domenica 28 agosto 2011

Considerazioni libere (245): a proposito di carestie...

Nella mia penultima "considerazione" - la nr. 243 - ho provato a ragionare di democrazia o meglio di quale sia il significato che dobbiamo dare a questa parola, dal momento che di democrazie al mondo ce ne sono tante e molto diverse le une dalle altre. Amartya Sen dice che "le democrazie caratterizzate da un sistema mediatico libero ed energico e da regolari elezioni multipartitiche si dimostrano di fatto efficienti nel prevenire il verificarsi delle carestie" (se volete leggere tutta la riflessione dell'intellettuale indiano, potete trovarla qui).
Voglio provare a raccontare quello che sta succedendo nel Corno d'Africa e in particolare in Somalia, proprio a partire dall'assunto di Sen. Distratti dalla crisi economica e dall'improvvisa accelerazione della guerra in Libia, non ci siamo accorti di quello che stava avvenendo nel cuore dell'Africa. Ma questa non è una novità: c'è sempre qualcosa di più urgente dell'Africa.
Come sempre, credo sia necessario partire dai numeri. Sono quasi 12 milioni le persone minacciate dalla siccità e dalla carestia nell'Africa occidentale: 4,6 milioni in Etiopia (il 6% dell'intera popolazione), 3,2 milioni in Kenya (il 10,2% della popolazione) e 3,7 milioni in Somalia (addirittura il 34,5% della popolazione). Ed è proprio in quest'ultimo paese che la situazione è più drammatica: negli ultimi 90 giorni sono morti 30mila bambini, mentre 810mila persone sono fuggite dal paese per andare nei campi profughi in Etiopia, Kenya e Gibuti - peraltro anch'essi colpiti dalla siccità, come ho detto prima. Lo scorso 20 luglio l'Onu ha dichiarato ufficialmente l'emergenza alimentare in due province della Somalia meridionale e poco dopo l'ha estesa ad altre tre. Le Nazioni Unite dichiarano formalmente che in un paese c'è una carestia quando viene verificato che in una certa area del mondo un bambino su tre è malnutrito e che ogni giorno un bambino su 2.500 muore per la fame. Le carestie vengono dichiarate con molta cautela: questa è la prima volta che accade nel nuovo secolo. In Somalia non accadeva dal 1992.
Ci sono prima di tutto cause climatiche. Questa primavera sono mancate le piogge e di conseguenza i raccolti. In genere, almeno fino al Duemila, questi gravi episodi di siccità colpivano la regione ogni dieci anni, ora invece si succedono ogni due anni. Il clima, il riscaldamento globale, l'inquinamento non bastano però a raccontare quello che sta avvenendo in Somalia, anzi sarebbe un alibi troppo comodo per quelle persone che sono le vere responsabili della carestia.
Prima di tutto bisogna sapere che la carestia non è arrivata all'improvviso. Già nell'ottobre dello scorso anno i governi e le istituzioni internazionali erano state avvertite di quello che sarebbe successo questa estate. Il sistema di preallarme della carestia che tiene sotto controllo sia gli andamenti climatici sia i prezzi dei generi alimentari e degli altri beni di consumo aveva detto chiaramente che quest'anno la situazione sarebbe stata drammatica. Questo sistema di preallarme è stato creato dagli Stati Uniti per prevenire fenomeni come la grande carestia del 1984-85, che colpì in particolare Etiopia e Sudan; il sistema è efficiente, ma purtroppo inefficace, dal momento che le sue previsioni rimangono sostanzialmente sulla carta.
Inoltre la Somalia meridionale, la regione maggiormente colpita dalla carestia, non è una regione arida, come parte del Kenya e dell'Etiopia, ma una delle zone più floride del Corno d'Africa. Il vero problema è che in Somalia manca un vero governo da oltre vent'anni, il paese è in mano di fatto ai cosiddetti "signori della guerra" e non c'è nessuna struttura amministrativa. La situazione è se possibile peggiorata da quando, nel 2009, nella Somalia meridionale il potere è passato di fatto alla milizia islamista Al Shabaab, legata ad Al Qaeda. Ad aggravare il quadro c'è la decisione degli Stati Uniti di sospendere l'invio degli aiuti nella regione controllata dai miliziani, per non dare un ulteriore sostegno a dei potenziali nemici.
Qui andrebbe aperta una riflessione profonda: ha senso che i governi occidentali continuino a tenere insieme aiuto allo sviluppo e sostegno politico? Per punire Al Shabaab si finiscono per punire tutti i somali, rischiando di favorire la stessa propaganda islamista contro l'Occidente. La sicurezza alimentare dovrebbe essere garantita comunque, anche in quei territori governati da nemici, quando questi, come nel caso somalo, non sono in grado di assicurare i servizi di base alle popolazioni dove sono insediati. Si rischia di fornire aiuti anche ad Al Shabaab, ma almeno si eviterebbero i morti per carestia. Su questo dovrebbe aprirsi un confronto, ma purtroppo siamo ancora troppo sordi ai drammi dell'Africa.

p.s. devo queste riflessioni all'articolo di Xan Rice pubblicato su The Guardian e tradotto nel nr. 912 di Internazionale.

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