mercoledì 23 settembre 2009

Considerazioni libere (5): a proposito della povertà nel mondo...

Ho dedicato il mio ultimo commento "libero" al Partito democratico e il primo che ho fatto in questo blog alla situazione in Afghanistan. Li ricordo entrambi, perché in qualche modo tutti e due si richiamano a quello che voglio dire oggi.
Ho cercato un po' di dati nella rete. Ho trovato un rapporto redatto da alcuni docenti dell'Università di Trento che richiama con estrema sintesi alcuni indicatori rispetto alla povertà del pianeta: il 5% più ricco della popolazione mondiale controlla un terzo del reddito mondiale; il 5% più ricco genera in due giorni un reddito pari a quello che il 5% più povero genera in un anno; oltre un miliardo di persone (di cui quasi un terzo in Africa) vive con meno di un dollaro al giorno.
Sono dati noti e forse nel loro essere così asciutti, non rendono la drammaticità di quello che significano: una grande parte delle donne e degli uomini che vivono sul nostro pianeta sono in uno stato di profonda povertà, al limite della stessa sussistenza. In qualche modo è proprio l'enormità del problema a renderlo distante. Anche le persone animate dalle migliori intenzioni quando leggono questi dati si sentono impotenti, pensano che in fondo ci sono problemi più vicini che riguardano molti di noi, problemi risolvibili, su cui può intervenire l'azione singola di ciascuno di noi e quella collettiva della politica. Altri fanno quel poco che possono per aiutare le tante organizzazioni impegnate, con serietà, ad aiutare chi vive nel terzo o nel quarto mondo. Altri ancora ritengono immutabile questo stato di cose, qualcosa su cui è impossibile intervenire, perché in quei paesi ci sono classi dirigenti antidemocratiche e corrotte incapaci di un reale processo di sviluppo. Probabilmente tutti hanno una parte di ragione: ciascuno di noi, nella propria individualità, non ha modo di intervenire, in maniera davvero efficace, per cambiare questo stato di cose: può dare un contributo più o meno grande, di natura economica (i più bravi possono partire e fare qualcosa di più concreto, mettere in campo le proprie idee, le proprie professionalità). Neppure gli stati spesso hanno gli strumenti per intervenire, anche perché la povertà è qualcosa che colpisce non solo gli altri, ma è ben presente nelle nostre società (anzi più una società è ricca più "nasconde" una sacca di poveri).
Credo però che non debba mai venir meno la consapevolezza di questi dati e naturalmente di quello che sta dietro a questi dati. Personalmente mi pare che troppo spesso, anche a sinistra, abbiamo perso questa consapevolezza e, visto che tanti problemi sono stati risolti nelle nostre società (che pure all'inizio del Novecento presentavano caratteristiche sociali così simili a quelle di cui ora stiamo parlando) pensiamo che tutto sia stato fatto e si possa voltare pagina. E' una questione di comportamenti individuali e collettivi, che passa da una maggiore sobrietà nelle spese di ciascuno di noi (mi viene in mente l'austerità come l'intendeva Enrico Berlinguer) al sostegno verso scelte di politica estera che mettano al centro lo sviluppo del pianeta (su questo francamente non c'è grande traccia nei programmi elettorali delle nostre forze politiche). In sostanza è qualcosa di cui non dovremmo mai dimenticarci.

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