Imbecille, agg. e sost. m. e f.
Il più celebre paradosso dell'antichità è certamente quello attribuito al cretese Epimenide, quando affermava che i cretesi sono bugiardi: non sapremo mai se mentiva o diceva la verità. E chi scrive sui social media, dicendo che i social media hanno dato il diritto di parola agli imbecilli? Non sapremo mai se è anch'egli imbecille. Posso legittimamente credere che Umberto Eco non legga regolarmente il mio blog e, qualora gli capitasse sotto gli occhi questo post, spero non se ne abbia troppo a male. Esimio professore, non mi riferisco certo a lei.
Comunque sia, chiunque frequenta la rete - e specialmente chi, come me, prova a usarla come strumento di informazione - sa bene che Eco ha ragione: ci imbattiamo spesso in imbecilli, ce li ritroviamo di continuo tra i piedi, ci fanno perdere molto, troppo, tempo. Tanti imbecilli in questi giorni hanno rilanciato la frase di Eco, l'hanno sottolineata, l'hanno fatta propria, anzi si sono vantati di averlo detto prima di lui. E oggettivamente gli imbecilli sono tantissimi, sono legioni - come dice giustamente il professore - ed è molto più probabile incontrare uno di loro piuttosto che un premio Nobel.
Però ci sono sempre stati, e sempre sono stati più numerosi dei premi Nobel. E comunque non sono i social media ad avere dato a questi personaggi un particolare diritto: lo hanno sempre avuto e utilizzato, con la stessa incurante e volgare baldanza. I lettori più giovani, i cosiddetti nativi digitali, non lo possono sapere, ma noi vecchi ce lo ricordiamo il mondo prima della rete e gli imbecilli imperversavano anche allora.
Il problema era allora - ed è adesso - riconoscere un imbecille e cercare di renderlo innocuo. Come dice Eco, vanno messi a tacere, come facevano i nostri genitori e i nostri nonni quando li incontravano nei bar o al mercato. Naturalmente - lo dico a scanso di equivoci, ad uso dei miei lettori imbecilli - l'essere imbecilli non coincide con il livello di istruzione. Personalmente ho imparato tantissimo da persone che non sono andate a scuola e ho conosciuto laureati che sono perfetti imbecilli.
Io non credo che esista un mondo avanti internet e un mondo dopo internet. La rete è uno strumento - certamente molto potente - e proprio per questo ciò che conta è chi la usa. La rete è un'opportunità che sta a ciascuno di noi usare o non usare, usare bene o male. Non è la rete che ci rende più imbecilli. Siamo noi che siamo imbecilli in senso etimologico, ossia siamo deboli, e non riusciamo più a riconoscere i veri imbecilli, quelli che fanno danni, perché non sanno di esserlo. E spesso, quando li riconosciamo, li lasciamo parlare, li lasciamo fare, per quieto vivere, o peggio per interesse, perché sono i nostri capi o i nostri insegnanti o sono quelli che ci governano. O magari sono quelli che hanno vinto il premio Nobel: succede anche questo, come hanno dimostrato le cronache recenti.
Ecco in questo tempo ci sono più imbecilli, ma non per colpa della rete; anzi nonostante la rete, gli imbecilli sono più diffusi, più potenti, più influenti, più ricchi. E naturalmente più orgogliosi di esserlo.
Per questo occorre organizzare delle forme di resistenza contro questa invasione degli imbecilli. E la rete è uno degli strumenti che possiamo - e dobbiamo - utilizzare in questa lotta, che sarà dura e che forse sarà vana, perché il numero fa forza e loro sono tantissimi, anche perché la loro madre, come si sa, è sempre incinta. Per questo io credo - e penso sia d'accordo anche il professor Eco - che l'accesso alla rete sia un elemento essenziale del progresso democratico, sia un diritto che dovrebbe essere inserito tra quelli fondamentali garantiti nella prima parte della Costituzione. Ma, proprio per quello che ho scritto prima, non facciamoci illusioni: anche in una società ideale in cui tutti abbiano accesso libero e gratuito alla rete, non ci sarà maggiore condivisione delle informazioni, non ci sarà più conoscenza, perché gli imbecilli continueranno a esserci e anzi rischiamo che amministrino la rete. La crescita della consapevolezza democratica e civile, la diffusione dell'intelligenza, passa - e passerà sempre - attraverso l'educazione, la sua libertà e il suo pluralismo. Nonostante gli imbecilli.
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