"Si vis pacem, para bellum", recita il noto detto latino. Deve esserne ricordato anche il segretario generale della Nato, l'ex-premier danese Rasmussen, noto anche per la sua avvenenza, come fece notare un evidentemente invidioso Silvio Berlusconi un po' di tempo fa. Lunedì scorso, insieme a Madeleine Albright, ha presentato a Bruxelles il nuovo "Concetto strategico", ossia il documento di orientamento politico-strategico con cui periodicamente la Nato ridefinisce il proprio ruolo e le proprie funzioni. Nell'enfasi della presentazione Rasmussen ha detto, tra le altre cose: "Nonostante le grandi sfide economiche che gravano sui singoli stati" - evidentemente anche lui si è accorto che in Europa c'è la crisi, deve averlo letto in qualche memorandum riservato - "è preoccupante osservare il crescente divario nella spesa militare tra Stati Uniti e alleati europei". Infatti il bilancio della spesa militare degli Stati Uniti è quasi il 4,7% del Pil, mentre i ventisei alleati europei - quasi ventisei piccoli indiani - spendono in media l'1,7%. Sono soltanto sei i paesi europei che hanno un bilancio militare superiore al 2% e tra questi c'è la Grecia, che arriva al 3,2%, la percentuale più alta dopo quella degli Stati Uniti. Un esempio da lodare e da imitare, secondo Rasmussen; e infatti la Grecia è messa come ben sappiamo, gli stipendi e le pensioni sono stati congelati, le tasse sono state aumentate e così via. Il governo greco, pur incassando le lodi di Rasmussen e della Nato - le uniche lodi internazionali che riceve in questo periodo - ha deciso di ridurre un po' le proprie spese militari, passando da 6,8 a 6 miliardi. Mentre gli altri paesi europei hanno richiesto a voce la politica di rigore, di fronte a questa decisione di Atene hanno storto il naso. Il governo francese pretende che comunque la Grecia acquisti le sei navi da guerra già ordinate alla Dcns, per un totale di 2,5 milardi di euro e il governo tedesco che vengano acquistati i due nuovi sottomarini che sta costruendo la Thyssen-Krupp - sì, proprio la stessa azienda ben nota a Torino - per 150 milioni.
Chissà cosa farà il governo italiano, che spende soltanto 23 miliardi all'anno per il bilancio della difesa? Rinuncerà al programma di acquisto di 131 cacciabombardieri F-35, rischiando di scendere ancora nella considerazione di Rasmussen e degli esperti della Nato?
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