Si avvicina inaspettato (succede spesso in questo paese, non molto incline al sano esercizio della memoria) il 150° anniversario dell'unità d'Italia. E naturalmente a questo anniversario si accompagna una fitta serie di polemiche (questo è un altro tratto consueto, una caratteristica genetica del nostro paese): così si finisce per parlare ancora meno del merito della questione, il che richiederebbe quanto meno un po' di studio e di approfondimento, per alimentare quel vano chiacchiericcio a cui la televisione (e anche i giornali, ormai) ci hanno abituato. Segnalo, per amore della verità e a parziale (molto parziale) smentita di quanto detto finora, il bell'articolo che sul Corriere di ieri (lunedì 28 settembre) Carlo Lizzani ha dedicato al tema, affrontando la questione dall'ottica della storia del cinema.
Credo che questo anniversario passerà attraverso una disattenzione diffusa, non tanto per l'insipienza del nostro governo (che infatti ha delegato la materia al pessimo ministro della cultura Sandro Bondi) o per l'aperta ostilità della Lega, ma proprio per il fatto che i cittadini italiani non sentono il significato profondo di questa celebrazione.
E' significativo che nel nostro paese non ci sia una vera festa nazionale (come il 14 luglio in Francia o il 4 luglio negli Stati Uniti), ma siano così sentite le diverse feste patronali, da sant'Ambrogio a Milano a san Gennaro a Napoli, trasformate da appuntamenti strattamente religiosi a vere e proprie occasioni di celebrazione dell'identità civica. Nonostante gli sforzi del Presidente Ciampi, e poi di Napolitano, il 2 giugno non è diventata una vera festa nazionale, anche perché quella data non è stata coltivata negli anni (per diversi anni non è stata neppure una giornata di vacanza) e forse non poteva che essere così, dal momento che nel referendum del '46 la repubblica prevalse solo di misura sulla monarchia. Non è una festa nazionale il 25 aprile, perché nei fatti, al di là di molti altri importanti significati, ha segnato la fine di una guerra civile e la vittoria della minoranza di italiani antifascisti su una maggioranza di fascisti più o meno convinti, che naturalmente si sono affrettati a negare questa ascendenza.
Lo stesso risorgimento è solo in parte un movimento di liberazione contro lo straniero, ma è anche la guerra di una parte degli italiani (anche in questo caso una minoranza) contro altri italiani, senza dimenticare che la creazione del Regno d'Italia non sarebbe stata possibile senza l'intervento attivo della Francia e la più che benevola neutralità dell'Inghilterra. E certamente, in ogni contesto e in ogni latitudine, per quelli che hanno perso non è facile condividere la festa di quelli che hanno vinto.
Cosa festeggiare allora in questo 150° anniversario? Molte cose. Un paese che ha saputo, pur con grandi difficoltà, trasformarsi profondamente: l'Italia era un paese poverissimo, con un'altissima percentuale di analfabeti e con diseguaglianze economiche enormi, arretrato socialmente e culturalmente, debole sulla scena internazionale. Ora il panorama politico, economico, sociale, culturale è completamente mutato, nonostante esista ancora - e questo è il grande male italiano - una differenza troppo forte tra nord e sud, nonostante in troppe zone del nostro paese esistano forze che tentano, con successo, di sostituire lo stato di diritto. E poi occorre ricordare che la storia di questo paese ha prodotto capolavori assoluti nella storia delle arti, dalla pittura al cinema, dall'architettura alla letteratura.
Il miglior servizio che si potrebbe fare all'Italia per questo anniversario, credo sia quello di studiarne la storia; con spirito critico naturalmente.
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