martedì 30 dicembre 2014

Verba volant (154): bilancio...

Bilancio, sost. m.

In qualche modo questa definizione fa il paio con l'ultima che ho scritto, perché in questi giorni di fine anno, oltre a fare gli auguri - ossia le profezie sull'anno che sta per cominciare - siamo soliti fare i bilanci dell'anno che sta per finire; e su questi, spesso, ci capita di non essere sinceri.
Bilancio deriva dal verbo bilanciare, che viene a sua volta dal sostantivo latino bilanx, composto da bis, che significa due volte, e da lanx, lancis, che significa piatto, un calco del greco antico lekos, che indica appunto un contenitore dalla forma curva, una scodella in buona sostanza.
Per ogni famiglia la fine dell'anno è l'occasione per fare il bilancio dei conti di casa, per calcolare le entrate e le uscite e per vedere infine se l'esito è positivo - come tutti auspichiamo - o negativo - come invece tutti temiamo. Fare questo bilancio è tutto sommato piuttosto semplice, perché i numeri hanno una loro verità, che è difficile eludere, per quanto spiacevole possa essere. Naturalmente possiamo mentire anche con i numeri ed esiste infatti il falso in bilancio, che in questo paese ormai non è nemmeno più reato, ma viene considerato una colpa da poco, anzi in certi ambienti è quasi una nota di merito. Poi i numeri si possono un po' stiracchiare. A me ogni tanto capita: se a fine mese facciamo una spesa un po' grossa, magari imprevista, che mi farebbe sballare i conti di quel mese, a volte mi capita di registrare quella stessa spesa nelle uscite del mese successivo; nel caso annuncio a Zaira che ho fatto un po' di "finanza creativa". Comunque non si scappa, a fine anno quella spesa imprevista salta fuori e prende il posto che le compete nel bilancio.
Curiosi sono poi quei bilanci i cui numeri cambiano a seconda di chi li legge. Capita ad esempio in alcune aziende: se c'è da premiare il manager quel bilancio presenta un attivo considerevole e quindi questi merita un congruo premio per l'ottimo risultato raggiunto, se c'è da aumentare, anche di pochissimo, le retribuzioni degli operai, quello stesso bilancio presenta inevitabilmente delle criticità, che non permettono appunto quell'ulteriore esborso, anzi forse sarebbe il caso di licenziare qualche lavoratore, così, per far tornare i conti. Poi ci sono i bilanci dello stato che presentano uno strano fenomeno: le entrate, ossia i soldi che noi paghiamo attraverso le tasse, non bastano mai e quindi i nostri governanti sono costretti a introdurre, malgrado le promesse fatte in campagna elettorale, nuove tasse, mentre le uscite, ossia i soldi spesi in servizi, sono sempre troppi, e quindi i nostri indefessi governanti devono tagliarli. Però stranamente l'equilibrio non lo trovano mai.
Non sono questi però i bilanci che mi interessano. Ciascuno di noi, almeno a fine anno, è chiamato a fare un bilancio delle cose che ha fatto e di quelle che non ha fatto, di quelle che avrebbe dovuto fare e di quelle che non avrebbe dovuto fare. In genere quando giudichiamo gli altri siamo inflessibili: Caio ha fatto questo, che non avrebbe dovuto fare, e Tizio non ha fatto quello, che invece avrebbe dovuto fare, e siamo subito pronti a rimproverarli. Quando invece tocca a noi il giudizio si attenua, si smorza: è vero, avremmo dovuto fare quella cosa là - avevamo giurato che l'avremmo fatta - ma sono poi sorti tali ostacoli, così insormontabili che ci hanno fatto desistere; la faremo sicuramente l'anno prossimo. Forse non avremmo dovuto fare quella cosa che oggi giudichiamo un errore, ma allora non ci sembrava così sbagliata e poi hanno fatto la stessa cosa anche gli altri. E andiamo avanti così, accampando scuse, più o meno valide, giustificazioni, più o meno fantasiose, e alla fine in genere tendiamo a dire che, tutto sommato, non siamo andati proprio male e siamo pronti a dire che il nostro bilancio è stato positivo.
Devo dire che, nonostante tutto, fatico a considerare questo atteggiamento come del tutto negativo. Vi immaginate cosa sarebbe un mondo di implacabili censori dei propri difetti? Francamente ne avrei timore. In medio stat virtus, dicevano gli antichi e così come è necessaria una certa dose di ipocrisia nei rapporti interpersonali - vi immaginate cosa succederebbe se tutti cominciassimo a essere sinceri e dicessimo cosa davvero pensiamo degli altri? la nostra società crollerebbe nel giro di due giorni - così dobbiamo accettare che ciascuno di noi tenda a pensare di aver fatto bene quello che ha fatto, se l'ha fatto con la coscienza di aver fatto bene. Gli errori sono sempre possibili - e anzi ne faremo sempre - ma non per forza dobbiamo pensare di essere da condannare perché ne abbiamo commessi.
In fondo non possiamo sempre pensare di aver sbagliato tutto; neppure noi di sinistra.

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