Mi scuso con le mie lettrici e i miei lettori se, ancora una volta, torno a occuparmi di acque, di dighe, di impianti idroelettrici, ma intorno a questi temi si stanno giocando partite fondamentali che riguardano il futuro del pianeta, con grandi interessi e rischi enormi.
Lo scenario è ancora una volta l'Africa, nella parte occidentale e precisamente nella Repubblica Democratica del Congo. Il progetto prevede la creazione di un unico grande bacino artificiale, il Grand Inga, unificando due bacini realizzati alla fine degli anni settanta, Inga 1 e Inga 2: Grand Inga sarà il più grande bacino artificiale del mondo, la diga sarà alta 150 metri, l'impianto disporrà di 50 turbine e sarà in grado di produrre 40mila megawatt di energia. Serviranno, secondo le prime stime, 80 miliardi di dollari, ma la Banca mondiale, la Banca africana per lo sviluppo, il World energetic council, molti istituti di credito e diverse aziende private hanno già dato la disponibilità a finanziare l'opera: sarà un grande affare, naturalmente per pochi e soprattutto non per l'Africa.
Inga 1 e Inga 2 sono attualmente in fase di ammodernamento, sempre grazie ai finanziamenti della Banca mondiale. La loro realizzazione, avvenuta negli anni della dittatura del presidente Mobutu Sese Seko, ha comportato altissimi costi ambientali e lo spostamento forzoso di migliaia di persone. I due impianti non hanno mai funzionato secondo le attese previste e, nonostante l’esportazione e la creazione di una linea che ha portato l'energia alle miniere della provincia del Katanga, solo il 6% della popolazione congolese ha avuto finora accesso all’energia elettrica. Neppure i villaggi che sorgono a pochi chilometri dalle dighe hanno l'elettricità.
L'impatto di Grand Inga sarà forse minore, visto che i danni maggiori sono già stati compiuti con i precedenti interventi e che l'area è ormai poco abitata, ma le prospettive di sviluppo per il Congo non sono certamente migliori. Il progetto di Grand Inga infatti prevede la realizzazione di almeno tre linee di trasmissione dell'elettricità a lunga distanza: la prima, di circa 3.500 chilometri verso il Sud Africa - uno dei grandi sponsor del progetto - la seconda verso la Nigeria, la terza verso l'Egitto e i paesi dell'Europa meridionale, tra cui l'Italia. Sarà una linea di oltre 5.600 chilometri, avrà costi molti alti, perché dovrà attraversare quasi tutta l'Africa, compreso il Sahara, con paesi in guerra e tensioni fortissime.
Per ora il progetto non prevede di fornire energia ai 500 milioni di abitanti del continente che non hanno accesso a questa risorsa. Mi pare chiaro chi ci guadagnerà e chi ci rimetterà.
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