lunedì 16 maggio 2016

Verba volant (272): indagare...

Indagare, v. tr.

Ormai lo sapete: ho fatto politica per molti anni, quasi venti. Ma certo non sapete - a meno che non siate bolognesi dotati di buona memoria - che in questo lungo periodo della mia vita - per molti aspetti così importante - una volta sono stato iscritto nel registro degli indagati. In quegli anni a Bologna c'era un sostituto procuratore che si era specializzato in indagini riguardanti i dirigenti del Pds e poi dei Ds. Praticamente tutte queste sue indagini caddero nel vuoto: fu così anche per quella che riguardò me e altre persone, tra cui un sindaco di Bologna e gli esponenti della sua giunta. Al termine del tempo previsto, dopo tutte le proroghe possibili, fu lo stesso sostituto a chiedere l'archiviazione; per tutti. Quelle indagini comportarono delle spese a carico dei cittadini, richiesero tempo, probabilmente distolsero l'attenzione da altre questioni più importanti, ma, al di là di tutto questo, francamente ho sempre avuto l'impressione che a lui interessasse poco il merito della questione, tanto il suo obiettivo era stato raggiunto: qualche articolo del Carlino, quando la notizia venne fuori, a cui naturalmente non ne seguì nessuno quando fu decisa l'archiviazione. Il messaggio era chiaro: sono tutti uguali, anche "loro" rubano come gli altri. Non incontrai mai quel magistrato, se non qualche volta al cinema - Bologna è una città piccola - ma naturalmente lui non sapeva chi ero io. Non gli interessava minimamente: voleva colpirmi per quello che facevo, per quello che ero. Produssi molti documenti per spiegare le mie ragioni e davvero di quei mesi ricordo soprattutto che feci tante fotocopie, spesso di documenti che avevo già presentato settimane prima e che non si sapeva dove fossero finiti.
Ho ricordato questo episodio di molti anni fa, per dire che il rapporto non sano - per usare un eufemismo - tra politica e magistratura non è certo questione di oggi. Personalmente, anche prima che mi capitasse questa disavventura, non ero mai stato tra coloro che apprezzavano quelli che sventolavano i cappi o lanciavano le monetine. Davo allora - e dò oggi - un giudizio molto duro di Bettino Craxi, ma più per la politica, più per quello che ha fatto - e non ha fatto - quando ha avuto la possibilità di guidare questo paese che per le vicende giudiziarie, che pure sono gravi e che hanno determinato la sua fine politica. Allo stesso modo non mi sono mai scagliato contro la magistratura, anche se ne ho conosciuto la parte peggiore. Ricordo che alla notizia dell'indagine, un consigliere dell'opposizione di Granarolo, un craxiano convinto con cui spesso mi ero scontrato, mi espresse la sua solidarietà, dicendo che finalmente avrei capito quello che avevamo fatto passare al suo segretario e disse che un po' mi invidiava, perché nella sua militanza politica non poteva vantare un'indagine a suo carico. A me sinceramente quell'indagine non fece alcun piacere, non la considerai una cosa di cui vantarmi, ma, proprio perché ero sicuro che non avevo commesso nessun illecito, non pensai neppure di dimettermi dalle cariche che avevo allora o di smettere di fare politica. Tutt'altro: sentii la spinta a continuare.
Ripensando a quegli anni credo che se ci dobbiamo imputare qualche colpa sia stata quella di essere "teneri" nella polemica verso quei magistrati che usavano il loro ruolo, il loro potere, il loro prestigio, contro una classe politica che di prestigio ne aveva sempre meno. Penso che sbagliammo a lasciare la polemica contro i giudici agli altri, molti dei quali erano poi effettivamente colpevoli. Avremmo forse dovuto dire che il sistema stava prendendo una direzione che sarebbe stato difficile modificare. Era complicato allora fare questa distinzione, non ne avemmo il coraggio, perché i magistrati erano tutti eroi e i politici erano tutti gente poco perbene, nell'immaginario dell'opinione pubblica, immaginario peraltro ben costruito da soggetti che avevano tutto l'interesse a delegittimare la politica. Certo non lo facemmo. Molti di noi subirono queste indagini in silenzio.
Come potrete immaginare, ho ripensato a queste vicende lontane, guardando a quello che succede nel nostro paese, in particolare in una dimensione che conosco bene, ossia quella delle amministrazioni comunali. Oggi è difficile fare il sindaco senza essere indagato, senza essere il destinatario di un avviso di garanzia. Anche perché per l'opposizione fare degli esposti, delle denunce, è diventato il modo normale di fare politica. Perché prendersi la briga di fare opposizione, di studiare, di elaborare delle alternative, tutte cose difficili? Basta scrivere un bell'esposto e tanto un giudice a cui non va bene l'amministrazione in carica lo si trova sempre. Parte l'indagine, magari il sindaco si dimette - o o fanno dimettere i suoi - e, visto che abbiamo inventato questo sistema che se va a casa il sindaco, si va a a casa tutti, si fanno nuove elezioni. E arriva un nuovo sindaco, magari un esponente dell'opposizione. Contro cui viene presentato un nuovo esposto e così via. Ricomincia la giostra.
La prima responsabilità di questa situazione sta naturalmente nella debolezza della politica, in parte intrinseca, in parte - come dicevo - indotta a forza. Ma c'è anche un sistema di leggi, di norme, di codici e codicilli, farraginoso e bizantino, in cui è difficile districarsi, anche perché spesso all'interno delle amministrazioni comunali mancano le competenze. In questi anni alla debolezza della politica si è accompagnata una debolezza della struttura amministrativa, della burocrazia, anche perché i dirigenti vengono scelti più per la propria fedeltà all'amministrazione che per le reali competenze, e così si alimenta un corto circuito pericoloso.
Non entro nel merito delle ultime vicende di attualità, ma oggettivamente adesso a chi mai verrebbe voglia di fare il sindaco? A Forrest Gump o a Pietro Gambadilegno. Il primo non si rende conto di cosa gli succede intorno e rischia di diventare una facile pedina per gli interessi di altri, il secondo ha ormai una scorza così dura che l'ennesimo avviso di garanzia non gli fa né caldo né freddo, anche perché i cittadini - tutti noi - siamo così abituati alla corruzione, che non ci facciamo neppure più caso. E piano piano i cittadini normali, quelli che non sono troppo stupidi o troppo corrotti, si allontanano, e, anche quando si avvicinano, vengono allontanati. Non si sa mai: a volte la normalità è contagiosa.
Da tutto questo chi ci guadagna? Sempre i peggiori ovviamente, quelli che riescono a piegare la politica ai loro interessi, quelli che se ne fregano dei bisogni dei cittadini o della difesa del territorio, ma hanno bisogno di costruire nuove strade, nuovi centri commerciali, nuove case in cui non andrà ad abitare nessuno. E ci guadagna soprattutto chi ha interesse a convincerci che la politica fa schifo, tutta, da tutte le parti, chi ha interesse che la partecipazione al voto cali, perché è più economico corrompere pochi che molti. Ci guadagnano quelli sta preparando una soluzione in cui la politica serva sempre meno, perché la politica costa - e quindi togliamo di qui e di là, dai senatori ai consiglieri provinciali - perché la politica è troppo lenta - mentre uno solo decide in fretta - perché la politica fa nascere contrapposizioni, mentre ci sono soluzioni tecniche che sono perfette, che vanno bene a tutti, che non sono né di destra né di sinistra. Se vi sembra di riconoscere formule e personaggi che in questi tempi vanno per la maggiore è perché è proprio così che è andata. Quelli di Repubblica e del Corriere non vedevano l'ora che fossero indagati i sindaci del Movimento Cinque stelle, perché questo è il segno che la politica è irrecuperabile e la soluzione è sempre quella: meno democrazia.
Naturalmente possiamo anche andare avanti così e continuare a essere contenti se il sindaco del partito a noi avverso riceve un avviso di garanzia - e io, da vecchio fazioso, continuo a essere contento quando un sindaco del pd ne riceve uno - ma se andiamo avanti per questa strada, se continuiamo a preferire la via giudiziaria a quella politica, se non richiamiamo i cani che tutti abbiamo sguinzagliato, ne farà la spese la democrazia. Che sta sempre peggio.

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