Trucco, sost. m.
Raymond Wallace Bolger è nato a South Boston il 10 gennaio 1904. Viene da una famiglia cattolica irlandese, il padre è un imbianchino di prima generazione. Ray cresce a Dorchester tra la strada e la parrocchia, fa tanti lavori, ma ama il vaudeville e sogna di fare il ballerino: e quel suo corpo allungato e snodato sembra adattarsi alla perfezione ai nuovi ritmi dell’età del jazz. A metà degli anni Venti è a New York, è un ottimo ballerino di tip tap e si esibisce nei migliori locali. In pochi anni diventa un nome di cartellone per gli spettacoli di Broadway e il 27 dicembre 1932 è uno degli artisti chiamati a inaugurare il Radio City Music Hall. Poi, come tutti i i giovani attori di quegli anni, decide di andare a Hollywood. Nel 1936 viene messo sotto contratto dalla Metro: è bravo a ballare, canta discretamente, ha l’aria simpatica e scanzonata. Il suo primo film è The Great Ziegfeld, una biografia piuttosto romanzata del produttore Florenz Ziegfeld, interpretato da un sempre elegantissimo William Powell. E Ray interpreta la parte di un macchinista che finalmente ottiene da Ziegfeld il permesso di mostrare le sue doti sul palcoscenico, ovviamente con grande successo. Due anni dopo recita anche in Sweethearts, il primo film in Technicolor della MGM.
Dopo Il Mago di Oz, la carriera cinematografica di Ray non decolla, passa alla RKO, ma lui è un uomo di un’altra stagione, del vaudeville e delle Follies. Torna a Broadway, si esibisce con la Harry James Band, è celebre la sua routine di tip tap in cui “sfida” il pianista dell’orchestra, Al Lerner. Sta facendo proprio quello il 7 dicembre 1941, quando lo spettacolo è interrotto in maniera brusca: i giapponesi hanno attaccato Pearl Harbor. Interpreta ancora qualche film, ma è il teatro a dargli più soddisfazioni: nel 1948 vince il Tony come miglior attore protagonista in un musical per Where’s Charlie?. E poi, come per tanti attori di Broadway, arriva la televisione, è il protagonista della sitcom Where’s Raymond?, che nella seconda stagione viene ribattezzata The Ray Bolger Show. E negli anni Settanta è nel cast del fortunato The Partridge Family. E poi fa pubblicità e grazie alla televisione il suo volto rimane familiare per alcune generazioni di americani, compresi quelli che non erano ancora nati quando faceva lo Spaventapasseri nel regno di Oz. Nel 1985, due anni prima della sua morte, la Metro realizza un film che si intitola That’s Dancing!, dedicato ai grandi numeri di danza nella storia del cinema. Lo produce e realizza Jack Haley Jr., il figlio dell’Uomo di latta, e la Metro vuole che Bolger sia uno dei presentatori, accanto a Liza Minnelli, la figlia di Dorothy.
Anche John Joseph Haley Jr. è nato a Boston, il 10 agosto 1897, da una famiglia di canadesi della Nuova Scozia di origine irlandese. Il padre, che fa il maggiordomo sulle navi da crociera, muore in un naufragio quando lui ha appena sei mesi. Anche il giovane Jack - come lo chiamano in famiglia - comincia a esibirsi nei teatri parrocchiali della sua città. Sa cantare ed è anche bravo a ballare. Ha il viso tondo, gli occhi grandi, l’aria un po’ ingenua del bravo ragazzo, nel vaudeville il suo personaggio funziona, ma anche per lui presto arriva il cinema. È perfetto per i film musicali, magari non ha il fisico del protagonista, ma è un ottimo comprimario. La Twenty Century-Fox lo mette sotto contratto: interpreta due film accanto alla stella dello studio, la piccola Shirley Temple, tra cui il successo Poor Little Rich Girl, alcuni altri film e poi Alexander’s Ragtime Band, una storia esile, ma con alcune splendide canzoni di Irving Berlin. I protagonisti sono i belli Tyrone Power e Don Ameche, ma Jack ha due canzoni. Nel ’36 recita in un film musicale - anche qui cantando due canzoni - Pigskin Parade, anche questo non memorabile, ma in cui lavora anche una giovane attrice che farà strada, la più piccola delle sorelle Gumm, che ha scelto come nome d’arte Judy Garland. Intanto Jack lavora anche alla radio, per due stagioni conduce il The Jack Haley Show, avendo come ospiti fissi Gale Gordon e Lucille Ball.
Dopo Il Mago di Oz Jack Haley continua a fare alcuni film musicali, specialmente per la RKO, nel ’44 recita accanto al giovane Frank Sinatra in Higher and Higher - ottenendo anche in questo caso due numeri musicali, nonostante le resistenze dell’astro nascente che vorrebbe tutte le canzoni per sé e impone siano sostituite quelle composte da Rodgers e Hart per lo spettacolo teatrale da cui è tratta la sceneggiatura, perché non si adattano alle sue capacità vocali. Jack fatica a trovare ruoli adatti a lui e dopo una lite con i dirigenti dello studio decide di ritirarsi per dedicarsi all’attività di immobiliarista. Nel 1977 ritorna brevemente davanti alla macchina da presa. È proprio lui, anche se non è accreditato nei titoli, il Master of Cerimonies che presenta la diva Francine Evans che canta Happy Endings. Il film è New York, New York e quell’attrice dagli occhi grandi è la moglie di suo figlio Jack Jr., ma soprattutto è la splendida figlia di Dorothy.
Irving Lahrheim è il più vecchio dei compagni di Dorothy, e, a differenza di loro, non è un irlandese di Boston. È nato a New York il 13 agosto 1895 in una famiglia di ebrei tedeschi di prima generazione. Cresce nel quartiere ebraico dell’Upper East Side, a quindici anni abbondona la scuola e entra in una compagnia di burlesque. Non è un bello, ma canta bene e soprattutto è molto simpatico. Dopo parecchia gavetta nel circuito dei piccoli locali di vaudeville, Bert Lahr - questo è il nome che sceglie per calcare le scene - finalmente nel 1927 debutta nel suo primo spettacolo musicale a Broadway, poi viene notato da Florenz Ziegfeld che lo vuole in alcune riviste e da allora la sua carriera segna un successo dopo l’altro. Nel 1936 è il protagonista di The Show Is On, insieme alla grande attrice inglese Beatrice Lillie, con cui lavorerà altre volte: una grande coppia del musical. Bert va anche a Hollywood, interpreta alcuni film musicali, tra cui Flying High, che è già stato un suo successo a Broadway.
Dopo Il Mago di Oz anche lui ritorna a Broadway, perché quello è il suo regno. Alla fine del ’39 Bert è il protagonista, insieme alla regina del musical Ethel Merman, di DuBarry Was a Lady, con le canzoni composte da Cole Porter: la loro interpretazione di Well, Did You Evah! rimane un classico. La sua carriera teatrale è molto lunga, anche perché Bert sa alternare con successo spettacoli musicali e in prosa, e non ha paura di rischiare. Dal 1946 al ’48 ha la parte di Skid, un comico dell’età del vaudeville, nel revival del musical Burlesque. Poi recita in Two on the Aisle, che Betty Comden e Adolph Green scrivono per lui: è esilarante quando indossa i panni della Regina Vittoria. Nel 1956 vuole portare in scena, per la prima volta negli Stati Uniti, Waiting for Godot: Bert interpreta Estragon, mentre Vladimir è un altro celebre attore teatrale, Tom Ewett, che però noi ricordiamo per essere il marito di Quando la moglie è in vacanza, rapito - come tutti noi - da quella gonna sollevata dallo spostamento d’aria quando passa la metropolitana. Il dramma di Beckett è un fiasco e lo spettacolo non arriva neppure a Broadway. L’anno dopo, cambiato il regista e il coprotagonista - E.G. Marshall - lo spettacolo viene messo in cartellone a Broadway, ottenendo un buon successo, anche perché Lahr viene lasciato libero di dare il proprio tono al personaggio. Nel 1960 è Bottom in un’acclamata edizione del Sogno di una notte di mezza estate e nel ’64 vince il Tony come miglior attore protagonista di un musical per Foxy. E anche per lui c’è la televisione e la pubblicità: è lui che per anni reclamizza le patatine Lay’s nelle case degli americani. Sabato 3 novembre 1956 la CBS trasmette Il Mago di Oz: è la prima volta che un film di Hollywood viene trasmesso completo in prima serata su una rete televisiva coast to coast. A presentare la serata, sponsorizzata dalla Ford, viene chiamato proprio Bert. Accanto a lui appare per qualche minuto una bambina di dieci anni. C’è una foto di quella ragazzina che guarda rapita quelle immagini: sua madre è Dorothy.
Adesso però vi devo raccontare di come Ray, Jack e Bert sono diventati quei tre indimenticabili personaggi.
Ray Bolger è sotto contratto con la Metro e deve accettare tutte le parti che gli vengono proposte. Naturalmente è felice che lo studio lo abbia scelto per Il Mago di Oz, è una delle produzioni più importanti dell’anno e poi ritroverà sul set la grande Billie Burke, nei panni di Glinda, la strega buona del nord: Billie è la moglie di Ziegfeld, era l’incontrastata regina delle Follies. A Ray però dispiace che gli abbiano dato il ruolo dell’Uomo di latta, gli sarebbe piaciuto fare lo Spaventapasseri: quella sì che è la parte per un ballerino “snodato” come lui. Ma la Metro ha sotto contratto anche il ballerino dell’Illinois Buddy Ebsen, a cui ha già assegnato quel ruolo. I due attori sono amici e decidono di scambiarsi le parti. E così Ray Bolger diventa lo Spaventapasseri. Ed è felice, perché può cantare e soprattutto ballare, anche se la sua lunga routine di danza alla fine della canzone If I Only Had a Brain, nel momento in cui incontra per la prima volta Dorothy, viene completamente tagliata. Gli spettatori la potranno vedere solo in Thats’s Dancing!, quasi cinquant’anni dopo.
Buddy si prepara alla parte dell’Uomo di latta, prova i costumi e incide le canzoni, sia quelle interpreta con Dorothy e i suoi compagni di avventura che quella da solista, If I Only Had a Heart. Cominciano le riprese, ma dopo dieci giorni si devono fermare: Buddy sta malissimo, la polvere di alluminio che copre la sua faccia gli provoca una grave reazione allergica. Ha una crisi respiratoria acuta e viene trasferito in ospedale. La Metro non può fermare la produzione e così ingaggia Jack Haley. Per evitare altri rischi i truccatori abbandonano la polvere, ogni giorno il viso di Jack viene ricoperto di uno spesso strato di cerone e poi di una pasta di alluminio. Chissà che roba era: Jack ha un’infiammazione agli occhi, ma si ferma solo quattro giorni e così il film va avanti. Registra nuovamente If I Only Had a Heart, ma non c’è tempo per fare di nuovo i quartetti e quindi la voce di Buddy rimane in We’re off to See the Wizard. Ci vorrà un po’ di tempo a Buddy a riprendersi, ma per fortuna la sua carriera continua. E tutti lo ricordate come il triste e innamorato texano di Colazione da Tiffany e il severo investigatore Barnaby Jones nella fortunata serie televisiva degli anni Settanta.
Quando si tratta di scegliere chi può fare il Leone codardo, i produttori pensano di avere la soluzione a portata di mano: hanno già sotto contratto Tanner, il sesto dei leoni della Metro, quelli che ruggiscono a inizio di tutti i loro film. Tanner ha cominciato a lavorare per lo studio nel 1934, quando la Metro ha cominciato a produrre i film in Technicolor. A dire il vero all’inizio del Mago di Oz c’è Jackie, il secondo leone, perché, anche se a colori, i titoli di testa e di coda, come le scene ambientate in Kansas, sono in bianco e nero seppiato. Però per le scene del film Tanner può andare, ovviamente andrà doppiato, quando c’è da parlare e da cantare. In fondo anche Terry è sotto contratto della Metro, prende 125 dollari a settimana, di più di molti degli attori impegnati nel Mago di Oz. Terry partecipa nella sua carriera a ben sedici film e nella pellicola diretta da Fleming interpreta magistralmente la parte di Toto. Far recitare Tanner si rivela molto più complicato, e poi gli altri attori non si sentono a loro agio a stare accanto a lui. È così che Bert Lahr ottiene il posto, sa cantare ed è simpatico. Perfino troppo: Judy spesso scoppia a ridere alle sue gag improvvisate durante le riprese, costringendo a girare le scene molte volte.
In questo modo Ray, Jack e Bert ottengono le loro parti e meritatamente un posto nella storia. Una piccola curiosità: nella versione italiana, quando cantano, sono doppiati rispettivamente da Virgilio Savona, Felice Chiusano e Tata Giacobetti. Ovviamente Lucia Mannucci canta le parti di Dorothy, tranne Over the Rainbow che rimane in originale.
Bert Lahr muore a New York il 4 dicembre 1967, il figlio John qualche anno dopo racconta la storia della sua vita in un libro che si intitola Notes on a Cowardly Lion. Jack Haley muore a Los Angeles il 6 giugno 1979, qualche anno dopo esce la sua autobiografia Heart of the Tin Man. Ray Bolger muore, anche lui a Los Angeles, il 15 gennaio 1987: è l’ultimo superstite del cast. Qualche anno dopo esce la sua biografia, More than a Scarecrow. Perché per quanto abbiano fatto nella vita, Ray, Jack e Bert saranno sempre, per tutti noi, lo Spaventapasseri, l’Uomo di latta e il Leone codardo che cantano lungo il sentiero dorato.
Ray Bolger è sotto contratto con la Metro e deve accettare tutte le parti che gli vengono proposte. Naturalmente è felice che lo studio lo abbia scelto per Il Mago di Oz, è una delle produzioni più importanti dell’anno e poi ritroverà sul set la grande Billie Burke, nei panni di Glinda, la strega buona del nord: Billie è la moglie di Ziegfeld, era l’incontrastata regina delle Follies. A Ray però dispiace che gli abbiano dato il ruolo dell’Uomo di latta, gli sarebbe piaciuto fare lo Spaventapasseri: quella sì che è la parte per un ballerino “snodato” come lui. Ma la Metro ha sotto contratto anche il ballerino dell’Illinois Buddy Ebsen, a cui ha già assegnato quel ruolo. I due attori sono amici e decidono di scambiarsi le parti. E così Ray Bolger diventa lo Spaventapasseri. Ed è felice, perché può cantare e soprattutto ballare, anche se la sua lunga routine di danza alla fine della canzone If I Only Had a Brain, nel momento in cui incontra per la prima volta Dorothy, viene completamente tagliata. Gli spettatori la potranno vedere solo in Thats’s Dancing!, quasi cinquant’anni dopo.
Buddy si prepara alla parte dell’Uomo di latta, prova i costumi e incide le canzoni, sia quelle interpreta con Dorothy e i suoi compagni di avventura che quella da solista, If I Only Had a Heart. Cominciano le riprese, ma dopo dieci giorni si devono fermare: Buddy sta malissimo, la polvere di alluminio che copre la sua faccia gli provoca una grave reazione allergica. Ha una crisi respiratoria acuta e viene trasferito in ospedale. La Metro non può fermare la produzione e così ingaggia Jack Haley. Per evitare altri rischi i truccatori abbandonano la polvere, ogni giorno il viso di Jack viene ricoperto di uno spesso strato di cerone e poi di una pasta di alluminio. Chissà che roba era: Jack ha un’infiammazione agli occhi, ma si ferma solo quattro giorni e così il film va avanti. Registra nuovamente If I Only Had a Heart, ma non c’è tempo per fare di nuovo i quartetti e quindi la voce di Buddy rimane in We’re off to See the Wizard. Ci vorrà un po’ di tempo a Buddy a riprendersi, ma per fortuna la sua carriera continua. E tutti lo ricordate come il triste e innamorato texano di Colazione da Tiffany e il severo investigatore Barnaby Jones nella fortunata serie televisiva degli anni Settanta.
Quando si tratta di scegliere chi può fare il Leone codardo, i produttori pensano di avere la soluzione a portata di mano: hanno già sotto contratto Tanner, il sesto dei leoni della Metro, quelli che ruggiscono a inizio di tutti i loro film. Tanner ha cominciato a lavorare per lo studio nel 1934, quando la Metro ha cominciato a produrre i film in Technicolor. A dire il vero all’inizio del Mago di Oz c’è Jackie, il secondo leone, perché, anche se a colori, i titoli di testa e di coda, come le scene ambientate in Kansas, sono in bianco e nero seppiato. Però per le scene del film Tanner può andare, ovviamente andrà doppiato, quando c’è da parlare e da cantare. In fondo anche Terry è sotto contratto della Metro, prende 125 dollari a settimana, di più di molti degli attori impegnati nel Mago di Oz. Terry partecipa nella sua carriera a ben sedici film e nella pellicola diretta da Fleming interpreta magistralmente la parte di Toto. Far recitare Tanner si rivela molto più complicato, e poi gli altri attori non si sentono a loro agio a stare accanto a lui. È così che Bert Lahr ottiene il posto, sa cantare ed è simpatico. Perfino troppo: Judy spesso scoppia a ridere alle sue gag improvvisate durante le riprese, costringendo a girare le scene molte volte.
In questo modo Ray, Jack e Bert ottengono le loro parti e meritatamente un posto nella storia. Una piccola curiosità: nella versione italiana, quando cantano, sono doppiati rispettivamente da Virgilio Savona, Felice Chiusano e Tata Giacobetti. Ovviamente Lucia Mannucci canta le parti di Dorothy, tranne Over the Rainbow che rimane in originale.
Bert Lahr muore a New York il 4 dicembre 1967, il figlio John qualche anno dopo racconta la storia della sua vita in un libro che si intitola Notes on a Cowardly Lion. Jack Haley muore a Los Angeles il 6 giugno 1979, qualche anno dopo esce la sua autobiografia Heart of the Tin Man. Ray Bolger muore, anche lui a Los Angeles, il 15 gennaio 1987: è l’ultimo superstite del cast. Qualche anno dopo esce la sua biografia, More than a Scarecrow. Perché per quanto abbiano fatto nella vita, Ray, Jack e Bert saranno sempre, per tutti noi, lo Spaventapasseri, l’Uomo di latta e il Leone codardo che cantano lungo il sentiero dorato.
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