Discorso in occasione del 60° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre
Mosca, 3 novembre 1977
Cari compagni, rivolgo a tutti voi il saluto fraterno del Pci. Con legittima fierezza - come ha detto il compagno Breznev - i comunisti e i popoli dell'Unione Sovietica festeggiano i 60 anni della vittoria della Rivoluzione socialista d'ottobre, anni di un cammino tormentato e difficile, ma ricco di conquiste nello sviluppo economico pianificato, nella giustizia sociale e nell'elevazione culturale; un cammino nel quale grandeggiano il vostro contributo determinante con il sacrificio di milioni e milioni di vite umane, alla vittoria sulla barbarie nazifascista e la vostra costante opera per difendere la pace mondiale.
Con la Rivoluzione socialista del '17 si compie una svolta radicale nella storia; e così la sentono anche oggi i lavoratori di tutti i continenti. La vittoria del partito di Lenin fu di portata veramente universale perché ruppe la catena del dominio, fino ad allora mondiale, del capitalismo e dell'imperialismo, e perché, per la prima volta, pose a base della costruzione di una società nuova il principio della uguaglianza fra tutti gli uomini.
Attraverso la breccia aperta qui 60 anni fa, presero vita i partiti comunisti e, successivamente, in conseguenza del mutamento nei rapporti di forza su scala mondiale realizzatosi con la sconfitta del nazismo, in altri paesi si è potuto intraprendere il passaggio dal capitalismo a rapporti sociali e di produzione socialisti mentre in interi continenti si sono affermati movimenti che hanno fatto crollare i vecchi imperi coloniali e, nei paesi capitalisti, sono cresciute le idee del socialismo e l'influenza del movimento operaio.
Il complesso delle forze rivoluzionarie e di progresso - partiti, movimenti, popoli, stati - ha in comune l'aspirazione ad una società superiore a quella capitalistica, alla pace, ad un assetto internazionale fondato sulla giustizia: qui sta la ragione indistruttibile di quella solidarietà internazionalista che va continuamente ricercata.
Ma è chiaro anche che il successo della lotta di tutte queste forze varie e complesse esige che ciascuna segua vie corrispondenti alle peculiarità e condizioni concrete di ogni paese, anche quando si tratta di avviare e portare a compimento l'edificazione di società socialiste: l'uniformità è altrettanto dannosa dell'isolamento.
Per quanto riguarda i rapporti tra i partiti comunisti e operai, essendo pacifico che non possono esistere fra essi partiti che guidano e partiti che sono guidati, lo sviluppo della loro solidarietà richiede il libero confronto delle opinioni differenti, la stretta osservanza della autonomia di ogni partito e della non ingerenza negli affari interni.
Il Partito comunista italiano è sorto anche esso sotto l'impulso della rivoluzione dei Soviet. Esso è poi cresciuto soprattutto perché è riuscito a fare della classe operaia, prima e durante la Resistenza, la protagonista della lotta per la riconquista delle libertà contro la tirannide fascista e, nel corso degli ultimi 30 anni, per la salvaguardia e lo sviluppo più ampio della democrazia.
L'esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione, così come è avvenuto per altri partiti comunisti dell'Europa capitalistica, che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l'avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un'originale società socialista.
Ecco perché la nostra lotta unitaria - che cerca costantemente l'intesa con altre forze di ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale - è rivolta a realizzare una società nuova, socialista che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello stato, la possibilità dell'esistenza di diversi partiti, il pluralismo nella vita sociale, culturale e ideale.
Compagni, grandi sono i compiti a cui siete chiamati dagli stessi alti traguardi raggiunti nello sviluppo del vostro paese, e alta è la funzione che vi assegna la delicata fase internazionale nella lotta per la pace, per la distensione, per la cooperazione fra tutti i popoli.
Molto cammino dobbiamo ancora percorrere tutti. Noi comunisti italiani siamo certi tuttavia che, sviluppando secondo i compiti e i modi che a ciascuno sono propri i risultati della Rivoluzione d'ottobre, i partiti comunisti e operai, i movimenti di liberazione, le forze progressiste di ogni paese riusciranno a determinare - nel conseguente universalizzarsi della democrazia, della libertà e dell'emancipazione del lavoro - il superamento su scala mondiale del vecchio assetto capitalistico e, quindi, ad assicurare un futuro più sereno e felice per tutti i popoli.
Vi ringraziamo, cari compagni, per il vostro invito a queste solenni celebrazioni della Rivoluzione d'ottobre e accogliete il caloroso augurio che i comunisti italiani trasmettono ai comunisti, ai lavoratori, ai popoli dell'Unione Sovietica per il successo della causa della pace e del socialismo.
Un discorso simile, così farcito di abiezioni storiche e sociali, di falsità solarmente evidenti già al momento in cui fu pronunciato e che pure appartiene ad un politico raffinato come pochi altri mai, aiuta meglio a comprendere il baratro in cui il popolo italiano ha amato precipitarsi nell'ultimo quindicennio. Vivo Berlinguer, mi è capitato spesso di pensare a quanto dannoso potesse essere il suo modo di guidare la maggiore delle forze di sinistra. Gli ultimi sedici anni me ne hanno dato la riprova schiacciante, di quelle che non ti saresti mai augurato.
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Caro S, non ho ben capito il tuo ragionamento. Certo questo discorso è datato, contiene formule legate al luogo e all'occasione in cui fu pronunciato, ma, nonostante tutti questi grandi limiti, contiene anche una definizione molto precisa di quello che è stato il maggior partito della sinistra in Italia. Viste le tante mistificazioni che si sentono, a destra come a sinistra, su quella storia, mi è sembrato giusto riportarlo, nel giorno in cui abbiamo ricordato la scomparsa di Enrico Berlinguer.
RispondiEliminaIl problema è nel rapporto tra le premesse e la tesi che viene sostenuta nel discorso per quanto riguarda il nostro Paese. E' un problema di logica, oltre che di politica. O è vero ciò che si afferma nella premessa, dunque che
RispondiElimina"La vittoria del partito di Lenin fu di portata veramente universale perché ruppe la catena del dominio, fino ad allora mondiale, del capitalismo e dell'imperialismo, e perché, per la prima volta, pose a base della costruzione di una società nuova il principio della uguaglianza fra tutti gli uomini"
o è vero che è necessario tenere conto del fatto che, per il PCI:
"... la nostra lotta unitaria - che cerca costantemente l'intesa con altre forze di ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale - è rivolta a realizzare una società nuova, socialista che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello stato, la possibilità dell'esistenza di diversi partiti, il pluralismo nella vita sociale, culturale e ideale.
Infatti, non è affatto indifferente il problema del "metodo" attraverso cui Lenin è andato al potere e lo ha gestito, ben seguito, in questo, da Stalin. E quel "metodo" sovietico, vincente e celebrato da Berlinguer, non lasciava certo spazio alla democrazia e ad una concezione tollerante delle diversità religiose e ideologiche e della dialettica politica. Non ha mai storicamente consentito neppure agli altri partiti comunisti di sviluppare "secondo i compiti e i modi che a ciascuno sono propri i risultati della Rivoluzione d'ottobre", come mostrano gli esempi di Polonia e Ungheria.
Considero, pertanto, questo discorso, insostenibilmente "doppio", tanto più che nel 1977 Berlinguer sapeva esattamente che l'esperienza della Rivoluzione di Ottobre, per quello che aveva determinato, era da considerarsi una autentica iattura, proprio per i diritti e la libertà dei popoli che ne avevano goduto i "vantaggi".
Non è un discorso "di sinistra", mi spiace, è il discorso che avrebbe saputo fare qualsiasi elevato notabile democristiano, alle prese con il sempre eterno ufficio del "colpo al cerchio ed alla botte".
Salvatore Improta
Personalmente, da socialista, credo che l'esperienza del Pci - e Belinguer in essa - abbia in sé moltissime contraddizioni. Io non voglio certo fare di Berlinguer un "santino", ma credo che la sua azione politica andrebbe studiata con maggiore attenzione di quanto viene fatto oggi e che, nonostante siano vere le tue considerazioni, quel discorso fu comunque coraggioso. Berlinguer avrebbe potuto in quell'occasione solenne ripetere formule consuete, ma, nonostante tutto (anche l'attentato che subì nel '73 in Bulgaria), volle fare un intervento di rottura con una certa tradizione. E, ripeto, credo sia importante ricordarlo.
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