Nel mondo del 1928 non era così comune vivere fino a novant'anni, dovevi essere molto ricco o molto sano. E comunque ci pensava la guerra a ucciderti. Quando Mickey Mouse cominciò il suo lungo viaggio la Grande guerra era finita da appena dieci anni ed era un ricordo ancora molto vivo.
E una nuova guerra stava covando sotto le ceneri delle macerie di quel terribile conflitto. Un anno dopo sarebbe crollata la borsa di Wall street, dando il via a una crisi economica su larga internazionale che segnò in maniera drammatica, specialmente in Europa, i decenni successivi. I fascismi in Europa prendevano vigore e portavano il mondo a un nuovo conflitto.
Mickey Mouse non lo sapeva mentre fischiettava, fingendosi il capitano del battello a vapore su cui faceva il mozzo e mentre corteggiava Minni "suonando" una capra. Solo per pochissimi anni gli fu possibile essere un monello scapestrato: in fretta dovette mettere la testa a posto e diventare un detective. Poi naturalmente partecipò anche alla seconda guerra mondiale e poi alla "guerra fredda" e alla corsa allo spazio, insieme al suo amico Eta Beta. Certamente Mickey Mouse nel 1928, mentre era sul battello a pelare patate, non poteva immaginare che dall'altra parte dell'Atlantico una scrittrice geniale aveva pubblicato proprio quell'anno un piccolo libro intitolato Orlando, la storia incredibile di un personaggio che invece non metterà mai la testa a posto.
Forse anche Mickey Mouse, come Orlando, un giorno si è chiesto
Forse anche Mickey Mouse, come Orlando, un giorno si è chiesto
Siamo dunque fatti in modo tale da dover prendere la morte a piccole dosi, giorno per giorno, per continuare ad affrontare l'impresa di vivere?Ma poi non ha avuto tempo, ha dovuto attraversare il Novecento, diventando anche lui quello che dovevano diventare i miti del "secolo breve", uno strumento per far vendere ogni genere di prodotto, un ambasciatore del consumismo capitalista tra i bambini. Il topo ribelle e anarchico di Steamboat Willie è diventato il testimonial di un'azienda di telefonia.
Alla fine novant'anni sono tanti: come siamo invecchiati male, Topolino.
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