venerdì 18 febbraio 2022

Verba volant (809): rapimento...

Rapimento, sost. m.

Il 13 gennaio 2002 sono tutti in piedi nella piccola sala da centocinquanta posti al 181 di Sullivan Street nel Greenwich Village, uno dei più noti teatri off-Broadway. George W. è presidente da neppure un anno, ma ha già fatto in tempo a cominciare una nuova guerra, questa volta contro l’Afghanistan. Ma quella domenica sera le persone che vanno a vedere quello spettacolo stanno assistendo a un altro evento storico: è l’ultima replica di The Fantasticks. Qualcuno di loro non era neppure nato quando quel musical ha debuttato, in quella stessa sala, il 3 maggio 1960, un martedì. Alla Casa Bianca c’era Eisenhower e l’America, grazie a quel presidente che conosceva molto bene la guerra, stava vivendo un insolito momento di pace. In questi quarantadue anni si sono susseguite 17.162 repliche: un record assoluto che è ancora imbattuto.
D’altra parte la storia raccontata in quel fortunato musical viene da molto più lontano. Il 21 maggio 1894 viene messa in scena a Parigi, presso la Comédie française, una commedia in versi di un giovane drammaturgo di Marsiglia intitolata Les romanesques. Ed Edmond Rostand - quello che diventerà famoso per la storia di un romantico spadaccino - ha attinto a testi molto più antichi, a Shakespeare, a Ovidio, perché le storie di amore sono eterne. E The Fantasticks è semplicemente una storia d’amore.
Anche se l’amore non è affatto semplice.

Luisa e Matt si conoscono fin da bambini perché i terreni dove ci sono le case delle loro famiglie sono confinanti. E crescendo scoprono di essersi innamorati l’una dell’altro, nonostante i loro padri, Bellomy e Hucklebee, siano acerrimi rivali. I due vecchi hanno perfino costruito un muro lungo il confine per impedire che i due giovani possano vedersi: ma quel muro non ferma Luisa e Matt, che riescono comunque a parlarsi e a scambiarsi i segni del loro amore. Sotto lo sguardo soddisfatto dei loro padri che hanno escogitato di essere rivali e hanno costruito quel muro proprio affinché i loro figli si sposassero, unendo finalmente le loro proprietà. Ma visto che i due giovani sembrano ancora esitare, Bellomy e Hucklebee pensano che sia arrivato il momento di fare qualcosa di più deciso: organizzeranno il rapimento di Luisa, una volta che Matt l’avrà salvata, i ragazzi alla fine dovranno sposarsi. Il bandito El Gallo accetta l’incarico, che mette in scena con Herry, un vecchio attore shakespeariano, e il suo aiutante Mortimer, specializzato a fare il morto. Tutto va come previsto: Matt salva Luisa dal rapimento, i due giovani finalmente svelano il loro amore ai genitori, che per festeggiare abbattono il muro. Sono tutti contenti alla fine del primo atto, sembra che la storia sia finita. Solo El Gallo, raccogliendo gli attrezzi di scena, sembra preoccupato di cosa succederà quando, tramontata la romantica luna, tornerà il sole a svelare la vita dei due giovani.
E la nuova vita non è così rosea come si poteva sperare. Cominciano i battibecchi e le recriminazioni e quando Matt e Luisa scoprono che il rapimento è stato una farsa il loro fidanzamento non regge. Un muro torna a dividere le case di Bellomy e Hucklebee. Matt sfida El Gallo a duello, ma, dal momento che non è più una recita, il bandito ha facile gioco a disarmare quel ragazzo che, afflitto, decide di partire per andare a conoscere il mondo. Anche Luisa incontra El Gallo e si infatua di quell’avventuriero, così diverso da Matt, e gli chiede di fuggire insieme. Il bandito accetta, chiedendo in pegno la collana della ragazza, dono della madre morta. Matt, deluso dalle sue avventure – il mondo là fuori non è così bello come se lo immagina – torna a casa e capisce che El Gallo sta seducendo Luisa solo per derubarla. Ed è proprio quello che avviene. I due innamorati, un po’ più maturi, questa volta possono ricominciare a costruire la loro nuova vita insieme. Anche i genitori decidono di smantellare nuovamente il muro, ma El Gallo, che - novello Cyrano - ha fatto tutto questo, rinunciando forse alla possibilità di una tranquilla felicità domestica, per far tornare insieme Luisa e Matt, consiglia loro di tenerlo in piedi. Anche questo settembre finirà. E tornerà dicembre.

Tom Jones e Harvey Schmidt sono coetanei e vengono entrambi dal Texas. Si sono conosciuti all’Università di Austin, il primo studia recitazione e il secondo arte, ma insieme si divertono a comporre canzoni, Tom le parole e Harvey le musiche: sognano di scrivere un musical. Ma poi si laureano e vengono arruolati per la Corea. Congedati, come tutti quelli che vogliono fare gli artisti, vanno a New York. Tom fa qualche piccola parte in spettacoli off-Broadway, tenta di fare il regista, insegna, Harvey si fa conoscere come illustratore su Life e Harper’s Bazaar, ma visto che condividono un piccolo appartamento nell’Upper West Side, nel tempo libero continuano a scrivere canzoni e pensano di adattare la commedia di Rostand in un musical ambientato nel West, sullo stile di Rodgers e Hammerstein. Non sono soddisfatti del loro lavoro, quella piccola commedia non si adatta alla grandezza di un musical di Broadway e così quelle canzoni rimangono per qualche anno nei loro cassetti.
Anche Word Baker viene dal Texas, fa il regista e insegna teatro. Lavora in tanti progetti off-Broadway. Nel 1958 il suo allestimento di Il crogiolo ottiene grandi consensi, anche Arthur Miller e Marilyn Monroe gli scrivono per congratularsi. Un anno dopo il professor Baker deve mettere in scena tre atti unici per la stagione estiva del Barnard College, la sezione femminile della Columbia University, vuole che uno di questi sia un musical e chiede ai suoi vecchi compagni di università quel lavoro su Rostand. In tre settimane Tom e Harvey riscrivono il loro lavoro.
Cambia tutto. Non è più un western, l’ambientazione perde ogni connotazione di tempo e luogo. Il titolo diventa The Fantasticks, perché così nel 1900 George Fleming ha tradotto quello di Rostand: Luisa e Matt sono due romantici sognatori con la testa tra le nuvole. E anche Tom e Harvey, nella New York di Jackson Pollock e Miles Davis, in un mondo sospeso tra quello che c’era prima e una speranza di rinnovamento a cui allora si può ancora credere, sono, a loro modo, dei fantasticks. Riscrivono tutte le canzoni e aggiungono Try to Remember, che viene fatta cantare all’inizio dello spettacolo da El Gallo, che, sulla scia di Brecht e di Marc Blitzstein, diventa anche il Narratore.
Tra chi assiste a quelle rappresentazioni c’è un attore nato a Brooklyn, Lorenzo Noto, che si fa chiamare Lore. Ha solo cinque anni in più di quei due giovani del Texas, quel testo gli piace molto e poi Baker è stato un suo insegnante. La sua carriera di attore stenta, pensa che potrebbe fare il produttore. Non ha soldi, ma in fondo non ne dovrebbero servire molti per mettere in scena quel musical off-Broadway. Word lo ha allestito senza scene, gli attori stanno su una semplice pedana di legno, come hanno fatto quelli del Piccolo Teatro per l’Arlecchino, servono solo otto attori e uno di loro può fare il Muro, come il calderaio nel Sogno, non ci sono ballerini e solo due musicisti, un pianista e un arpista, che suona anche gli strumenti a percussione. Si può fare.
Lore trova quel piccolo teatro nel Greenwich, Tom e Harvey aggiungono qualche canzone per arrivare a due atti. Word accetta di essere il regista. Ed Wittenstein cura scene e costumi: spende 900 dollari per le prime e 541 per i secondi. È sempre lui a studiare le luci e fa anche il direttore di scena. Sul lato di un cartone disegna la luna e sull’altro il sole e lo attacca in cima a uno dei sei pali che sorreggono la tenda che simula il carro di un teatro viaggiante: basta girare il cartone tra il primo e il secondo atto.
Per il ruolo di El Gallo, Lore riesce a ingaggiare un venticinquenne del Bronx dall’aria spavalda con gli occhi chiari e una bella voce, che è già conosciuto nel circuito off-Broadway perché quattro anni prima è stato il Cantastorie nella celebre edizione di The Threepenny Opera con la traduzione di Marc Blitzstein, grazie a cui Lotte Lenya - che interpreta Jenny - ottiene il Tony, la prima e unica volta che un’attrice ottiene questo premio per una produzione off-Broadway. Mentre in quello spettacolo Jerry Orbach canta solo Mack the Knife, qui ha un ruolo da protagonista, il primo di una lunga carriera. Nel 2002 quando The Fantasticks termina la sua lunghissima corsa, il vecchio Jerry è ancora in televisione, interpretando per l’ultima volta il detective Lennie Briscoe in uno dei sequel di Law & Order, e dando la sua voce, con un accento alla Maurice Chevalier, allo spumeggiante Lumière in otto speciali della Disney.
Luisa e Matt sono Rita Gardner e Kenneth Nelson e per entrambi questo musical segna l’inizio di una fortunata carriera a Broadway e nel West End, per il secondo interrotta tragicamente nel 1993 a causa dell’Aids. Kenneth non vedrà finire la corsa The Fantasticks.
Nel cast, nella parte del vecchio attore è accreditato un tal Thomas Bruce, che è lo stesso Tom Jones.
Le recensioni dello spettacolo sono contrastanti. Il successo di The Threepenny Opera - che è ancora in corsa all’inizio del 1960, dopo sei anni di repliche - dimostra che un musical può funzionare anche off-Broadway. Ma certo quello è Kurt Weill. Lore ci crede e decide di tenere in piedi il suo spettacolo. Dopo qualche settimana deve rimpiazzare qualche elemento del cast e interpreta lui stesso la parte di Hucklebee. Lo farà anche dal 1971 fino al 1986, per ben 6.348 repliche, ottenendo un primato nella storia del teatro.
Ma all’inizio degli anni Settanta, passata la breve illusione kennediana, nell’America del Vietnam e del Watergate, The Fantasticks è ormai un classico. Già nel 1961 c’è stata una produzione nel West End. Nel 1964 la NBC trasmette una versione ridotta dello spettacolo, con Ricardo Montalban nella parte di El Gallo e due grandi del teatro in quella dei genitori, Bert Lahr e Stanley Holloway, che noi conosciamo rispettivamente come il Leone codardo e Alfred Doolittle. Poi Try to Remember è diventata uno standard, grazie a The Brothers Four e soprattutto alla splendida voce di Harry Belafonte. E sono numerosissime le produzioni comunitarie e scolastiche: serve davvero poco per allestire questo musical. Quando Obama è diventato presidente e lo spettacolo non è più rappresentato al Sullivan Street Theatre le produzioni sono quasi dodicimila. Nel 1983 viene messo in scena a Milano dal Teatro dell’Elfo.

Nel primo atto c’è un brano che è molto difficile eseguire nell’America del Me Too. Hucklebee e Bellomy chiedono a El Gallo di organizzare il rapimento di Luisa e il bandito offre una specie di campionario, ma ovviamente It Depends On What You Pay. Ma El Gallo usa continuamente la parola rape, che significa propriamente stupro, anche se spiega che usa quel termine in omaggio a The Rape of the Lock di Alexander Pope. Ma certo nel 1946 Benjamin Britten sa bene che significato vuol dare a The Rape of Lucretia. Ma, al di là di questa comunque non secondaria questione lessicale, vi invito ad ascoltare questo brano pensando che El Gallo, come il Capocomico di Amleto, sta mettendo in scena una commedia nella commedia e offre ai suoi improvvisati “produttori” diverse possibilità. Se avessero un po’ più di soldi potrebbero organizzare un rapimento con gli indiani: si sa il western funziona sempre. Poi si può fare un rapimento stile Broadway, ma servono i costumi, un paio di cantanti e un quartetto d’archi, bisogna fare le prove, e per una grande produzione serve un set. Sarebbe bello anche il rapimento veneziano, ma serve una laguna. Siamo off-Broadway, al 181 di Sullivan Street, e non ci sono soldi, solo un bandito, un vecchio attore in disarmo e uno bravo a fare il morto, ma è la magia del teatro e anche quei guitti, senza scene e con costumi improvvisati, possono fare un bello spettacolo.

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