Viviamo nel "villaggio globale", possiamo parlare con persone che vivono in Australia e nell'America del sud come fossero nel bar sotto casa, abbiamo accesso in tempo reale a una miriade di informazioni, ci basta accendere un televisore per vedere quello che succede a migliaia di chilometri da casa nostra, eppure mi sembra sempre più difficile sapere veramente quello che succede sia qui in Italia che nel mondo.
Certo nella rete ci sono moltissime informazioni, però bisogna saperle cercarle e quindi c'è il rischio che ciascuno di noi riesca a sapere soltanto quello che in fondo conosce già. Un ipotetico marziano che arrivasse ora sul nostro pianeta, anche se conoscesse l'inglese e avesse un pc per accedere alla rete, riuscirebbe a sapere quante guerre si stanno combattendo ora sulla terra? Probabilmente saprebbe che ci sono combattimenti in Iraq e in Afghanistan, ma soltanto se in quel giorno fosse morto un soldato statunitense o inglese; farebbe comunque fatica a trovare informazioni sul numero dei caduti iracheni o afghani. Per il nostro povero marziano sarebbe assai difficile - quasi impossibile - avere notizie sui conflitti che si stanno svolgendo in Africa. Se volesse conoscere lo stato dei diritti umani nel mondo farebbe fatica a sapere che su 193 nazioni, 62 paesi possono essere definiti "solo parzialmente liberi" e 42 quelli "non liberi". Girando sulla rete, quasi sicuramente avrebbe notizia di Paris Hilton, anche se forse non capirebbe cosa esattamente sappia fare questa giovane terrestre (un dubbio che attanaglia peraltro anche noi che viviamo da tempo questo pianeta).
Ora nella rete ci sono i siti che denunciano le violazione dei diritti umani e quelli che illustrano le doti della signorina Hilton; a dire la verità sono molti di più i secondi rispetto ai primi, ma non è questo il problema. Il problema è di chi gestisce i "filtri" e i flussi delle notizie. Credo che qui si apra un problema di democrazia dai risvolti del tutto inediti. Mi rendo conto che il cosiddetto digital divide è problema gravissimo: troppe persone non hanno accesso alla rete o perché non ne hanno le condizioni economiche o perché i loro governi attuano forme più o meno larvate di censura. Eppure esiste un problema anche nelle democrazie: chi controlla e indirizza quello che viene messo in rete? Chi fa le home pages e chi decide se una notizia sta in alto, ben visibile quando si apre un sito, o sta in fondo? Forse è il mercato, perché indubbiamente è più cliccabile e quindi vendibile una pagina dedicata a Paris Hilton piuttosto che una in cui si parla dei crimini di Mugabe (non me ne voglia la signorina Hilton se la cito continuamente e, in quest'ultimo caso, con una così deprecabile compagnia: assicuro che non ho assolutamente nulla contro di lei, mentre detesto Mugabe e chi dimentica, magari per fare affari, quanto sia efferata la sua dittatura nello Zimbabwe). Il mercato però non è democratico.
E' utile ancora una volta richiamare qualche dato fornito dal Censis, nel suo 43° Rapporto annuale. Gli italiani che nel 2009 hanno superato la soglia del digital divide sono il 48,7% del totale, quindi meno della metà della popolazione complessiva; le persone estranee all’uso dei mezzi a stampa sono aumentate dal 33,9% del 2006 al 39,3% nel 2009: quindi più della metà della popolazione italiana si colloca al di sotto della soglia del digital divide, più di un terzo al di sotto della soglia del press divide, più di un quarto non conosce alternative alla televisione. Con tutta evidenza anche qui si apre un problema di democrazia. Chi decide i palisesti? Chi definisce le "scalette" dei telegiornali? Chi determina, attraverso il mercato pubblicitario, cosa funziona e cosa no? Al di là dell'anomalia rappresentata da Berlusconi - che oggettivamente complica ulteriormente il problema - questo è un problema non solo per l'Italia, ma per tutte le democrazie occidentali.
Siamo effettivamente liberi come pensiamo di essere?
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