Al netto delle astensioni - che pure sono l'elemento più rilevante delle recentissime elezioni siciliane, come ho cercato di spiegare nella mia ultima "considerazione" - il voto della Sicilia offre diversi spunti di riflessione. Al di là di quello che dicono molti commentatori, a me non pare che ci sia stato un "terremoto". Il centrodestra nell'isola continua a essere maggioritario: tra coloro che hanno votato - ossia un po' meno della metà degli elettori siciliani - uno su due ha scelto il Pdl o Noi sud o l'Udc. Dagli anni lontani delle scuole elementari sappiamo che non è possibile sommare mele e pere e infatti il nuovo presidente della Regione è una persona certamente estranea alla storia del centrodestra isolano e questa è una novità rilevante, che però non cambia il dato di fondo. Il centrodestra si è presentato profondamente diviso e ha perso.
Nei prossimi mesi vedremo se queste divisioni sono destinate a crescere o a ricomporsi. Francamente non sono in grado adesso di fare una previsione. Chi mi legge con qualche assiduità sa che io penso che nella destra italiana ci siano ormai due opzioni politiche, un fenomeno simile a quello che avviene negli altri paesi europei e, con le dovute differenze, anche negli Stati Uniti: c'è una destra costituzionale - la destra di Monti, di Merkel, di Cameron - e una destra eversiva - quella di B., di Le Pen, del Tea party, dei fascisti ungheresi e di Alba dorata. A differenza di quello che avviene in Francia, in Germania, nel Regno Unito, dove la destra eversiva è minoranza e non è in grado di entrare al governo - anche se ovviamente riesce a spostare a destra il dibattito politico, come è accaduto nelle recenti elezioni presidenziali francesi - in Italia, come in Ungheria, la destra eversiva - grazie al potere economico di B., ma grazie anche alla storia peculiare di questo paese - è maggioritaria. Personalmente penso che in Italia la cosiddetta destra repubblicana non riuscirà più a prevalere sulla destra eversiva; c'era riuscita soltanto la Democrazia cristiana, anche se a prezzo di compromessi non sempre commendevoli. Nel nostro paese, che - non dimentichiamolo mai - è quello in cui è nato il fascismo, la destra repubblicana è ormai destinata a trovare un accordo, più o meno esplicito, con la destra eversiva, come è avvenuto in questo ventennio berlusconiano. Se guardiamo a questo fenomeno, forse la nostra unica speranza è che continui il processo che sposta la sovranità dagli stati nazionali all'Europa, dove la destra costituzionale riesce a conservare la maggioranza, anche se al prezzo di un'abdicazione a favore della tecnocrazia finanziaria, ma questa è probabilmente una storia che ci allontana troppo dall'analisi del voto siciliano. Come sappiamo, in Sicilia - e in Italia - il modo con cui la destra repubblicana ha deciso in questa fase di sopravvivere all'abbraccio mortale con la destra eversiva è quello di allearsi con una parte della sinistra. E questo - temo - finirà per uccidere la sinistra.
E qui arriviamo al secondo dato più evidente emerso dalle elezioni siciliane. In Italia, a differenza di quello che avviene in Grecia - con cui pure ci sono moltissime affinità nel quadro politico e sociale - la protesta che sommariamente potremmo definire anticapitalista - anche se il termine rischia di essere riduttivo e fuorviante, ma comunque è utile per capire lo spirito del popolo del 99% - non si traduce in un voto a sinistra, ma nel voto al Movimento 5 stelle, che rivendica con orgoglio il proprio essere al di là e al di sopra delle categorie di destra e di sinistra. Francamente è sempre più difficile capire cosa sia esattamente quel movimento, che pure cresce in maniera impressionante. Grillo non è Pizzarotti e Cancelleri probabilmente esprime idee ancora diverse; comunque di questa complicata galassia, dei voti che esprime e soprattutto delle esigenze che raccoglie dovremo tenerne conto ancora per un bel po' di tempo, perché non vedo a sinistra la capacità di offrire un'alternativa credibile.
Perché in Italia, nonostante tutto quello che succede, non riesce a nascere una forza di sinistra come Syriza? La prima risposta è che purtroppo quello che è in campo attualmente nella sinistra del nostro paese è assolutamente inadeguato al compito. Per poter sottoscrivere la richiesta di referendum abrogativo contro la riforma Fornero nel mio comune ho dovuto firmare sui moduli mandati dall'Italia dei valori. Va bene, è importante che almeno loro lo abbiano fatto, ma cosa cavolo c'entra Di Pietro con la sinistra italiana? Francamente nulla, Di Pietro ha semplicemente - e furbescamente - riempito un vuoto, approfittando del fatto che nei vent'anni che abbiamo appena passato siamo vissuti nell'equivoco che essere contro B. voleva dire essere automaticamente di sinistra e anzi chi più faceva rumore, più alzava la voce - e Di Pietro in questo è maestro - era più di sinistra e così ci siamo ritrovati da questa parte della staccionata questo tribuno che, tra l'altro, ha scelto spesso compagni di viaggio estremamente discutibili, come sempre succede a chi crea un partito personale. Al di là di Di Pietro, il resto della sinistra è fatto da piccoli partiti in cui prevale una logica settaria. Vendola è stato per un po' la speranza che avessimo trovato in Italia qualcuno capace di aggregare una sinistra che fatica storicamente a rimanere unita, ma temo che non abbia più questa forza, se mai l'ha avuta. Forse ci siamo illusi. La decisione di partecipare alle primarie e quindi di accettare la logica del futuro accordo con Casini mi pare più funzionale a creare la corrente di sinistra del Pd che a proporre una reale alternativa di cambiamento. Intendiamoci, con questi chiari di luna, è utile anche questo, servirà almeno a temperare alcune asprezze riformistiche che Bersani da solo, contro il fronte compatto dell'Udc e della parte più conservatrice del Pd - Renzi compreso - non sarebbe riuscito a contenere; Vendola renderà un po' meno indigeribile il prossimo governo "montiano" di centrosinistra, ma nulla di più. E quindi ci siamo ritrovati così - unico tra i paesi europei - a non avere né un partito che fa riferimento al Partito socialista europeo né una forte opposizione politica di sinistra, tranne quella rappresentata dal sindacato, che però è, per forza di cose, un'altra cosa. Cosa succederà non lo so. A me hanno insegnato che la sinistra esiste in natura, perché esistono le ingiustizie e quindi dobbiamo lottare per superarle. Adesso è un filo sottile, ma come dicono i nostri contadini "piuttosto è meglio di niente".
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