venerdì 11 novembre 2011

da "Vita activa" di Hanna Arendt

A far iniziare l'epoca moderna non fu l'antico amore degli astronomi per la semplicità, l'armonia e la bellezza, che fece guardare a Copernico le orbite dei pianeti dal sole anziché dalla terra, né il ridestato amore del Rinascimento per la terra e il mondo, con la sua ribellione contro il razionalismo della Scolastica; questo amore del mondo, al contrario, fu il primo a cader vittima della trionfale alienazione del mondo dell'età moderna. Fu piuttosto la scoperta, dovuta al nuovo strumento, che l'immagine copernicana dell'"uomo virile che ha preso posto nel sole... intento e contemplare i pianeti" era molto più di un'immagine o di una presa di posizione arbitraria, ma in effetti un'indicazione della stupefacente facoltà umana di pensare in termini di universo pur rimanendo sulla terra, e di quella forse ancor più stupefacente di servirsi delle leggi cosmiche come principi-guida per l'azione sulla terra. In confronto all'alienazione della terra che accompagna l’intero sviluppo delle scienze naturali nell'età moderna, l'allontanamento dalla prossimità terrestre promosso dalla scoperta del globo come totalità e l'alienazione del mondo prodotta dal duplice processo dell'espropriazione e dell'accumulazione della ricchezza sono fattori di minor rilevanza.
[...]
Cartesio divenne il padre della filosofia moderna per aver generalizzato l'esperienza della propria generazione e di quella precedente e averne elaborato un nuovo metodo del pensiero, diventando così il primo pensatore completamente educato a quella scuola del dubbio che, secondo Nietzsche, è la filosofia moderna. Il sospetto gettato sulle capacità effettive dei sensi rimase il nocciolo dell'orgoglio scientifico finché, ai nostri giorni, si è trasformato in una fonte di inquietudine. La filosofia moderna cominciò con il de omnibus dubitandum est di Descartes, con il dubbio, ma con il dubbio non come autocontrollo della mente umana, per guardarsi dagli inganni del pensiero e dalle illusioni dei sensi, non come scetticismo verso le morali e i pregiudizi degli uomini e dei tempi, e nemmeno come un metodo critico di ricerca scientifica e di speculazione filosofica. Il dubbio cartesiano ha una portata tanto più vasta ed è troppo fondamentale nel suo intento per essere determinato da tali contenuti concreti. Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumàzein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è. Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Proprio come da Platone e Aristotele fino all'età moderna, la filosofia, nei suoi maggiori e più autentici rappresentanti, è stata l'articolazione dello stupore di fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.

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