Saramago, in suo celebre romanzo, La zattera di pietra, immagina che la penisola iberica si stacchi dall'Europa e si metta a navigare per l'oceano.
Nell'oceano Pacifico da diversi anni di trova il cosiddetto Pacific trash vortex, noto anche come Great Pacific garbage patch, ossia la grande chiazza di immondizia del Pacifico: un accumulo galleggiante formato prevalemtemente di plastica che "naviga" tra il 135° e il 155° meridiano ovest e tra il 35° e il 42° parallelo nord. Secondo le stime che registrano un'estensione minore sarebbe di 700mila kmq - ossia più grande della penisola iberica - per un totale di 3 milioni di tonnellate di plastica. Ma ci sono scienziati che danno numeri ben più preoccupanti.
L'accumulo di immondizia proprio in quella zona è cominciato a partire dagli anni '50, per effetto di una corrente oceanica dotta di un movimento a spirale in senso orario, che fa sì che i rifiuti tendano ad aggreggarsi. Naturalmente la corrente era presente ben prima degli anni '50 e probabilmente anche i rifiuti, ma solo dalla metà del secolo scorso si trova la plastica che non è biodegrabile e rimane a galleggiare sull'oceano. I rifiuti arrivano per l'80% dalla terraferma, ossia dalla costa occidentale dell'America del nord e dalle coste orientali dell'Asia e per la restante parte dai rifiuti delle navi e delle piattaforme petrolifere e dalla perdita di container, a causa della imprevidibilità delle correnti.
Sono facilmente intuibili i danni all'ambiente marino e alle specie viventi che vivono in quella zona; secondo una stima dell'Onu nella zona del Pacific trash vortex muoiono ogni anno un milioni di uccelli e oltre 100mila mammiferi marini.
Questi rifiuti sono abbastanza lontani dalla terraferma perché nessun governo se ne preoccupi troppo, ma rimangono comunque un problema per tutti, che ci dovrebbe finalmente interrogare sul nostro modello di sviluppo.
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