venerdì 8 gennaio 2010

"Il mio credo pedagogico" di John Dewey

Articolo I. Cos’è l’educazione

Io credo che

– ogni educazione deriva dalla partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della specie. Questo processo s’inizia inconsapevolmente quasi dalla nascita e plasma continuamente le facoltà dell’individuo saturando la sua coscienza formando i suoi abiti esercitando le sue idee e destando i suoi sentimenti e le sue emozioni. Mediante questa educazione inconsapevole l’individuo giunge gradualmente a condividere le risorse intellettuali e morali che l’umanità è riuscita ad accumulare. Egli diventa un’erede del capitale consolidato della civiltà. L’educazione piú formale e tecnica che esista al mondo non può sottrarsi senza rischio a questo processo generale. Può soltanto organizzarlo o trasformarlo in qualche direzione particolare.
– il processo educativo ha due aspetti l’uno psicologico e l’altro sociologico e che nessuno dei due può venire subordinato all’altro o trascurato senza che ne conseguano cattivi risultati. Di questi due aspetti quello psicologico è basilare. Gli istinti e i poteri medesimi del fanciullo forniscono il materiale e danno l’avvio a tutta l’educazione. Se gli sforzi dell’educatore non si riallacciano a qualche attività che il fanciullo compie di sua propria iniziativa indipendentemente dall’educatore stesso l’educazione si riduce a una pressione dall’esterno. Essa può dare dei risultati esterni ma non può essere veracemente chiamata educativa. Senza una penetrazione della struttura e delle attività psichiche dell’individuo il processo educativo sarà perciò accidentale e arbitrario. Se coincide fortuitamente coll’attività del fanciullo ne verrà stimolato; altrimenti risulterà in un ostacolo o in un agente di disintegrazione o di arresto della natura del fanciullo.
– la conoscenza delle condizioni sociali o dello stato attuale della civiltà è necessaria per potere interpretare esattamente i poteri del fanciullo. Questi possiede i suoi istinti e le sue tendenze ma noi ne ignoriamo il significato finché non possiamo tradurli nei loro equivalenti sociali. Dobbiamo essere capaci di riportarli ad un passato sociale e di vederli come l’eredità di precedenti attività della specie. Dobbiamo essere capaci altresí di proiettarli nel futuro per vedere quel che sarà il loro risultato e il loro fine.
– l’aspetto psicologico e quello sociale stanno fra loro in un rapporto organico e che l’educazione non può venir considerata come un compromesso fra i due aspetti o come una sovrapposizione dell’uno sull’altro. Si afferma che la definizione psicologica dell’educazione è nuda e formale che ci dà soltanto l’idea dello sviluppo di tutti i poteri della mente senza darci nessuna idea del loro impiego. D’altra parte si insiste che la definizione sociale dell’educazione come “adattamento” alla civiltà ne fa un processo forzato ed esterno e conduce a subordinare la libertà dell’individuo a una situazione sociale e politica presupposta.
– ciascuna di queste obiezioni è vera quando viene affacciata contro uno dei due aspetti isolato dall’altro. Per conoscere quel che è veramente una facoltà dobbiamo conoscerne il fine l’impiego o la funzione e ciò non è possibile se non si concepisce l’individuo come attivo nei rapporti sociali. Ma d’altra parte il solo possibile “adattamento” che possiamo dare al fanciullo nelle condizioni esistenti è quello che deriva dal porlo in possesso completo di tutte le sue facoltà. Coll’avvento della democrazia e delle moderne condizioni industriali è impossibile predire con precisione cosa sarà la civiltà di qui a venti anni. È perciò impossibile preparare il fanciullo a un ordine preciso di condizioni. Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso; significa educarlo in modo che egli arrivi a conseguire l’impiego intero e pronto di tutte le sue capacità; che il suo occhio il suo orecchio e la sua mano possano essere pronti strumenti di comando che il suo giudizio possa essere capace di afferrare le condizioni nelle quali deve lavorare e le forze che egli deve sviluppare per poter agire economicamente ed efficientemente. È impossibile raggiungere questo adattamento se non si tien conto di continuo dei poteri dei gusti e degli interessi propri dell’individuo cioè se l’educazione non è costantemente convertita in termini psicologici.
Riassumendo io credo che l’individuo che deve essere educato è un individuo sociale e che la società è un’unione organica di individui. Se eliminiamo il fattore sociale dal fanciullo si resta solo con un’astrazione; se eliminiamo il fattore individuale dalla società si resta solo con una massa inerte e senza vita. Perciò l’educazione deve iniziarsi con una penetrazione psicologica delle capacità del fanciullo dei suoi interessi e delle sue abitudini. Essa deve esser controllata ad ogni punto` con riferimento a queste stesse considerazioni. Tali facoltà interessi e abitudini devono essere continuamente interpretate; noi dobbiamo sapere qual è il loro significato. Esse devono esser tradotte nei loro equivalenti sociali e mostrare la loro capacità come organi di servizio sociale.

Articolo II. Cos’è la scuola

Io credo che

– la scuola è prima di tutto un’istituzione sociale. Essendo l’educazione un processo sociale la scuola è semplicemente quella forma di vita di comunità in cui sono concentrati tutti i mezzi che serviranno piú efficacemente a rendere il fanciullo partecipe dei beni ereditati dalla specie e a far uso dei suoi poteri per finalità sociali;
– l’educazione è perciò un processo di vita e non una preparazione a un vivere futuro.
– la scuola deve rappresentare la vita attuale – una vita altrettanto reale e vitale per il fanciullo di quella che egli conduce a casa nel vicinato o nel recinto dei giochi.
– quell’educazione che non si compie per mezzo di forme di vita forme che vale la pena di vivere per loro stesse è sempre un inadeguato sostituto della realtà genuina e tende a impastoiare e a intorpidire.
– la scuola come istituzione deve semplificare la vita sociale esistente; deve ridurla in certo modo a una forma embrionale. La vita esistente è così complessa che il fanciullo non può venirvi portato a contatto senza confusione o distrazione. Esso o è sopraffatto dalla molteplicità di attività che hanno luogo sí che smarrisce la sua capacità di reagire ordinatamente oppure è stimolato da queste varie attività in modo tale che le sue facoltà vengono attivate prematuramente ed esso o diventa indebitamente specializzato oppure si disintegra.
– intesa come vita sociale semplificata la vita di scuola deve svolgersi gradualmente dalla vita domestica; che deve riprendere e continuare le attività che già in casa sono familiari al fanciullo.
– deve proporre queste attività al fanciullo e riprodurle in modo che esso possa gradualmente apprenderne il significato e rendersi atto a fare la sua parte in rapporto ad esse.
– questa è una necessità psicologica perché è il solo modo di assicurare la continuità dello sviluppo del fanciullo e il solo modo di dare uno sfondo di esperienze passate alle idee nuove promosse a scuola.
– è altresí una necessità sociale perché la casa è la forma di vita sociale nella quale il fanciullo è allevato e in rapporto alla quale esso ha ricevuto la sua educazione morale. Spetta alla scuola di approfondire e di estendere il suo senso dei valori collegato alla sua vita domestica.

Articolo III. La materia dell’educazione

Io credo che

– la vita sociale del fanciullo è il fondamento della concentrazione o della correlazione di tutta la sua educazione o sviluppo. La vita sociale conferisce la unità inconsapevole e lo sfondo di tutti i suoi sforzi e di tutte le sue realizzazioni.
– la materia del programma scolastico deve differenziarsi gradualmente dall’inconsapevole unità originaria della vita sociale.
– noi violiamo la natura del fanciullo e rendiamo difficili i migliori risultati morali introducendo il fanciullo troppo bruscamente a una quantità di studi speciali come il leggere lo scrivere la geografia ed altri senza rapporto con questa vita sociale.
– il vero centro di correlazione tra le materie scolastiche non è la scienza né la letteratura né la storia o la geografia ma sono le attività sociali del fanciullo stesso.
– l’educazione dev’essere concepita come una ricostruzione continua dell’esperienza; che il processo e il fine dell’educazione sono una sola e identica cosa.
– il costituire qualsiasi fine esterno all’educazione come tale che dia ad essa il suo fine e la sua norma equivale a privare il processo educativo di gran parte del suo significato; e tende a indurci a fare assegnamento su stimoli falsi ed esterni nei nostri rapporti col fanciullo.

Articolo IV. La natura del metodo

Io credo che

– la questione del metodo sia riducibile infine alla questione dell’ordine dello sviluppo delle facoltà e degli interessi del fanciullo. La legge per la presentazione e per la trattazione della materia è la legge implicita nella natura del fanciullo medesimo. È per questo che io credo che le proposizioni seguenti siano d’importanza suprema per determinare con quale spirito si deve effettuare l’educazione.
– il lato attivo precede quello passivo nello sviluppo della natura del fanciullo; che l’espressione viene prima dell’impressione consapevole; che lo sviluppo muscolare precede quello sensoriale; che i movimenti precedono le sensazioni consapevoli. Io credo che la coscienza sia essenzialmente motrice o impulsiva; che gli stati coscienti tendano a proiettarsi in azione.
– l’aver trascurato questo princípio sia la causa di gran parte dello spreco di tempo e di energia nel lavoro scolastico. Il fanciullo è spinto a un atteggiamento passivo ricettivo o assorbente. Le condizioni sono tali che non gli è consentito di seguire la legge della sua natura; di qui i contrasti e lo sperpero.
– anche le idee (i processi intellettivi e mentali) derivano dall’azione e vengono trasmesse in vista di un migliore controllo dell’azione. Ciò che noi chiamiamo ragione è essenzialmente la legge dell’azione ordinata e efficace. Il difetto fondamentale dei metodi da noi attualmente adoperati in questo campo consiste nel tentativo di sviluppare le facoltà del ragionamento e del giudizio senza riferimento alla scelta o all’ordinamento dei mezzi di azione. Ne consegue che noi mettiamo di fronte al fanciullo dei simboli arbitrari. I simboli sono necessari allo sviluppo mentale ma il loro posto è quello di strumenti per economizzare lo sforzo; presentati in sé essi sono un insieme di idee arbitrarie e senza significato imposte dall’esterno.
_ gli interessi sono i segni e i sintomi dello sviluppo di capacità. Io ritengo che essi rappresentino delle capacità sorgenti. Perciò l’osservazione costante e accurata degli interessi è della massima importanza per l’educatore.
– questi interessi devono essere osservati come indici dello stato di sviluppo raggiunto dal fanciullo.
– essi annunciano lo stadio nel quale il fanciullo sta per entrare.
– solo mediante l’osservazione continua e sollecita degli interessi della fanciullezza è dato all’adulto di penetrare nella vita del fanciullo di scorgere la disposizione e la materia su cui egli potrebbe operare piú prontamente e con miglior esito.
– a questi interessi non si deve indulgere né li si devono reprimere. Reprimere un interesse significa sostituire l’adulto al fanciullo e indebolire in tal modo la curiosità e la prontezza intellettuale sopprimere l’iniziativa e mortificare l’interesse. Indulgere agli interessi significa sostituire ciò che è transeunte a ciò che è permanente. L’interesse è sempre il segno di qualche potere celato; la cosa importante è di scoprirlo. Indulgere all’interesse vuol dire mancar di penetrare sotto la superficie e il risultato sicuro è la sostituzione del capriccio e del ghiribizzo all’interesse genuino.

Articolo V. La scuola e il progresso sociale

Io credo che

– l’educazione è il metodo fondamentale del progresso e dell’azione sociale.
– tutte le riforme che poggiano semplicemente sull’emanazione di leggi o sulla minaccia di certe penalità o su mutamenti di dispositivi meccanici e esterni sono transitorie e futili.
– l’educazione è una regola del processo mediante cui si giunge a partecipare della consapevolezza sociale; e che l’adattamento dell’attività individuale sulla base di questa consapevolezza sociale è il solo metodo sicuro di ricostruzione sociale.
– questa concezione tiene in debito riguardo sia gli ideali individualistici che quelli socialistici. Essa è individuale perché riconosce la formazione di un certo carattere come la sola vera base del giusto vivere. È sociale perché riconosce che questo giusto carattere non deve essere formato soltanto mediante precetti esempi o esortazioni individuali ma piuttosto mediante l’influenza di una certa forma di vita istituzionale o di comunità sull’individuo e che l’organismo sociale mediante la scuola come suo organo può dar luogo a dei risultati morali.

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