Rovescio, agg. e sost. m. e f.
In questi primissimi giorni del 2016 si sta parlando molto, e quasi sempre a sproposito, dell'errore di oltre un minuto con cui Rai Uno ha annunciato in anticipo l'arrivo del nuovo anno. Ormai non sanno fare più nemmeno il conto alla rovescia, ma francamente mi pare un errore veniale. Non è scandaloso quello sbaglio nella sincronizzazione dell'orologio con cui tanti di noi hanno fatto il conto alla rovescia per stappare le bottiglie di spumante e in fondo non è neppure scandalosa la bestemmia scritta in un sms da un telespettatore e trasmessa inavvertitamente per pochi secondi, insieme agli altri auguri che passavano velocemente nella parte bassa del teleschermo.
Naturalmente la cosa sta facendo rumore perché è stato nominato Dio invano e questo disturba l'azionista di maggioranza della televisione pubblica italiana: se fosse stato un insulto a carattere sessuale rivolto a una donna le gerarchie vaticane avrebbero fatto molto meno casino e di questo episodio non parleremmo più. Il funzionario colpevole di questa disattenzione ha detto che quella bestemmia gli è sfuggita perché prima aveva già dovuto cancellare più di trecento messaggi con contenuti inappropriati e questo la dice lunga sul genere di società in cui viviamo, se trecento persone si sono prese la briga di mandare un sms con una bestemmia o una sconcezza solo per il gusto di vederla in televisione. Per non parlare di quelli che hanno letto tutti quegli inutili messaggi con la sola segreta speranza di leggere una bestemmia o qualche altra volgarità.
E questo paese è anche così becero e spesso squallido, perché la televisione è becera e spesso squallida: e lo spettacolo dell'altra notte ne è l'esempio più eclatante. Lo scandalo vero, la cosa di cui dovremmo indignarci, è che il più importante canale televisivo pubblico di questo paese non sia riuscito a fare nulla di meglio di uno spettacolo indecoroso e triste come L'anno che verrà, anzi che da molti anni non riesca a fare nulla di meglio di così. Lo scandalo è l'assoluta incapacità di fare qualcosa di meglio di questa esanime e ripetitiva sagra da strapaese.
La Rai quest'anno ha deciso di trasmettere lo spettacolo di fine d'anno da Matera e non più da Courmayeur, un po' perché la Regione Val d'Aosta ha deciso di smettere di tirare fuori dei soldi per finanziare questo preteso "evento", e un po' per avere il pretesto di festeggiare la prossima capitale europea della cultura. E così i guitti sono scesi, armi e bagagli, nella città lucana - miracolando Rocco Papaleo, per la ragione che è l'unico lucano che conoscono - e hanno messo in piedi un carrozzone fatto di battute di terz'ordine, di qualche ragazza scosciata, di imitazioni di basso livello, di qualche canzone troppo conosciuta: ormai qualunque telespettatore con un po' di memoria potrebbe indovinare quali brani verranno trasmessi in una trasmissione del genere. Ai preti, ai benpensanti, agli intellettuali di questo paese non dà fastidio che le donne in televisione vengano usate solo come tappezzeria? Che vengano valutate solo per la taglia del reggiseno? Ai preti, ai benpensanti, agli intellettuali non disturba la stupidità, la mancanza di fantasia, la scarsa professionalità? No, a loro importa solo dell'ora esatta e delle bestemmie. L'unica idea avuta dagli autori dello spettacolo è il rapporto con il pubblico, che fa tanto social, rappresentato appunto da quello scorrere di messaggi inutili e sgrammaticati, che ha tirato fuori il peggio dei telespettatori, al netto della censura poco efficace. Non c'è da stupirsi, se la televisione da anni insegna che per far ridere basta dire merda o cazzo e che un bel sedere fa alzare l'audience cosa possiamo aspettarci da quelli che smanettano da casa con il loro cellulare?
Nessuno si aspetta che lo spettacolo di fine d'anno debba essere un evento culturale, debba essere qualcosa di memorabile. In molte case si accende la televisione proprio perché c'è il conto alla rovescia e quindi se ormai non serve neppure a questo c'è poco da guardare. Né potevamo pensare che quello spettacolo davvero rappresentasse la cultura dell'Italia o di Matera o del nostro Mezzogiorno, o forse purtroppo la rappresenta, anche troppo bene.
Quello spettacolo dovrebbe essere soltanto uno spettacolo, un varietà si diceva una volta, qualcosa di leggero, che possa accompagnare le famiglie che rimangono a casa e davanti alla televisione, fino alla mezzanotte, possibilmente senza sbagliare nell'indicare l'ora esatta. Non sarebbero necessari fior di autori o i più bei nomi dello spettacolo italiano, basterebbe che vi è impegnato sapesse far bene il proprio lavoro. Spesso è impietoso confrontare il livello dei varietà della Rai in bianco e nero con quelli di oggi, eppure bisogna farlo per capire come è peggiorata non solo la televisione, ma tutta la nostra società. E quella era pure una società chiusa, bigotta, maschilista - democristiana in una parola sola - che la televisione, governata appunto dai democristiani, rappresentava in tutti i suoi limiti. Però chi faceva la televisione lo sapeva fare. Il "segreto" di quegli spettacoli che adesso ancora guardiamo divertendoci, è piuttosto semplice: erano realizzati da artisti, da autori, da tecnici, capaci di fare il proprio mestiere, da bravi artigiani, da "lavoratori dello spettacolo", secondo la definizione dell'Enpals. A volte erano artisti di grande livello, a volte no, ma erano comunque persone del mestiere. Perché bisogna essere capaci, anche a fare i censori.
Altrimenti si rischia inevitabilmente di andare a rovescio.
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