lunedì 29 maggio 2017

Verba volant (387): campione...

Campione, sost. m.

Ammetto di invidiare un po' gli amici di Roma e della Roma, perché hanno avuto un campione come Francesco Totti. Io non ne ho mai avuto uno così: da ragazzino tifavo per il Bologna e, vista la mia età, mi sono dovuto esaltare per la promozione in serie B della mia squadra del cuore, grazie ai gol di Sauro Frutti. Ma soprattutto li invidio perché, salutando Totti nella sua ultima partita, hanno avuto l'opportunità di provare, anche se per un solo pomeriggio, anche se solo per una manciata di ore, la gioia infantile che lo sport, e il calcio in particolare, non riescono più a dare a tanti di noi. So che molti di voi sono ancora appassionati tifosi, anche se è passata per voi, come per me, l'età dell'innocenza: ovviamente sono contento per voi, ma personalmente fatico a risentire la gioia di allora. Delle domeniche a guardare 90° minuto, della lettura furtiva dello Stadio mentre stavo in edicola ad aiutare mia nonna, della schedina che facevo con mio nonno, dato che avevo il compito di ricopiare i sistemi. La schedina non c'è più, lo Stadio non c'è più e credo che 90° minuto sia ormai una delle tante trasmissioni di calcio, con i soliti ospiti e le solite polemiche.
La domenica in cui Roma ha salutato il proprio capitano ha segnato anche la conclusione del Giro d'Italia. Me la ricordo la cronometro finale del Giro dell'84 quando Francesco Moser, fino allora secondo a più di un minuto da Fignon, con una gara perfetta, riuscì a ribaltare il risultato e indossò la maglia rosa. Ricordo i pomeriggi di maggio in cui facevo i compiti il più velocemente possibile per vedere le telecronache delle tappe del Giro: in tanti abbiamo imparato così un po' di geografia. Si tratta di un ricordo bello. E' da molti anni che non guardo una tappa in televisione, anche se potrei, anche se non ho più da fare i compiti.
Probabilmente tutti tendiamo a ricordare solo le cose belle degli anni della nostra adolescenza e quindi li mitizziamo, come facevano i greci che descrivevano la giovinezza della loro stirpe chiamandola l'età degli eroi. Era il tempo della guerra di Troia, e quindi un tempo di cui avrebbero serbare memoria delle terribili conseguenze della guerra, delle uccisioni, dei riti sacrificali umani, degli infanticidi; invece, grazie a Omero e agli aedi come lui, lo hanno mitizzato. E anche lo sport e il calcio della mia giovinezza non erano probabilmente molto meglio di quelli che ci sono ora: il doping nel ciclismo non è certo una novità di questi ultimi anni e i farabutti nel calcio c'erano allora come oggi. Il Bologna finì in serie C anche a causa di avventurieri che oggi ci paiono educande, ma che comunque ebbero responsabilità precise nella rovina dello sport.
Certo ora c'è intorno allo sport, e al calcio, un'esasperazione mercantile che probabilmente allora non c'era, o di cui forse non si rendevano conto, perché altrimenti l'avrebbero sfruttata anche allora. Il calcio era ed è un grande affare, che noi contribuiamo ad alimentare con la nostra passione, con il nostro entusiasmo. Allora non lo vedevamo - non riuscivamo perché troppi giovani - e adesso non lo vogliamo vedere, anche se sappiamo che c'è, perché forse preferiamo sentirci ancora giovani, ancora ragazzini.
Francesco Totti è anche una grande operazione commerciale - ce lo ricordiamo ogni volta che ci imbattiamo in uno dei tanti spot di cui è protagonista - e quindi è una bella illusione, ma la sua storia è vera e grazie a questa storia possiamo fidarci di tornare bambini, anche per un solo pomeriggio.

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