Ideologia, sost. f.
Sono nato e cresciuto in un tempo in cui i vertici tra il presidente degli Stati Uniti e il segretario generale del Pcus raccontavano il mondo in cui vivevamo.
Non era un bel mondo: era un tempo dominato dalla paura del conflitto nucleare - una guerra che abbiamo tante volte raccontato, visto al cinema, letto nei romanzi - e da guerre di cui forse non abbiamo parlato abbastanza. La storia della seconda metà del Novecento - un secolo drammatico anche se pieno di speranze - è stata la storia di questo equilibrio tra una guerra minacciata e mai combattuta e tantissime guerre che hanno lasciato sul campo milioni di morti e distrutto molte di quelle speranze. E tu potevi - o meglio dovevi - scegliere da che parte stare, perché in quel mondo c'era la politica. Ovviamente potevi stare da una parte o dall'altra senza riconoscerti del tutto in quella ideologia, potevi pensare che la tua parte sbagliasse su una determinata questione, potevi essere critico, ma non potevi esimerti da fare una scelta di campo.
Magari sceglievi una parte piuttosto che un'altra per una qualche ragione specifica, perché stavi dalla parte dei vietcong e di Allende o contro lo sfruttamento dell'Africa, ma sapevi che quella era la tua parte. Il bello del Novecento, quello che ha dato senso a quel secolo, è proprio il fatto che noi avevamo un'ideologia, ossia un insieme di valori condivisi che ci permettevano di interpretare il mondo e di lottare per cambiarlo.
Ovviamente sapevamo - e tanto più sappiamo ora - che quelle guerre nascondevano interessi molto meno nobili di quelli che ci raccontavano e che noi raccontavamo. E' sempre successo. La guerra di Troia non è stata combattuta per gli occhi di Elena, ma per il controllo dello stretto dei Dardanelli e quindi del commercio con le fertili e ricche regioni che si affacciavano sul mar Nero; ma su questo tema Omero non sarebbe mai riuscito a scrivere l'Iliade. E proprio in nome di questi "affari" poteva capitare che Usa e Urss trovassero degli accordi, come accadde nel '56 a Suez. Però la politica era comunque più forte.
I due presidenti che si sono incontrati ad Amburgo, anche se fingono di avere lo stesso potere dei loro predecessori, non raccontano affatto cose è diventato il mondo, o meglio ne descrivono il suo tratto peggiore. Neppure questo in cui viviamo è un bel mondo, anzi è peggiore di quello in cui siamo cresciuti perché ha escluso la politica, l'ha sconfitta, proprio partendo dal rifiuto delle ideologie. Perfino questa parola ora è diventata una sorta di insulto. Se non ci fosse stato il Russiagate - e il gossip che questo supposto scandalo ha alimentato - l'incontro tra Trump e Putin sarebbe stato ignorato, perché effettivamente è sostanzialmente inutile. Non sono quelle due persone che decidono di fare la guerra e la pace, non sono quei due paesi a determinare le scelte del mondo. Stiamo combattendo un'altra guerra e chi la decide non si riunisce in questi inutili vertici internazionali, contro cui è altrettanto inutile dimostrare.
Stiamo combattendo la guerra di classe. Stiamo perdendo la guerra di classe. E abbiamo quindi bisogno, ancora una volta, di un'ideologia per interpretare il mondo e per cambiarlo.
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