Lo sapete, io faccio il tifo per Obama e, proprio come ogni tifoso, tendo a eluderne i difetti e ad ingigantirne i pregi; per cui mi dispiace che proprio ora, in un momento internazionale non facile, la sua amministrazione sia costretta ad affrontare le conseguenze delle rivelazioni di Wikileaks e mi dispiace vedere la povera Hillary Clinton costretta a fare dichiarazioni imbarazzate su questo o quel capo di stato, nel malcelato tentativo di chiudere le falle che si sono aperte.
Nonostante questo ritengo che Julian Assange e chi lavora a Wikileaks abbiano fatto bene a pubblicare tutte quelle comunicazioni circolate tra il Dipartimento di stato e le varie ambasciate statunitensi. Ho letto diversi commenti negativi su Wikileaks e francamente mi sembrano ingiusti. Capisco che il nostro sedicente ministro degli esteri vada urlando come una prefica, chiedendo l'arresto, l'ergastolo, forse la fucilazione di Assange: il presidente del consiglio, di cui lui è lo zelante ed elegante attendente, non esce affatto bene da queste comunicazioni riservate. Capisco anche i diplomatici, quelli veri - e questo esclude ancora una volta il povero Frattini, probabilmente il peggior ministro degli esteri della storia italiana - che deplorano la diffusione di queste informazioni, spiegando che in fondo l'ipocrisia è un elemento imprescindibile nelle relazioni umane. Effettivamente nessuno di noi di solito dice veramente cosa pensa del cognato, del collega di scrivania, del vicino di casa. L'argomento è fondato, ma pur ritenendo indispensabile una qualche dose di ipocrisia diplomatica, penso anche che in una democrazia sia legittimo, e a volte anche necessario, esprimere chiaramente alcuni valori: Gheddafi rimane un dittatore, anche se è un interlocutore necessario dell'area del Maghreb, in Russia esiste un regime non completamente democratico, e così via.
Un po' meno comprensibili mi sembrano i commenti di alcuni opinionisti benpensanti, che dicono che la pubblicazione di quelle infomazioni doveva essere evitata, che danneggia il vero giornalismo d'inchiesta, che insomma Wikilieaks non può davvero essere considerato come un alfiere della libertà di informazione. Mi sembra un po' la favola della volpe e l'uva. Credo sia abbastanza significativo che nessun giornale italiano sia tra quelli scelti da Wikileaks per la prima pubblicazione dei documenti, ossia New York Times, Guardian, Der Spiegel, Le Monde, El Pais. Nessun grande giornale italiano fa vero giornalismo d'inchiesta, tanto meno su questioni di politica estera, preferendo partecipare, più o meno direttamente, al gioco delle dichiarazioni e delle controdichiarazioni dei vari schieramenti. Una rubrica fissa dei quotidiani italiani è il "retroscena" in cui si racconta cosa avrebbe detto Berlusconi, cosa avrebbe risposto Fini, cosa avrebbe pensato - se l'espressione non è troppo pretenziosa - Rutelli, cosa starebbero per dichiarare i vari esponenti del Pd. I lettori leggono e ne sanno esattamente come prima, nonostante questa pretesa possibilità di guardare dal buco della serratura. Per sapere qualcosa di quello che succede nel mondo bisogna leggere Internazionale, che infatti traduce gli articoli di quei giornali - e non solo di quelli - che sono tra coloro che stanno pubblicando i dispacci della diplomazia statunitense. E infatti per i lettori di questi giornali, e per i lettori di Internazionale, i segreti di Wikileaks non sono veri e propri segreti, si tratta per lo più dei conferme di quanto diversi giornalisti nel mondo hanno già scritto.
Gli archivi statunitensi contengono ben più terribili segreti e probabilmente a questi non sarà mai possibile accedere.
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