Andrea Costa (Imola, 30 novembre 1851 - Imola, 19 gennaio 1910), tra i fondatori del Partito Socialista Italiano e primo deputato di idee socialiste nel parlamento italiano.
Dal discorso di autodifesa durante il processo davanti alla Corte d'Assise di Bologna, nell'udienza del 16 giugno 1876.
Cittadini Giurati!
Il Pubblico Ministero, cercando di suscitare contro di noi il fanatismo e la paura, si rivolgeva alle vostre cattive passioni, io mi rivolgo ai vostri sentimenti di equità e di giustizia; egli vi parlava come un profeta di guai e di sventure parla ad una moltitudine superstiziosa e ignorante, io parlo come uomo ad uomini.
[...] Noi vogliamo lo svolgimento pieno e completo di tutti gl'istinti, di tutte le facoltà, di tutte le passioni umane, noi vogliamo l'umanamento dell'uomo! Donde si deduce che non è la emancipazione della classe operaia quella per cui ci adoperiamo, ma la emancipazione intera e completa di tutto il genere umano.
"Le idee che voi professate, diceva il Pubblico Ministero, sono contrarie al senso comune; voi avete senso comune; dunque, professandole, siete in mala fede". Sì, Pubblico Ministero, se le idee che noi professiamo fossero quelle che voi esponeste, avreste ragione di chiamarci pazzi o malvagi: ma voi sapete per primo che quelle idee non le professiamo, e male vi opponeste quando credeste si ridesse di noi alla esposizione poco felice e poco originale di ciò che chiamavate i principii dell'internazionale! Non si rideva di noi, perché le idee nostre sono abbastanza conosciute e voi le avete fatte conoscere maggiormente; ma si rideva di voi, che tenevate e Giurati e Difensori e Cittadini tutti tanto ingenui da credere per un momento, che noi potessimo professare le idee da voi esposte. Quella accusa di mala fede, o Pubblico Ministero, non giunge fino a noi.
"Giù la maschera", diceva il Pubblico Ministero. Noi, non vogliamo ritorcere contro di voi questo grido, perché noi che secondo voi non crediamo in nulla, crediamo pur sempre nella integrità della natura umana; e questo grido facciamo conto di non aver udito, per non ritorcerlo contro di voi.
"Voi volete distruggere la scienza". Sì, la scienza che mette il mondo creato da seimila anni; la scienza che mandava al rogo Giordano Bruno, la scienza che torturava Galileo, la scienza vostra che tiene per disonesti coloro che non credono, questa scienza non siamo noi che vogliamo distruggerla: essa è già morta. Ma la scienza nuova, del progresso, della luce, la scienza che ha atterrati i vecchi idoli e i vecchi pregiudizi, e che atterrerà per la sua efficacia i vecchi privilegi, di quella scienza noi siamo modesti sì, ma appassionati cultori, ed è nostro vanto applicarla al sistema sociale, e da essa attingiamo la nostra forza.
"Voi non avete fede!" replicò il Pubblico Ministero. E come sopporteremmo allora calmi e tranquilli le vostre ingiurie, le vostre carceri, i vostri birri e le continue vessazioni alle quali siamo esposti se non avessimo fede profonda nella giustizia delle rivendicazioni sociali per le quali ci adoperiamo?
Via dunque, queste accuse di voi indegne, dettate da odio partigiano... [...] In vero, se noi consideriamo quegli avvenimenti per se stessi non possiamo fare a mano di ridere della pochezza dei mezzi di cui disponevano coloro che vi presero parte. Ma se consideriamo la condotta dei partecipanti, non rideremo più; ma saremo compresi di ammirazione per giovani che ad un fine non ben intraveduto, ma generoso, sacrificavano il loro avvenire ed andavano incontro a sacrificare la vita. E' ridicolo; ma è al tempo stesso sublime.
[...] Ci chiamate malfattori. Ebbene questo titolo lo accettiamo; e chi sa che un giorno come la croce da strumento di infamia divenne simbolo di redenzione, questo nome di malfattori dato a noi e dai noi accettato non indichi i precursori di una rigenerazione novella!
E con questo, cittadini giurati, ho finito. La coscienza popolare che voi rappresentate si è già abbastanza manifestata. Che, se nonostante tutto questo, voi doveste condannarci, noi non ci appelleremo ad una Corte di Cassazione del Regno; noi ci appelleremo invece ad un tribunale ben più severo e formidabile, un tribunale, o cittadini, che deve un giorno giudicare noi imputati, e voi giudici: noi ci appelleremo all'avvenire ed alla Storia!
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