Per diversi anni abbiamo ragionato e discusso sulle radici dell'Unione europea, ci siamo divisi, anche aspramente, su cosa mettere - e non mettere - nel preambolo di una futuribile Costituzione. Evidentemente questa discussione è stata vana, visto quello che sta succedendo in queste settimane. Quelle riflessioni si sono fermate sugli scogli di Ventimiglia, davanti a un vecchio posto di confine che ormai consideravamo abbandonato, di fronte al muro alzato in una notte dal governo ungherese sul confine serbo, nel mezzanino della stazione centrale di Milano, accanto ai turisti che arrivano in città per Expo; quella Costituzione è affondata nel mare di Lampedusa.
Io, da ateo, sono convinto che in quel testo avremmo dovuto citare le radici cristiane, perché è impossibile pensare l'Europa, la sua storia, la sua cultura, la sua civiltà, senza l'apporto di quella religione, anche se le chiese - specialmente quella cattolica - nella loro secolare azione politica, hanno quasi sempre rappresentato un freno violento allo sviluppo dei diritti alla persona e della democrazia. Così come avremmo dovuto richiamare l'eredità del mondo greco e romano, quella dell'illuminismo e della Rivoluzione francese e quella, per me altrettanto importante, del socialismo, nonostante i crimini che, nel nome di queste due rivoluzioni, sono stati commessi nel nostro continente e nell'intero pianeta. L'Europa è tutto questo, è figlia di questa complessità, di questa storia, anche dei conflitti legati inevitabilmente a queste vicende. Adesso però abbiamo perso il filo di quella storia e pare addirittura che non siamo più in grado di ricucire una tela irrimediabilmente strappata.
Non sappiamo ascoltare le parole del papa che, in forza degli elementi fondanti di quella religione, della carità di cui parla con accenti così forti Paolo di Tarso, in nome di quell'esule morto crocifisso, in cui dicono che il loro dio abbia voluto incarnarsi, chiede di aprire le porte delle nostre città a questi nuovi esuli, a questi poveri cristi, a queste famiglie che cercano di mettere in salvo i loro figli dai tanti Erode che ci sono nel mondo.
Non siamo più capaci di capire il significato delle storie degli antichi. L'esule era sacro per i greci. Eschilo racconta che quando le figlie di Danao, fuggendo dal loro paese per non essere costrette a sposare contro la loro volontà i figli di Egitto, raggiungono Argo, il popolo di quella città, riunito in assemblea, decide, anche se questo provocherà la guerra, di proteggere quelle vergini:
Avrete qui la vostra casa, libere,
sicure da rapina e da saccheggio:
nessuno né straniero né del luogo
vi scaccerà: se ci sarà violenza,
chi non vi porti aiuto tra questi uomini
sia esule, senza legge e senza onore.
L'ho scritto in una delle prime definizioni di questo inconsueto vocabolario: in questa tragedia si trova la prima attestazione, seppur in perifrasi, del termine democrazia. Mi sembra significativo che la prima volta che un greco usa questa parola sia proprio quando vengono sanciti, nel modo più solenne possibile, i diritti degli esuli. Quante donne, nuove Danaidi, arrivano in Europa per sfuggire un mondo che non dà loro alcun diritto, che le costringe a sposarsi bambine con uomini che non hanno scelto?
Io credo che dovremmo bandire espressioni come "guerra di civiltà", l'Europa non è in guerra con il mondo musulmano, è quello che vogliono farci credere quelli che lucrano sul conflitto. I nostri veri nemici sono quelli da cui queste donne e questi uomini fuggono. La loro fuga è il segno che non vogliono piegarsi a una visione barbara di quella religione, ma quando noi li respingiamo facciamo il gioco dei fondamentalisti, ributtiamo quelle donne e quegli uomini nelle loro braccia: è come se dicessimo a quei popoli che è meglio che diventino tutti fondamentalisti. Se l'Europa non è più capace di mostrare il lato positivo della nostra cultura, non riesce a rendere evidente che la democrazia e i diritti sono un elemento positivo e di progresso, milioni di persone si rifugeranno nella falsa sicurezza delle loro religioni, nella grettezza dei fondamentalismi. Per questo non possiamo permetterci di sostenere i fondamentalisti, in casa nostra e in casa loro.
Io credo che dovremmo bandire espressioni come "guerra di civiltà", l'Europa non è in guerra con il mondo musulmano, è quello che vogliono farci credere quelli che lucrano sul conflitto. I nostri veri nemici sono quelli da cui queste donne e questi uomini fuggono. La loro fuga è il segno che non vogliono piegarsi a una visione barbara di quella religione, ma quando noi li respingiamo facciamo il gioco dei fondamentalisti, ributtiamo quelle donne e quegli uomini nelle loro braccia: è come se dicessimo a quei popoli che è meglio che diventino tutti fondamentalisti. Se l'Europa non è più capace di mostrare il lato positivo della nostra cultura, non riesce a rendere evidente che la democrazia e i diritti sono un elemento positivo e di progresso, milioni di persone si rifugeranno nella falsa sicurezza delle loro religioni, nella grettezza dei fondamentalismi. Per questo non possiamo permetterci di sostenere i fondamentalisti, in casa nostra e in casa loro.
Non sappiamo più leggere quello che è scritto nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Per chi, come me, si emoziona quando ascolta la Marsigliese, vedere il governo francese che tradisce quello spirito fa particolarmente male, perché la Francia è la patria dei diritti umani. E tanti profughi vogliono andare in quel paese anche in forza di questa storia. E non è vero che accogliendo i profughi rischiamo di favorire il Front national e le altre forze nazionaliste che basano la loro propaganda su questo tema. Anzi in questi giorni i governi europei, nella loro incapacità di affrontare un arrivo tutto sommato contenuto di migranti - centomila su cinquecento milioni di cittadini dell'Unione - sono i migliori alleati di questi professionisti della paura, di questi mestatori di odio; questi tentennamenti, queste incertezze, costituiscono un vantaggio per questi partiti, permettono loro di continuare a dire che i profughi sono un pericolo. Occorre togliere loro questa arma e l'unico modo per farlo è quello di organizzare un'accoglienza ordinata e solidale.
Da socialista mi vergogno che il movimento socialista europeo sia muto di fronte a tutto questo, che non riesca a dire una parola, a spiegare che questi disgraziati fuggono l'ingiustizia, fuggono la povertà, fuggono la fame, ed è nostro compito lottare contro l'ingiustizia, contro la povertà, contro la fame. I giovani di quei paesi si affacciano alla storia e chiedono un futuro diverso, un futuro più giusto; contro queste nuove generazioni si sono armati i terroristi e i loro alleati del capitale. Per questo noi socialisti dobbiamo considerare quei popoli in fuga nostri compagni di lotta, perché combattiamo dalla stessa parte, perché combattiamo gli stessi nemici. Il socialismo è internazionalista o non è. I socialisti che un secolo fa rinunciarono a questa idea per sostenere i governi borghesi che scatenarono la guerra furono travolti; così saremo travolti noi, per non avere saputo tendere la mano a questi compagni in difficoltà, per non aver saputo capire che la loro lotta è la nostra lotta.
Da socialista mi vergogno che il movimento socialista europeo sia muto di fronte a tutto questo, che non riesca a dire una parola, a spiegare che questi disgraziati fuggono l'ingiustizia, fuggono la povertà, fuggono la fame, ed è nostro compito lottare contro l'ingiustizia, contro la povertà, contro la fame. I giovani di quei paesi si affacciano alla storia e chiedono un futuro diverso, un futuro più giusto; contro queste nuove generazioni si sono armati i terroristi e i loro alleati del capitale. Per questo noi socialisti dobbiamo considerare quei popoli in fuga nostri compagni di lotta, perché combattiamo dalla stessa parte, perché combattiamo gli stessi nemici. Il socialismo è internazionalista o non è. I socialisti che un secolo fa rinunciarono a questa idea per sostenere i governi borghesi che scatenarono la guerra furono travolti; così saremo travolti noi, per non avere saputo tendere la mano a questi compagni in difficoltà, per non aver saputo capire che la loro lotta è la nostra lotta.
Tutte le radici si sono seccate e l'albero è destinato a cadere.
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