Nessuno parla ormai più della Grecia. Delle due l'una: o in quello sfortunato paese ormai hanno risolto tutto, la crisi che è cominciata prima è già finita, i greci sono già fuori dal tunnel, dove tra poco li raggiungeremo anche noi italiani, oppure i soloni di Francoforte hanno già dato per perso quel paese, che è abbastanza debole per fallire. Comprensibilmente, visto che che è sempre spiacevole turbare l'ordine costituito, quasi nessuno ha dato rilevanza a questa notizia. Il Global Financial Integrity, che è un'organizzazione non governativa molto autorevole e indipendente, ha presentato uno studio in cui si spiega che negli ultimi due anni sono arrivati in Grecia 200 miliardi di dollari di denaro "sporco", per alimentare l'economia sommersa del paese, tra cui naturalmente anche la criminalità organizzata. Nello stesso rapporto si dice che dal 2003 a oggi 509 miliardi di dollari sono entrati e usciti in maniera illecita da quel paese, spesso avendo come punto di partenza o come destinazione i tanti paradisi fiscali che ci sono nel mondo. La cifra è significativa, basti considerare che il pil annuo della Grecia è di circa 300 miliardi di dollari e naturalmente tutti questi soldi non sono passati per il fisco. La cosa più significativa è che fino al 2009 i soldi "sporchi" uscivano dalla Grecia, mentre da quando c'è la crisi tendono a entrarci: c'è una relazione diretta, anche se non causa-effetto, tra l'aggravarsi della crisi e la crescita dell'economia illegale.
Questi dati segnalano un rischio molto elevato: negli stati più deboli e periferici dell'Europa la liquidità sarà essenzialmente legata ai traffici dell'economia illegale. Già nel 2009 l'unità dell'Onu contro la criminalità organizzata aveva lanciato alcuni chiari segnali di allarme: istituti di credito in crisi di liquidità potrebbero decidere di finanziarsi con denaro di dubbia provenienza e frutto di attività di riciclaggio. Pensate cosa può succedere in Italia dove già una parte significativa del paese è controllata da grandi organizzazioni criminali e dove queste rappresentano per molte aziende l'unico modo di accedere al credito; un paese sempre più avvitato nella crisi diventerebbe preda di strutture illegali che sono già ben inserite nella vita economica e che non aspettano altro di completare i loro acquisti. Di questo passo rischiamo che la mafia della lupara diventi un fenomeno quasi irrilevante, perché la partita vera si giocherà su altri tavoli. Anche il dibattito sulla trattativa tra lo stato e la mafia rischia di diventare preistorico, perché a quel punto la mafia non avrà nemmeno più bisogno di trattare.
C'è a questo punto un ulteriore rischio: che garanzie ci sono che i soldi che arriveranno da Francoforte per salvare le banche europee e gli stati sempre più indebitati non vadano a finire nelle mani di chi controlla questa economia parallela? Purtroppo le vicende italiane ancora una volta non possono che farci temere il peggio: quanti soldi destinati alla ripresa del Mezzogiorno sono finiti nelle casse di mafia, camorra e 'ndrangheta? Qui alla periferia dell'impero rischiamo concretamente di essere strozzati tra le ricette ultraliberiste dei funzionari della troika e le attività illegali dei nuovi capi della criminalità organizzata, l'unica ad avere i capitali necessari per operare in tempo di crisi.
Mi sembrerebbe un bel tema di campagna elettorale.
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