Perdente, agg. e s. m. e f.
Difficile immaginare due persone più differenti di Obama e Trump: per
storia personale, idee politiche, stile, linguaggio, Barack e Donald
sono agli antipodi. Eppure c'è un tratto in comune nella loro storia
politica: entrambi sono diventati presidenti degli Stati Uniti, uno otto
anni dopo l'altro, sconfiggendo Hillary Clinton. Se non ci fosse stata
Hillary forse nessuno dei due sarebbe diventato presidente. Allora forse
il problema non è Donald Trump, come si affannano a spiegare in queste
ore quelli che hanno capito tutto, ma è proprio Hillary Rodham coniugata
Clinton, che i cittadini degli Stati Uniti non vogliono che diventi
presidente, e non solo perché è una donna, ma perché è quella donna.
Otto anni fa Obama era un giovane senatore nero il cui slogan era yes, we can.
Obama non era allora - come non lo è stato in questi otto anni di
presidenza - antisistema, era - ed è - un moderato con alcune idee
progressiste, però era lui stesso, per il colore della sua pelle, per
quello che rappresentava la sua storia personale e politica, un simbolo
di rinnovamento; e così è stato percepito da molti cittadini americani,
che per questo hanno preferito lui a Hillary, che era, già allora, la
candidata migliore, quella favorita, quella che poteva soltanto vincere.
E che infatti ha perso. Trump sapeva di non essere fisicamente
antisistema, come lo era Obama, e così lo è diventato, alzando i toni
della polemica politica, usando un linguaggio assolutamente inusuale, a
tratti volgare, mostrando la propria faccia peggiore. Trump è un attore -
credo un bravo attore, probabilmente in questo più bravo di Reagan - e
un bravo attore sa quello che il suo pubblico vuole. Per questo otto
anni dopo molti cittadini americani hanno preferito lui a Hillary, che
era, ancora una volta, la
candidata migliore, quella favorita, quella che poteva soltanto vincere.
E che infatti ha perso, un'altra volta.
Se in otto anni Hillary Clinton è stata sconfitta due volte, da due
persone così differenti, sarebbe ora di interrogarsi sul perché e credo
che la risposta sia di una qualche utilità anche per le travagliate
vicende della sinistra in Europa.
C'è una foto del 1999 che racconta perché Hillary ha perso. Nel novembre
di quell'anno si ritrovarono a Firenze Bill Clinton - accompagnato
ovviamente dalla moglie - Massimo D'Alema, Tony Blair, Lionel Jospin,
Gerhard Schroeder, Fernando Cardoso. Il presidente degli Stati Uniti,
il presidente del consiglio italiano, il premier inglese, il capo del
governo francese, il cancelliere tedesco e il presidente del Brasile,
per la prima volta, erano tutti e sei rappresentati di forze
progressiste. Ci illudemmo allora - anche noi che facevamo politica a un
livello molto più basso - che il mondo stesse per cambiare davvero, che
finalmente toccasse a noi governare il mondo. Però per arrivare al
governo avevamo progressivamente rinunciato a essere socialisti, a
essere di sinistra. La chiamammo allora terza via, ci parve
allora un compromesso necessario: pur di andare al governo rinunciammo a
pezzi sempre più ampi dello stato sociale, che cominciammo a
smantellare, varammo politiche per rendere più deboli i lavoratori,
cominciammo a privatizzare i beni comuni. In sostanza diventammo
un'altra cosa, diventammo destra. Poi spesso quel lavoro fu finito dalla
destra politica che prese il nostro posto alle elezioni successive: in
pochi anni il sogno progressista svanì, ma in fondo non c'era mai stato,
perché la foto ricordo di quel novembre del 1999 non rappresentava più
la sinistra. Ci eravamo allora condannati a perdere. E' in quel momento
che Hillary ha perso le primarie del 2008 e le elezioni di quest'anno.
E' in quel momento che in Francia è cominciata la cavalcata vittoriosa
che potrebbe portare Marine Le Pen l'anno prossimo all'Eliseo, che ha
portato al golpe parlamentare in Brasile di questi mesi, che ha portato
al suicidio della sinistra in Italia, alla nascita del pd e alla
irresistibile ascesa di renzi.
Se il candidato di sinistra viene scelto e sostenuto dalle banche, dalle
grandi industrie, dalle multinazionali, può succedere che perda, perché
le persone che dovrebbe rappresentare, ossia quelli che ogni giorno
vengono sfruttati dalle banche, dalle grandi industrie, dalle
multinazionali, giustamente non si fidano. Poi può succedere che votino
per quello che dice che cambierà tutto, anche se non cambierà nulla,
perché anche lui è un uomo delle banche, delle grandi industrie, delle
multinazionali. Comunque oggi avrebbe vinto un candidato sostenuto dai
padroni e infatti uno come Sanders, che non andava bene alle banche,
alle grandi industrie, alle multinazionali, non era candidato. E infatti
se il vecchio Bernie fosse stato l'antagonista di Trump avrebbe vinto e
oggi avremmo il primo presidente degli Stati Uniti che si definisce
socialista. Ma questo sarebbe stato inaccettabile nel mondo dominato dal
capitale; meglio l'inaffidabile Donald.
E la sinistra? O è socialista o è irrilevante.
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