domenica 30 settembre 2012

Considerazioni libere (309): a proposito dell'ora di religione...

Alcuni giorni fa il ministro dell'istruzione del governo italiano si è lasciato scappare una frase, di cui credo non avesse ben colto e immaginato le conseguenze. "Credo che il paese sia cambiato - ha detto Profumo - nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che deve essere più aperto. E credo che non solo per la religione, ma anche, ad esempio, per la geografia ci voglia una revisione dei nostri programmi in questa direzione. Oggi la scuola deve essere più aperta, multietnica e capace di correlarsi al mondo attuale". In sé queste parole sono sagge e neppure troppo rivoluzionarie, ma l'inesperto ministro - troppo "tecnico" evidentemente - è stato subito richiamato all'ordine da uno degli "azionisti di riferimento" dell'esecutivo: in questo paese si può pure riformare la geografia - la storia è già riformata da tempo - ma non certo l'ora di religione. Dalle Mura leonine è subito arrivata la versione "ufficiale" delle parole del ministro; il cardinal Ravasi ha pazientemente spiegato: "è importante il rinnovamento della didattica nel metodo: il messaggio evangelico e i grandi insegnamenti cristiani vanno sempre insegnati, ma c'è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura", quindi l'ora di religione non si discute, si possono cambiare i metodi, ma questo comunque è "affar nostro". Naturalmente altri prelati, meno curiali e meno intelligenti di Ravasi, sono intervenuti in modo più aspro e subito si sono schierati contro il ministro i baciapile e gli atei devoti del centrodestra, ma evidentemente dal Vaticano è arrivato l'ordine perentorio di chiudere la discussione: del tema non bisogna neppure parlare. Così il dibattito è stato rapidamente chiuso, molte articolesse sono state gettate nei cestini e infatti di ora di religione non si parla più: come noto, sono "ben altri" i problemi di questo paese, come si sono affrettati a dire anche gli immarcescibili cattolici del Pd.
Nonostante tutto quello che succede nel nostro disgraziato paese, penso che le parole "dal sen fuggite" del ministro meritino qualche riflessione in più. Il tema dell'ora di religione a scuola è in questo paese un argomento taboo, come tutti quelli che riguardano l'etica e la religione. In ambito laico sono state affrontate proposte diverse, dall'abolizione tout court dell'ora di religione alla sua sostituzione con un'ora di storia delle religioni o di etica; naturalmente ogni proposta ha visto il rifiuto a confrontarsi delle gerarchie cattoliche e l'unico risultato possibile, per quanto modesto, è stata la possibilità di esenzione dall'ora di religione. E raramente le scuole, nella loro autonomia così povera di mezzi, hanno saputo offrire un'offerta alternativa agli "esentati".
Il problema si è naturalmente complicato con il passare degli anni, perché nella nostra società - e di conseguenza nella scuola - non c'è solo una minoranza laica o laicista o dichiaratamente atea con cui la maggioranza, più o meno convintamente cattolica, deve fare i conti, ma è cresciuta, per effetto di un fenomeno migratorio di cui non avevamo capito la portata, una minoranza che professa altre religioni e segnatamente la religione musulmana, che sempre più è la religione degli "altri", di quelli diversi da "noi", di quelli con cui è aperto un conflitto, più o meno latente. Parallelamente, nonostante le gerarchie lamentino il crescere del secolarismo nella nostra società, ne denuncino il relativismo - uno dei cavalli di battaglia dell'attuale pontefice - è aumentata la deferenza pubblica e politica verso la chiesa cattolica, le cui posizioni dottrinali sono finite per diventare gli unici criteri dell'etica civile repubblicana, anche al di là dell'effettiva adesione a questi valori di coloro che si dicono credenti - anche tra le nostre classi dirigenti - che nei loro comportamenti si dimostrano ben poco cristiani.
Da non credente, penso che l'ora di religione da problema - o da questione insignificante, come è considerata dalla maggior parte degli italiani - potrebbe diventare un'opportunità per la nostra scuola e per la nostra società, naturalmente a patto che tutti facciamo un passo indietro rispetto a posizioni radicate negli anni. Proviamo a partire dall'idea che abbiamo della scuola e da quale dovrebbe essere il suo ruolo: secondo me la scuola, a tutti i suoi livelli, dall'asilo all'università, dovrebbe essere un'agenzia educativa, che contribuisce, con la famiglia e le altre agenzie educative, a far crescere donne e uomini. La scuola ha naturalmente un ruolo primario nell'insegnare alle giovani persone le nozioni fondamentali, come il leggere, lo scrivere e il far di conto - come si diceva una volta - ma se si fermasse qui il suo ruolo sarebbe davvero poco significativo e forse anche sostituibile con altri strumenti, in questo nostro tempo in cui la tecnologia ha ormai cambiato le nostre vite. Credo che ciascuno di noi possa ricordare le "altre" cose che abbiamo imparato a scuola, al di là di quello che era scritto sui libri o ci hanno spiegato i professori: il rispetto delle regole, lo stare insieme ad altre persone, la solidarietà con gli altri studenti, il saperci rapportare - anche in modo conflittuale - con l'autorità e così via. Gli insegnanti, con il loro lavoro, hanno contribuito, nel bene e nel male, a fare di noi quello che siamo, al di là di quelle nozioni che abbiamo imparato nel nostro percorso scolastico. Temo che questa consapevolezza del ruolo della scuola e degli insegnanti si sia perso, nel tentativo - figlio di una certa ideologia - di aumentare le competenze "tecniche". E anche su questo risultato - ricordate ad esempio le tre I propagandate da un recente governo? - credo ci sarebbe comunque da discutere; ho l'impressione che la nostra scuola sia carente sia come agenzia educativa nel senso più ampio che ho provato a descrivere sia come agenzia specializzata nel trasmettere nozioni, al di là della buona volontà di molti insegnanti che vivono ancora il loro ruolo come un impegno sociale ed etico prima ancora di un lavoro come un altro.
Proprio in questa ottica un ragionamento diverso sull'ora di religione - o meglio sulla cultura religiosa - potrebbe essere utile. Mi pare che in Italia cresca l'incultura religiosa, così come in questi anni è cresciuta l'incultura politica e quella civile. Questo non è solo legato al diffondersi del laicismo e del relativismo, come sembrano credere - in maniera per me semplicistica - molti uomini di chiesa. Faccio sempre fatica a occuparmi di campi che non sono miei - e la religione è uno di questi - ma penso che la chiesa dovrebbe interrogarsi sul suo insegnamento - quello che loro chiamano propriamente magistero - che è sempre meno teologico, perché tutto avvitato sui temi "eticamente sensibili", e tra questi soprattutto quelli legati alla sessualità delle persone. L'insistenza delle gerarchie cattoliche su alcuni temi, e solo su questi - ad esempio la difesa della "famiglia naturale" - paiono ossessivi, anche a chi, come me, guarda quel mondo dal di fuori, con il rispetto che è necessario per una parte non irrilevante della cultura del nostro paese.
Il tema non è se fare o non fare catechismo a scuola, come spesso si è banalizzato il dibattito intorno all'ora di religione. La lezione di religione dovrebbe provare a spiegare cosa significa avere una fede. E di conseguenza quali sono i fondamenti di questa religione, qual è la sua storia, quali sono state e quali sono le sue contraddizioni e i suoi conflitti, e naturalmente quali sono le differenze rispetto alle altre religioni, ma anche cosa può scaturire dal loro confronto. In questa ottica l'insegnamento della religione potrebbe essere utile nella formazione di una società in cui dovranno convivere religioni diverse, insieme a persone che non credono e che vogliono conoscere e rispettare le religioni degli altri. Pensate soltanto che contributo potrebbe dare un insegnamento così strutturato alla conoscenza della nostra società e della nostra cultura per quelle persone che sono venute a vivere qui da altri paesi, con storie e culture diverse; anche a loro sarebbe utile questa ora di religione, perché la nostra cultura non può fare a meno della storia, della cultura e della tradizione del cattolicesimo. Con questi obiettivi l'ora di religione non dovrebbe più essere "appaltata" ad altri né essere considerata un'ora in più, in qualche modo slegata al percorso scolastico - avviene qualcosa del genere purtroppo e per altre ragioni anche all'educazione civica - ma dovrebbe diventare una parte di un curriculum scolastico riformato, in cui si rapporta con l'insegnamento della filosofia, della storia, della letteratura, dell'arte, della cultura generalmente intesa. E potrebbe cooperare, appunto con un'educazione civica anch'essa "riformata", alla crescita e alla formazione delle giovani persone, nel senso più ampio che io intendo. L'insegnamento della religione dovrebbe diventare - anche mantenendo un rapporto proficuo con la chiesa cattolica - a tutti gli effetti una materia della scuola pubblica.

1 commento:

  1. Il Ministro ha perfettamente ragione, così come tu. Mi sorprende, ma sempre meno, come la doppia morale di tanti politici ormai non cerchi nemmeno i nascondersi, ma sia palese. Così come è molto più palese e interventista la chiesa nelle questioni politiche, senza nemmeno nascondersi un po' come faceva ai tempi della DC, i cui politici, penso a De Gasperi, non erano poi così supinamente pronti a obbedirle... ma i politici d'oggi sono quasi tutti nani...

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