lunedì 22 maggio 2017

Verba volant (385): rispetto...

Rispetto, sost. m.

Francamente abbiamo parlato troppo di questa storia dei vaccini - l'ho fatto anch'io in un'altra definizione - e soprattutto ne abbiamo parlato male, senza mai davvero ascoltarci. Lo facciamo sempre di più, anche su argomenti meno importanti di questo. Ora io non voglio tornarci, però credo che questa vicenda possa raccontare qualcosa di noi, di quello che siamo diventati, meglio di tanti saggi e studi sociologici.
Al netto di tutte le speculazioni politiche, delle polemiche più o meno capziose, anche dei ragionamenti in buona fede, cosa ci dice questa storia? Semplicemente che non siamo più disposti a fidarci, che non abbiamo più rispetto per gli altri, o che ne abbiamo sempre meno.
Sarà che io sono nato e cresciuto in campagna nei Settanta del secolo scorso, ma ricordo un mondo un po' diverso da questo. Mio nonno, il padre di mia madre, faceva il mio stesso lavoro: l'impiegato comunale. Era maestro elementare, scoppiata la guerra era diventato ufficiale, poi non aveva aderito alla repubblica di Salò e non appena finì la guerra, siccome era socialista e aveva un po' studiato, entrò in comune; nulla di particolarmente eroico, una storia come tante, ma mio nonno, proprio perché era un dipendente comunale, era una persona stimata nel suo paese. Il suo giudizio valeva qualcosa, anche al di là dei suoi meriti e dei suoi demeriti; e come lui gli altri che facevano quello stesso lavoro. Per me e per quelli della mia generazione non è così; anzi se godo di un qualche credito è nonostante il fatto che sia un dipendente pubblico.
Ora non credo che quel mondo là fosse migliore di questo solo perché si credeva a quello che dicevano gli impiegati comunali, i dottori - a cui si faceva il regalo per natale - i maestri - anche quando tiravano una sberla ai loro alunni - si credeva perfino a quello che era scritto sui giornali e a quello che dicevano i politici. Anche allora i dottori mentivano, per incapacità o per dolo, figurarsi i politici e i giornali, però in quel mondo là c'era un rispetto diverso dei ruoli. E delle persone. Un rispetto di cui non godevano le donne e questo era un problema molto grave di quella società, su cui per fortuna c'è stata una reazione, c'è stata una battaglia, il cui esito però non è così scontato come ci illudiamo che sia.
Mi piacerebbe capire quando abbiamo smesso di avere questo rispetto, quando il mondo è così cambiato. Immagino che molti di voi mi considereranno un conservatore perché faccio un discorso del genere, che avrebbe potuto fare mio nonno, che infatti lo era, nonostante fosse socialista, perché ad esempio pensava che sua moglie avesse meno diritti di lui di decidere sulle questioni importanti della famiglia; e sua figlia ancora meno. Provo a non essere come mio nonno e credo che lui su molte cose sbagliasse, però non riesco neppure a farmi andare bene una società come la nostra, in cui non ci fidiamo più di nessuno. E in cui, quando leggiamo una notizia sul giornale, pensiamo sia manipolata, in cui siamo convinti che i medici siano tutti al servizio delle industrie farmaceutiche, e potrei andare avanti così facendo molti altri esempi, ma lo sapete anche voi, lo sentite tutti i giorni.
Poi il rispetto bisogna meritarselo e so bene che non ce lo meritiamo, tutti noi. Se non ci fidiamo è perché sono più le volte che ci hanno mentito di quelle che ci hanno detto la verità, ma anche perché noi abbiamo spesso mentito, e siamo pronti a farlo per averne un vantaggio. Siccome non abbiamo rispetto di noi stessi e sappiamo che saremmo pronti a fregare gli altri, se fossimo sicuri di farla franca, non abbiamo neppure rispetto per gli altri e pensiamo siano sempre lì pronti a ingannarci per il loro tornaconto. Per questo non è un bel mondo quello che stiamo per lasciare ai nostri figli.
La parola rispetto ha un significato etimologico interessante: deriva dal verbo latino respicere che propriamente significa guardare di nuovo, guardare due volte. E noi spesso non guardiamo neppure una volta, tanto siamo convinti di sapere già tutto. Avere rispetto non è solo fidarsi in maniera cieca di quello che ci dicono, solo perché quelli che ce lo dicono sono più importanti, più ricchi, più famosi di noi, ma capire quello che ci dicono, anche non accontentandosi, capire quello che ci vogliono dire. Usare la critica, pensare con la propria testa, non è sinonimo di non fidarsi, come avviene adesso, ma di riconoscere di chi fidarsi, sapendo che gli altri si possono fidare di noi. Perché il rispetto si concede, ma si ottiene, nello stesso tempo e nello stesso rapporto; questa regola vale in famiglia, come nella società. E una società in cui ci si fida funziona un po' meglio, e forse non è un caso che vogliono che non ci fidiamo, vogliono che siamo sempre così violentemente diffidenti, vogliono che non ci parliamo e non ci ascoltiamo.    

Nessun commento:

Posta un commento