Bikini, sost. m.
Per quello che posso capire io, da uomo e da "sportivo da divano", immagino che per una donna sia più semplice giocare a beach volley indossando un bikini piuttosto che un costume intero come quello usato dalle atlete egiziane, per quanto questo sia stato studiato appositamente per lo sport.
Io, come molti di voi, so bene cosa quel velo rappresenti per i fondamentalisti cristiani e per quelli musulmani: il segno che la donna deve essere sottomessa all'uomo. E quindi spero che arrivi un giorno, non troppo lontano, in cui le donne islamiche possano finalmente liberarsi di questa imposizione, come hanno fatto le donne cristiane, neppure troppi anni fa.
Credo però che anche quel bikini, in fondo, sia una forma di imposizione di noi maschi verso le donne. Fate un piccolo esperimento: provate a cercare in rete immagini di giocatrici di beach volley e poi ditemi cosa rappresentano gran parte di quelle foto. Culi. Culi molto belli, culi molto atletici, ma comunque culi. Il beach volley è un bello sport, spettacolare, che richiede doti particolari, forza e tecnica, le atlete che lo praticano a livello professionistico sono donne dotate di grandi qualità, sono campionesse da ammirare, eppure troppo spesso finiamo per valutarle solo per il culo.
In questi giorni in tanti, giustamente, abbiamo scritto su un titolo cretino e offensivo dedicato alle tre campionesse di tiro con l'arco, eppure non ci siamo indignati abbastanza per un altro titolo altrettanto cretino e altrettanto offensivo sulla ragazza che è arrivata seconda nella sciabola: argento a Rio e oro in bikini: le foto da urlo, lato B disegnato col compasso.
Dopo le proteste di tante persone solidali con le arciere "cicciottelle", l'editore, maschio, ha sollevato dall'incarico il direttore responsabile, maschio, di quel giornale. Credo sia stata una decisione giusta, magari dettata dall'ipocrisia, ma comunque giusta, perché segna una piccola vittoria. Ho letto molti commenti, anche di donne, indispettiti per questa decisione dell'editore del Carlino: quelli che si è trattato di una decisione esagerata, quelli che non si è può essere schiavi delle emozioni dei social, quelli che i problemi sono ben altri. No. Il problema non è un altro, ma è proprio questo. Non possiamo indignarci quando una donna viene uccisa e poi fare finta di niente quando si alimenta quella cultura che fa sì che le donne vengano uccise. Non possiamo dire, dopo ogni morte, che è un problema culturale, che è un problema di come vengono educati i maschi, e poi accettare che su un giornale sportivo, che leggono prevalentemente i maschi, continuino a essere usate queste categorie che rappresentano un vero e proprio razzismo di genere.
Nella nostra società un'atleta vale di più se è bella. Federica Pellegrini non sarebbe diventata un personaggio così popolare solo grazie alle sue indubbie doti sportive, così come altre campionesse ugualmente belle. Le atlete belle hanno più sponsor, guadagnano di più, hanno maggiori possibilità di carriera. E naturalmente lo stesso discorso lo potremmo fare per le giornaliste, per le avvocate, per le donne che fanno politica. E non è un caso che spesso sui bikini delle giocatrici di beach campeggi il logo dello sponsor, non solo perché è il solo spazio possibile, ma perché quel piccolo rettangolo di tessuto gode di un'attenzione morbosa, va sulle prime pagine dei giornali "seri", è sempre tra le immagini più cliccate in rete, perché in sostanza noi maschi, nel nostro infantilismo, nel nostro analfabetismo sentimentale, vogliamo vedere dei culi, e gli sponsor ci fanno vedere quello che desideriamo, li mettono in mostra e in vendita come laidi mezzani. E così le donne per noi sono quei culi così desiderabili e poi non scandalizziamoci se qualcuno di noi maschi, più debole e più imbecille, pensa di poter prendere quel culo, esposto come un pezzo di carne sul banco di un supermercato, e dimentica che quel culo è una donna, con la sua intelligenza, con le sue passioni, anche con i suoi difetti naturalmente - le donne devono essere libere di essere stronze esattamente come noi uomini - è il culo di una campionessa, è il culo di nostra figlia.
Io spero in una società in cui le donne non siano più costrette a indossare il velo, ma in cui possano anche indossare un bikini senza per questo essere considerate solo un pezzo di carne, in cui vengano considerate per quello che sono, per quello che sanno e per quello che fanno. Spero in un mondo in cui si parli allo stesso modo di un uomo come di una donna, in cui una donna guadagni quanto un uomo. In un mondo in cui le donne siano libere dalla stupidità, dall'egoismo e dalla violenza dei maschi.
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