giovedì 7 settembre 2017

Verba volant (430): malaria...

Malaria, sost. f.

Malaria è la parola di origine latina con cui in tutte le principali lingue indoeuropee è conosciuta la seconda malattia infettiva al mondo per mortalità, dopo la tubercolosi, con oltre 200 milioni di nuovi casi e quasi 440mila decessi all'anno; il 40% della popolazione mondiale vive in zone in cui la malaria è endemica.
Di malaria quindi dovremmo cominciare a parlare, e non solo quando qualcuno si ammala nel nostro paese. Peraltro l'Italia è stata per secoli una terra della mala aria. Ne morì Dante, che la contrasse in un viaggio tra Venezia e Ravenna. Carlo Levi, in Cristo si è fermato a Eboli, racconta come questa malattia fosse endemica tra i contadini di Gagliano, il paese della Lucania dove era stato mandato in confino dal regime fascista.
Non esiste un vaccino per debellare la malaria, ma è una malattia che ormai può essere curata, se riconosciuta e affrontata in maniera adeguata. Certo è ancora possibile che qualcuno muoia di malaria anche in Italia, magari per aver contratto questa malattia in un moderno ospedale, e per questo possiamo indignarci e dobbiamo pretendere delle spiegazioni e, se ci sono state responsabilità, bisogna che qualcuno paghi davvero per i propri errori. Dobbiamo metterci nei panni dei genitori di Sofia e chiedere giustizia. Ma dobbiamo anche indignarci perché nel mondo ogni giorno si muore di malaria a causa della povertà, della malnutrizione e dell'ignoranza. Anche quelli sono figli nostri. E spesso basterebbe davvero poco: un sistema efficiente della distribuzione dell'acqua potabile che permetta una maggiore igiene delle persone e delle case, la creazione di una rete di presidi medici diffusi territorialmente con personale adeguatamente formato, la disponibilità gratuita di medicine, la realizzazione di piani di bonifiche che rendano coltivabili le terre paludose.
Nel mondo per combattere davvero contro la malaria basterebbe lottare contro la povertà, contro i cambiamenti climatici, contro l'analfabetismo: sono obiettivi raggiungibili, ma che non vogliamo raggiungere, perché non c'è alcun guadagno a rendere ampie zone del nostra pianeta luoghi dove si possa vivere senza il rischio di morire di malaria. Le grandi industrie, le multinazionali, le banche, preferiscono continuare a depredare quei territori, a lasciare in povertà estrema interi popoli, magari per vendere loro, a carissimo prezzo, le medicine per curare i malati e i prodotti chimici per uccidere le zanzare che trasmettono la malattia. E più questi animali diventano resistenti agli insetticidi, più letali - anche per gli uomini e per l'ambiente - diventano i prodotti per debellarli, in una spirale che porterà sempre più malati, sempre più morti. E più guadagni per chi vive nella parte della terra dove non si muore più di malaria.
Poi in questi giorni nel nostro paese si respira davvero una mala aria, che rischia di essere più pericolosa di qualsiasi altra malattia. Alla notizia che nell'ospedale di Trento dove Sofia può aver contratto la malaria erano ricoverate anche due bambine del Burkina Faso, affette dalla stessa malattia, perché tornate da un viaggio in quel paese con la loro famiglia, si è scatenata una canea razzista, al cui confronto impallidisce l'ignorante ingiustizia descritta da Alessandro Manzoni nella Storia della colonna infame contro gli uomini accusati di aver portato la peste a Milano.  
L'ignoranza in fisica può produrre degl'inconvenienti, ma non delle iniquità.
Lo scriveva Manzoni nell'introduzione del suo breve saggio su questo triste episodio della storia milanese del Seicento. Noi non abbiamo neppure più la giustificazione dell'ignoranza: ci rimane solo l'iniquità.

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