Precedenza, sost. f.
Il consiglio regionale del Veneto ha approvato, a maggioranza, una legge che prescrive che nelle graduatorie degli asili nido comunali di quella regione venga data la precedenza ai bambini i cui genitori vivono o lavorano in Veneto da almeno quindici anni. Si tratta ovviamente di una legge più di propaganda che di sostanza, fatta per dare un segnale a quegli elettori che avevano votato Zaia convinti dal suo programma "prima i veneti". Anche se la legge fosse davvero applicata, cambierebbe poco per le famiglie che vivono in quella regione, indipendentemente dalla data della loro residenza. Molto probabilmente questa legge verrà considerata anticostituzionale e con questa sentenza si farà un favore a chi l'ha promossa e votata, che avrà un altro argomento da usare nella prossima campagna elettorale per deprecare il centralismo di Roma e cavalcare la paura dei veneti "veri" contro l'invasione degli stranieri.
Proviamo a stare nel merito della legge regionale, per evitare la propaganda di cui si nutre quello schieramento politico.
Punto primo. La legge non dice che devono avere la precedenza i veneti - nemmeno i leghisti sono così stupidi - ma quelli che vivono o lavorano in Veneto da almeno quindici anni. Nella proposta di legge c'era anche l'avverbio "ininterrottamente", che è stato cassato, perché probabilmente si rischiava di lasciare fuori un bel pezzo di veneti autoctoni che i casi della vita hanno portato per un periodo fuori dalla loro terra, per studiare ad Oxford o per fare il deputato a Roma. Ovviamente anche molte persone nate in tutt'altra parte del mondo vivono e lavorano in Veneto da più di quindici anni, ma non sempre riescono a dimostrarlo, perché hanno lavorato in nero nelle fabbriche dei "bravi" cittadini veneti, hanno abitato nelle case dei "bravi" cittadini veneti, ma pagando l'affitto in nero, perché tanti che votano Lega hanno guadagnato sul fatto che gli stranieri rimanessero clandestini.
Punto secondo. Gli asili nido sono servizi comunali e quindi ogni amministrazione comunale ha adotta un proprio regolamento per regolarne il funzionamento, compreso il criterio per definirne l'accesso nel caso in cui le domande siano superiori ai posti disponibili. La regione con questa legge interviene su regolamenti comunali, con scarso rispetto per le autonomie: un paradosso per una forza politica che sbandiera il diritto all'autodeterminazione, fino alla secessione. Il sindaco leghista di San Giovanni Lupatoto dovrebbe ben adirarsi contro il "centralismo" regionale, anche se immagino che non lo farà, perché è sempre facile essere autonomisti con il culo degli altri.
Punto terzo. La legge si applica ai soli servizi gestiti dal pubblico, in questo caso i comuni, perché ovviamente il privato è sacro e ne va rispettata e tutelata l'autonomia. In Veneto poi questo privato è particolarmente sacro perché gli asili nido comunali sono pochissimi, appena il 10%, e questo servizio è demandato quasi totalmente alla chiesa cattolica, che ne trae una delle sue più significative fonti di guadagno. Inutile dire che i cattolicissimi politici della Lega - e non solo loro - in questi anni hanno fatto di tutto per favorire le strutture gestite dai preti, finanziandole direttamente e soprattutto evitando di costruire asili pubblici. In Veneto, come in molte altre realtà, la chiesa non ha concorrenza in questo campo e quindi fa sostanzialmente quello che vuole, compreso accogliere nei propri asili anche i bambini "negri", sempre che i loro genitori paghino la retta. Sono democratici i preti, per loro quelli che pagano sono tutti uguali.
Punto quarto. Purtroppo non è sempre così vero che per entrare negli asili nido c'è una lunga graduatoria. Era vero un po' di anni fa, ma adesso le cose sono cambiate, anche in Emilia-Romagna, la regione dove gli asili nido sono più diffusi e gestiti meglio. Questa riduzione delle richieste è legata al fatto che le rette degli asili nido comunali sono elevate, spesso molto elevate, e per molte famiglie si tratta di un onere non sostenibile. E perché, per colpa della crisi, sono sempre meno le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. E se lavora un solo genitore e hai un bambino devi fare dei sacrifici e rinunci all'asilo nido, anche se sarebbe un servizio utile alla crescita di tuo figlio.
Questa è la ragione per cui gli stranieri non mandano i loro figli all'asilo nido, neppure chiedono di mandarlo. Mentre sarebbe importante che lo facessero, perché la scuola rappresenta un mezzo fondamentale di integrazione, specialmente la scuola dell'infanzia e l'asilo nido. Ai leghisti che tuonano contro la perdita di identità del nostro paese vorrei ricordare che nulla come far frequentare la scuola fin dai primissimi anni di vita sarebbe utile per mantenere e far crescere questa identità. Provocatoriamente, se ai leghisti importasse davvero qualcosa dell'identità del loro territorio dovrebbero fare una legge in cui i figli dei cittadini stranieri abbiano la precedenza nelle graduatorie, anzi che obblighi le famiglie a mandare i loro figli all'asilo nido. Così quando sarà grande, Mohamed si sentirà veneto. Magari diventa perfino leghista.
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