Confine, sost. m.
Una cosa che dovremmo aver imparato dalla storia del Novecento è che in natura non esistono i confini. Esistono i fiumi, che delimitano quello che è di qua da quello che è di là, esistono le montagne, che sembrano segnare una cesura tra due valli, ma da sempre gli uomini hanno costruito i ponti per superare i fiumi e hanno cercato le vie più comode per attraversare le montagne. Proprio perché gli uomini, quando sono semplicemente animali e ragionano come tali, non riconoscono confini. Neppure i mari segnano davvero un confine, anzi anticamente il mare - penso al Mediterraneo - è qualcosa che univa gli uomini che vivevano sulle sponde dell'Europa a quelli che stavano sulle sponde africane. Questa unità profonda del Mediterraneo è stata spezzata soltanto dalla religione - di qua i cristiani e di là i musulmani - un elemento assolutamente artificiale, che non ha nulla di naturale.
Sono gli uomini - quando dimenticano di essere animali in mezzo agli altri animali - che costruiscono i confini, prima li disegnano e poi li custodiscono, li fortificano, a volte tentano perfino di blindarli, costruendo mura sempre più alte e barriere sempre più invalicabili. Spesso con scarso successo, perché non esistono barriere invalicabili. Il Novecento inizia con una guerra - che forse allora a quelli che la cominciarono poteva sembrare uno dei tanti conflitti che regolarmente vedevano contrapposte le potenze europee - destinata a cambiare i confini di gran parte dell'Europa e anche di molti altre parti del mondo. Il tentativo di dare un ordine al mondo secondo quei criteri imposti dai vincitori è all'origine di drammi le cui conseguenze subiamo ancora oggi. Alla fine della prima guerra mondiale furono ridisegnati i confini di quel paese che anni più tardi abbiamo imparato a conoscere come Jugoslavia e proprio in quel disegno, approssimato e fatto da persone che non conoscevano quella realtà, ci sono le basi dei conflitti che hanno tormentato quella regione, conflitti che adesso sembrano sopiti, ma che non sono stati risolti. Proprio un secolo fa furono ridisegnati i confini di quei territori del Medio oriente che fino ad allora erano sotto il controllo dell'Impero ottomano - confini tracciati con linee rette, perché gli europei credevano di poter disporre di quelle terre lontane con un semplice tratto di stilo - e in quelle linee, così arroganti, ci sono le basi del conflitto in Siria che tanto ci preoccupa.
Nonostante i confini non esistano in natura, noi continuiamo a costruirli. Se ci pensate l'unico vero tema di cui sembra discutere l'Unione europea è proprio questo: definire i propri confini e quindi chi è dentro e chi è fuori da essi e capire come difenderli, affinché quelli che sono fuori non tentino di entrare. Come credo abbiate capito io non amo i confini, perché non capisco per quale ragione quell'uomo che è uguale a me debba avere meno diritti - e anche meno doveri - solo perché è nato al di là di una riga che né io né lui abbiamo definito.
La nostra storia recente vive poi un paradosso. Mentre siamo impegnati a costruire sempre nuovi confini - un candidato alla carica di presidente degli Stati Uniti basa la propria fortunata campagna quasi esclusivamente su questo tema, segno evidente che questa costruzione è ancora ben solida - c'è una forza che ha abolito per sé ogni confine. Nel Novecento i capitalisti inglesi potevano ancora pensare di combattere contro i capitalisti tedeschi, potevano credere che i loro interessi fossero in contrapposizione con quelli degli altri, ma a un certo punto i capitalisti, inglesi e tedeschi, hanno capito che queste lotte potevano indebolirli e così il capitale ha eliminato per sé ogni forma di confine. La cosa curiosa è che il capitale ha preso l'idea dal suo nemico, perché qualcuno aveva immaginato che i proletari di tutto il mondo avrebbero dovuto unirsi, per combattere insieme proprio contro il capitale. Invece si sono uniti i capitalisti di tutto il mondo, che ora sono l'unica internazionale funzionante, anzi ogni giorno più forte, più spietata, più crudele. E proprio in forza del fatto che loro non hanno più confini - né limiti, perché sono smodatamente voraci e sfrenatamente violenti - impongono a noi quei confini di cui dovremmo liberarci e che invece spesso invochiamo, perché siamo convinti che i confini ci proteggano. Invece saremo più sicuri, più forti e più liberi solo quando avremo anche noi abbattuto i confini. Allora comincerà finalmente la lotta.
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