ogni giorno questo ricatto non può essere sicura, e quindi non può essere realizzata e felice.
I paladini della sicurezza ci raccontano un mondo che non ci piace, fatto di muri, divieti, controlli, un mondo in cui si ha paura e di cui si ha paura. Un mondo sicuro invece è un mondo felice, in cui si sta bene, in cui si ha anche la forza e la capacità di affrontare i rischi che inevitabilmente succedono.
I bambini di oggi corrono certamente meno rischi di quanti ne abbiamo corsi noi alla loro età e molti di meno di quanti ne hanno corsi i nostri genitori prima di noi. Sono oggetto di una sicurezza che a volte ci pare maniacale, anche se ovviamente è spesso giustificata, perché non è un bel mondo questo per crescere. Fatico però a pensare che questa sicurezza, questo controllo ossessivo - al di là del fatto che non è poi efficace, perché non ci si può difendere da tutto e da tutti - li faccia vivere meglio.
Allora forse dobbiamo imparare a essere sicuri nelle cose importanti. Importanti davvero.

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